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La voce dell’anima

di Antonio Stanca

Non più il Magris chiaro, sicuro delle precedenti ampie narrazioni ed opere saggistiche ma un Magris breve, frammentario, confuso nei pensieri e nelle parole, ridotto alla voce di una donna rimasta sola dopo essere vissuta col marito, ritiratasi in una Casa di riposo dopo aver partecipato della vita, esclusasi dal mondo dopo averlo conosciuto. Così il sessantasettenne professore e scrittore triestino, premio Strega nel 1997 con “Microcosmi”, in “Lei dunque capirà”, la breve composizione uscita ora presso Garzanti. Si tratta di un discorso immaginario rivolto da una donna al Presidente della Casa di riposo dove si trova ricoverata, è un lungo monologo, una serie di pensieri intimi, segreti, riportati nella maniera immediata, irregolare propria di chi è in preda ad una grave agitazione e parla da solo sapendo di non essere ascoltato oppure pensa soltanto. L’espressione è di una persona comune arricchita dal suo rapporto con un artista, sa di quotidiano e di eletto, della vita di tutti e di quella di pochi. Una donna, tra le tante, è stata per qualche tempo moglie di un uomo scelto dal destino, di un poeta, lo ha amato, ha creduto in lui, gli è stata motivo d’ispirazione e questo le ha fatto accettare anche i difetti dell’altro, l’incostanza, la pigrizia, lo sproloquio, l’infedeltà. Si è sentita, è stata importante per lui, è riuscita a liberarlo dai timori che la sua impreparazione alla vita gli aveva procurato, lo ha fatto diventare uomo anche se questo non ha impedito che egli ricadesse nei vecchi vizi. Col tempo si è stancata di lottare e, delusa, quando ha avuto un problema di salute, ha deciso di ritirarsi in una Casa di riposo, di liberarsi da tutto quanto faceva parte del mondo, della vita compresa quella con un artista, di finirla con le incomprensioni, le ipocrisie che tanto l’avevano fatta soffrire. Aveva preferito la serenità di un luogo presentato come pulito, mondato dai peccati del mondo, regolato da verità e giustizia. Ma anche qui, nella Casa di riposo, aveva scoperto che invidia, rivalità, menzogna ed ogni altro vizio dell’uomo avevano avuto la meglio sulla verità e per questo s’era entusiasmata alla notizia che il marito aveva ottenuto dalla direzione il permesso di farla uscire per un certo tempo. Si sarebbero ritrovati, sarebbero stati di nuovo insieme. Era tornata a credere in lui, nella sua capacità di sorprenderla, di farsi ammirare, aveva dimenticato quanto li aveva divisi e ripensato ai tempi, ai luoghi del loro primo amore. Tuttavia quando era venuto a prenderla si era ricreduta ed aveva deciso di rimanere nella Casa di riposo. Fuori, aveva immaginato, sarebbero ricomparsi i problemi di sempre e ad essi aveva preferito quelli della comunità della quale ora faceva parte.

Ormai non c’è scampo in nessun luogo e modo, dice Magris col suo libretto, per chi vuole amare, vuole vivere di sentimento, d’idea. La donna che parla da sola aveva creduto di poterlo fare prima col marito, poi nella Casa di riposo ma mai era stato possibile e non le rimaneva che accettare tale drammatica constatazione, rinunciare ad ogni speranza. Non è questo un tema nuovo nella tradizione letteraria moderna e contemporanea ma nuovo, originale è il modo col quale Magris è riuscito a renderlo. Niente sa di elaborato, di costruito. Tutto è così vero, la situazione così animata, la voce della donna così autentica da far pensare che sia vicina. 


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