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Ancora veri scrittori

di Antonio Stanca

Già pronto nel 1948, fu pubblicato la prima volta nel 1955 come prima opera di una trilogia intitolata "Il tempo non perduto", comparve da solo nel 1975 ed ora è stato tradotto in italiano per conto della Bollati Boringhieri: si tratta de "L’ospedale dei dannati", romanzo dello scrittore ebreo-polacco Stanislaw Lem (Leopoli 1921-Cracovia 2006). Questi ha esordito nel 1946 con versi e brevi racconti ed è conosciuto come scrittore di fantascienza, considerato un maestro del genere. Sue opere note sono: "L’invasione da Aldebaran" (1959), "Ritorno dall’universo" (1961), "Solaris" (1961), dalla quale il regista sovietico Tarkovskij trasse, nel 1972, il film omonimo, "Le fiabe dei robot" (1964), "Racconti sul pilota Pirx" (1968), "Insonnia"(1971) ed altre più recenti. A questo genere Lem si era dedicato fin dai primi racconti e vi era tornato dopo l’esperienza della trilogia che è di tipo autobiografico. Di essa l’autore, famoso anche per le continue revisioni se non riscritture delle sue opere, disconoscerà gli altri due romanzi, "Tra i morti" e "Il ritorno", ma sarà sempre fiero de "L’ospedale dei dannati", lo considererà un romanzo tra i più riusciti anche rispetto a quelli posteriori, di fantascienza, che risulteranno maggiormente noti. Molto probabilmente nell’opera, più che altrove, egli vedeva espressa la condizione spirituale vissuta in un particolare momento, quello degli anni di poco precedenti quando, giovane e bravo studente, nutriva piena fiducia nella scienza, nelle sue scoperte e nelle loro applicazioni tecniche, era sicuro di un futuro migliore per sé e per gli altri ed invece la vita gli aveva riservato delle esperienze, occupazione tedesca della Polonia (1939), persecuzione degli ebrei, seconda guerra mondiale, che avevano fatto vacillare le sue attese. Sospeso, quindi, si era trovato tra quanto pensava e quanto era costretto a constatare, tra il progresso che sarebbe dovuto venire dalla scienza e l’annullamento di questa o il suo asservimento alla crudeltà dell’uomo. Così vivrà ne "L’ospedale dei dannati" il protagonista, il giovane dottore Stefan, nel quale è da riconoscere il Lem divenuto medico al momento dell’opera. Quella di Stefan sarà una figura di eroe positivo, che incarnerà tutte le aspirazioni, le speranze dell’autore e tutte le sue delusioni di fronte ad una realtà che non lascia intravedere sviluppi positivi, situazioni migliori. All’interno, nell’ospedale dove andrà a lavorare, Stefan vedrà le acquisizioni della scienza, della tecnica, ridotte agli interessi deviati, meschini dell’uomo, all’esterno sentirà dire e alla fine sarà vittima di altre crudeltà, quelle della guerra che infierisce in modo disumano. Il suo sarà un viaggio compiuto nella vita, nel mondo, nella storia e risultato pericoloso poiché non ha soddisfatto i suoi pensieri né le sue azioni che si sono rese necessarie non per affermarsi ma solo per difendersi, per salvarsi da minacce sempre incombenti. La bellezza, la tenerezza, l’amore di una donna gli procureranno, alla fine, parte del bene cercato e il libro si concluderà come una favola mostrando le capacità dello scrittore di riuscire drammatico, tragico ed anche elegiaco, lirico, di saper narrare nel modo tradizionale, figura centrale, unica del protagonista, trama ben costruita, esposizione chiara, e contemporaneamente di saper svolgere problemi moderni, complicati, di natura filosofica, esistenziale.

Ne "L’ospedale dei dannati" compaiono, infatti, molti dei temi che ritorneranno nelle opere della maturità, quelle di fantascienza. In esse il Lem continuerà a cercare le risposte che allora non era riuscito ad ottenere e che riguardavano il significato, il senso della vita, il suo confronto con l’infinità del tempo, dello spazio, le continue modifiche che essa subisce, il bisogno di verità ultime, definitive circa aspetti, elementi fondamentali dell’esistenza quali lo spirito, la materia, la fede, l’arte, la nascita, la morte. E’ filosofia, è morale questa ed è una ricerca che il Lem farà sia prima che dopo tramite i personaggi che riuscirà a creare ma è pure un’operazione che col tempo gli farà abbandonare quei residui di fiducia che avevano salvato il suo Stefan e lo farà approdare ad una visione pessimistica del vivere, ad una condizione senza speranza. Ritorneranno nelle opere posteriori gli ambienti isolati, viventi di vita propria, le situazioni di panico individuale e collettivo, i toni grotteschi e pure umoristici ma sempre più scettici si mostreranno i suoi personaggi e tramite essi il loro autore circa il destino che li attende, riguardo alle probabilità che hanno di migliorare la posizione ereditata, di sperare per conto proprio e di tutti in un’altra vita, un altro mondo. Riuscirà sempre, tuttavia, lo scrittore a fare degli eventi, dei personaggi rappresentati i simboli dell’umanità intera, a ricavare da essi significati per tutti validi, a trascenderli. Dalla particolarità dei loro casi Lem risalirà alla generalità, alla universalità di un principio, di una verità, mostrando di saper essere, come ogni vero scrittore, semplice e insieme complesso, unico e multiplo, ridotto ed esteso, finito ed infinito.


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