Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

Un’eternità interrotta
(L’Europa di Magris)

di Antonio Stanca

Di nuovo Claudio Magris e la sua triestinità mitteleuropea: stavolta si tratta di un breve dramma, "La mostra" (ed. Garzanti, 74 pagine, 14mila lire). In esso viene ricostruita la vita del pittore triestino Vito Timmel (1886-1949) vissuto da bohémien e morto in manicomio dopo aver trascorso gli ultimi anni in maniera errabonda. Come altre volte nel Magris, scrittore o drammaturgo, anche ora si risale dal particolare al generale, da una situazione contingente ad una dimensione dello spirito, ad un’atmosfera sociale , culturale, artistica. Magris è docente di Letteratura tedesca presso l’Università di Trieste, critico letterario, saggista ed ogni sua opera, critica o narrativa o teatrale, risente della sua ampia cultura e del fenomeno che egli considera centrale nella storia culturale ed artistica europea, cioè la crisi avvenuta tra fine ‘800 e inizio ‘900, di una tradizione durata per secoli e concentratasi intorno alle figure di grandi autori con particolare riguardo per quelli dell’Europa centrale, da dove Magris pensa che siano provenute le maggiori correnti europee di pensiero e d’arte. Con i tempi moderni tale tradizione si disgrega, si frantuma in un numero incalcolabile di autori ed opere, di correnti ed intenzioni. Una cultura, un’arte, nelle cui diverse fasi s’erano riconosciuti tutti i popoli europei durante la loro storia e che neanche le numerose guerre tra loro avevano infranto, finivano ora disperse, confuse in nome d’altre che valevano appena per chi le concepiva o per il tempo del concepimento. Prima dell’età moderna ogni "microcosmo" aveva partecipato della totalità europea, aveva contribuito a formare la sua specificità fisica e morale, ora "Clarisse" si era sfilato l’"anello" dal dito, l’aveva lasciato cadere e questo significava che era finito per sempre un mondo d’idee, una storia dell’anima, un modo di pensare, sentire, vivere, essere, quello europeo, che non c’era più quanto l’aveva continuamente interpretato ed espresso, la sua filosofia, la sua letteratura.

Ne "la mostra" molto originale risulta il motivo addotto dall’autore per esemplificare tale costante della sua produzione. Anche qui, come s’è detto e come spesso avviene nella narrativa e nel teatro di Magris, si parte dalla realtà e si tende a significati ideali. Il pittore Vito Timmel ha veramente condotto una vita da anarchico, ha contestato ogni conformismo, ogni valore borghese, ha prodotto opere importanti e poi è caduto in uno stato di perdizione sempre più grave soprattutto dopo la perdita della moglie e la comparsa di disturbi mentali. Da allora è stato un randagio, un frequentatore d’osterie, ha dato sue opere per una bevuta, è morto nel manicomio di Trieste. Nel dramma di Magris, però, la vicenda biografica perde i propri confini ed assurge ad un significato più ampio. La mostra delle opere grafiche e pittoriche di Timmel, che Magris immagina allestita nel manicomio dopo la morte del pittore, serve non solo a ripercorrere le diverse fasi della vita e della produzione dell’artista, a ricostruire, tramite testimonianze dirette in colorito dialetto triestino di compagni d’arte e d’osteria, i suoi tempi, luoghi, ambienti ma anche a fare di lui uno dei simboli più autentici di quanto nello stesso tempo avveniva più lontano. La condizione di rovina nella quale Timmel precipita in maniera irreversibile diviene, per opera di Magris, metafora della suddetta più vasta crisi attraversata, in Europa, dalla cultura e dall’arte. Come il pittore passa da grandi e valide concezioni ed opere, da disegni e dipinti di notevoli dimensioni, da effetti di spazio o tempo infinito, dalla convinzione dell’unicità dell’arte e dell’artista, della loro libertà, universalità, eternità a pensieri, azioni, opere sempre meno convincenti una volta vedovo ed avviato alla demenza così la tradizione culturale ed artistica europea, il suo " grande stile" finiscono alterati dalla modernità.Quel che Timmel vive in sé, la perdita della propria soggettività, del proprio centro, avviene anche per la cultura e l’arte europee ed a Magris non rimane che rimpiangere una privazione così grave considerando anche che gli sviluppi del fenomeno, quelli giunti ai nostri ed ai suoi giorni, saranno ancor più negativi poiché sempre meno riconducibili a principi regolatori.

Un nostalgico del passato culturale ed artistico europeo, dunque, Magris? Un suo accanito difensore? Non tanto di esso quanto dell’idea che lo ha mosso, della forza, dell’impeto che lo hanno animato facendogli superare ogni limite di tempo e luogo e valere per tante generazioni quale segno distintivo, inalterabile, eterno di una popolazione della terra , aspetto, carattere inconfondibile di un’ umanità, quella europea.


La pagina
- Educazione&Scuola©