|
|
A Napoli l’11 Settembre di Antonio Stanca
Per aver colto questa umanità nella sua immediatezza, verità, spontaneità, per averne prodotto un’immagine così viva e palpitante, così fedele da riuscire fotografica, il romanzo di Andrej Longo andrebbe ascritto tra le migliori narrazioni comparse di recente in Italia. Se poi si tiene conto dell’idea dello scrittore di rappresentare tante diverse situazioni in un preciso momento di una particolare giornata e di servirsi, a tal fine, dell’attentato in America dell’11 Settembre scorso, questo finisce di essere un semplice espediente di tecnica narrativa ed acquista il valore di termine di confronto, di una misura alla quale Longo intende riportare la sua varia umanità, con la quale vuole mostrare il grado di conoscenza e moralità, la capacità di riflessione e valutazione presenti e agenti in essa. Non tutti allo stesso modo, infatti, reagiscono i napoletani dei racconti alla notizia appresa via radio o alle immagini televisive circa l’avvenimento americano. In quel momento a Napoli Tonì è eccitato dalla visione delle forme della signora della casa di fronte, Michele cerca inutilmente un colloquio al telefono una volta saputo di essere gravemente ammalato, a Lucia Ruoppolo si offre l’improvvisa possibilità di cambiare vita, Concè lascia senza spiegazioni marito e figli, Enzo viene ucciso per aver avuto un rapporto adulterino, Rafaelì sta partorendo in macchina: in nessuna di queste persone l’attentato riesce ad incidere perché non c’è posto per esso nella loro vita. Ma ci sono pure nello stesso momento a Napoli l’africano Amhed, il mancato artista Giò, Teresa che ha una figlia a New York, il "generale", Rosa e Consuelo, un commissario di polizia alle prese con un caso grave, un viaggiatore che si sveglia sudato dopo un brutto sogno e si ritrova di fronte ad un televisore che trasmette il fatto. Per queste altre persone sapere dell’attentato o vederlo significa fermarsi a pensare, a riflettere, ciascuna a suo modo, sulle sorti dell’individuo e della collettività. Varia, diversa l’umanità del Longo e per questo completa, totale, per questo estendibile oltre i confini della napoletanità. Per essere l’opera di un esordiente "Più o meno alle tre" è oltremodo riuscita perché mostra sorprendenti capacità narrative e lascia intravedere sviluppi di notevole interesse. |
La pagina
- Educazione&Scuola©