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A Napoli l’11 Settembre di Antonio Stanca In una lingua che procede chiara, semplice, rapida, che è molto vicina al parlato napoletano, alla sua musicalità, che risulta sempre essenziale e pronta a cogliere, fissare pensieri, azioni, ambienti, oggetti, ad aderire col suo ritmo paratattico ad una realtà vera, concreta fino a sembrare la cronaca di questa, il giovane Andrej Longo, nato ad Ischia ed autore di testi per la radio oltre che collaboratore cinematografico e teatrale, esordisce quale scrittore col romanzo "Più o meno alle tre" recentemente pubblicato da Meridianozero. E’ la Napoli di un giorno qualunque a venire rappresentata dal Longo ed in un’ora che per un tempo infinito è stata pur’essa qualunque ma che improvvisamente per il mondo intero, compresa Napoli, diviene storica, da ricordare per sempre e da tutti. Sono "più o meno le tre" dell’11 Settembre dell’anno 2001 quando l’attentato alle Torri Gemelle di New York, simbolo della potenza politica, economica, militare americana, viene compiuto da ignoti kamikaze in modo tale da seminare distruzione, morte e terrore sul luogo ed estendere a tutto il mondo la minaccia di un pericolo incombente. In quel momento in qualsiasi posto della terra giungano le linee di comunicazione si dice solo dell’evento e nell’immediato non si riesce a capirlo, a spiegarlo e lo s’immagina prossimo ad altri luoghi, capace di annullare ogni sistema di sicurezza, lo s’interpreta come un misterioso segnale di fine per tutto e tutti. Anche a Napoli, quindi, giunge questa notizia e d in quel preciso istante lo scrittore vuole mostrare la città ed i suoi abitanti impegnati in azioni, situazioni diverse in luoghi, quartieri diversi. Sono diciassette i brevi racconti che compongono il romanzo ed altrettanti sono i protagonisti degli episodi proposti al lettore quali testimoni autentici della vita che si svolge in un centro composito come Napoli e delle reazioni che l’attentato di Manhattan suscita in loro. Si tratta di persone che appartengono tutte ad una condizione sociale umile, popolare, spesso povera, che vivono di espedienti compresi quelli propri della piccola delinquenza e che generalmente aspirano ad una vita più sicura, meno esposta a disagi e privazioni. Sono napoletani, uomini e donne, autentici, veri nei loro pensieri ed azioni, nella loro lingua. Per aver colto questa umanità nella sua immediatezza, verità, spontaneità, per averne prodotto un’immagine così viva e palpitante, così fedele da riuscire fotografica, il romanzo di Andrej Longo andrebbe ascritto tra le migliori narrazioni comparse di recente in Italia. Se poi si tiene conto dell’idea dello scrittore di rappresentare tante diverse situazioni in un preciso momento di una particolare giornata e di servirsi, a tal fine, dell’attentato in America dell’11 Settembre scorso, questo finisce di essere un semplice espediente di tecnica narrativa ed acquista il valore di termine di confronto, di una misura alla quale Longo intende riportare la sua varia umanità, con la quale vuole mostrare il grado di conoscenza e moralità, la capacità di riflessione e valutazione presenti e agenti in essa. Non tutti allo stesso modo, infatti, reagiscono i napoletani dei racconti alla notizia appresa via radio o alle immagini televisive circa l’avvenimento americano. In quel momento a Napoli Tonì è eccitato dalla visione delle forme della signora della casa di fronte, Michele cerca inutilmente un colloquio al telefono una volta saputo di essere gravemente ammalato, a Lucia Ruoppolo si offre l’improvvisa possibilità di cambiare vita, Concè lascia senza spiegazioni marito e figli, Enzo viene ucciso per aver avuto un rapporto adulterino, Rafaelì sta partorendo in macchina: in nessuna di queste persone l’attentato riesce ad incidere perché non c’è posto per esso nella loro vita. Ma ci sono pure nello stesso momento a Napoli l’africano Amhed, il mancato artista Giò, Teresa che ha una figlia a New York, il "generale", Rosa e Consuelo, un commissario di polizia alle prese con un caso grave, un viaggiatore che si sveglia sudato dopo un brutto sogno e si ritrova di fronte ad un televisore che trasmette il fatto. Per queste altre persone sapere dell’attentato o vederlo significa fermarsi a pensare, a riflettere, ciascuna a suo modo, sulle sorti dell’individuo e della collettività. Varia, diversa l’umanità del Longo e per questo completa, totale, per questo estendibile oltre i confini della napoletanità. Per essere l’opera di un esordiente "Più o meno alle tre" è oltremodo riuscita perché mostra sorprendenti capacità narrative e lascia intravedere sviluppi di notevole interesse. |
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