Magris
sempre diviso
di Antonio
Stanca
Ad
ottobre del 2010 è comparso il volume “Magris Claudio – teatro” per
conto della casa editrice Garzanti di Milano (pp.241, € 14,00). La
prefazione è di Guido Davico Bonino e l’opera contiene i cinque testi
teatrali che il settantaduenne scrittore triestino Claudio Magris aveva
pubblicato da soli negli anni precedenti. Magris è nato a Trieste nel
1939, si è laureato a Torino e qui è stato docente universitario di
Lingua e Letteratura Tedesca dal 1970 al 1978. In seguito ha svolto
questo lavoro nell’Università di Trieste e intanto si faceva conoscere
anche come scrittore, drammaturgo, critico letterario, saggista oltre
che come traduttore degli autori più rappresentativi della moderna
letteratura europea. Collabora col “Corriere della Sera”, nel
1997 ha vinto il premio Strega col romanzo
“Microcosmi” e numerosi altri riconoscimenti ha ottenuto nel corso degli
anni. Studia da molto tempo la cultura mitteleuropea e la letteratura
del “mito asburgico”. Con alcune sue opere ha contribuito a farle
conoscere in Italia e all’estero. La città di Trieste, che per la sua
posizione ha visto incrociarsi culture e correnti artistiche diverse, ha
attirato l’attenzione dello studioso ed è stata tra i motivi ispiratori
del narratore. Molto ha scritto Magris ché diversi sono stati gli ambiti
nei quali si è impegnato e come altre volte aveva raccolto lavori dello
stesso genere in un volume unico così adesso ha fatto per il teatro. La
recente pubblicazione presso Garzanti contiene “Stadelmann”, “Le voci”,
“Essere già stati”, “La mostra”, “Lei dunque capirà”: sono opere
teatrali già pubblicate, alcune a più voci, altre semplici monologhi.
Tutte, però, dicono di problemi interiori, di pene dell’anima, di disagi
dello spirito, tutte muovono da una situazione particolare, da una
vicenda veramente successa, da persone effettivamente esistite e cercano
riferimenti che superino la realtà dell’accaduto, colgano valori che
vadano oltre il dramma vissuto. Ma non li trovano ché finita è ogni
trascendenza con i tempi moderni e questo aggrava lo stato di chi soffre
dal momento che lo fa sentire confuso, smarrito. Alla crisi, al crollo
di quei principi, di quegli ideali che erano sempre stati dell’uomo fa
assistere il Magris del teatro, alla fine di quel tempo dove il male
poteva essere vinto dal bene, da un bene che valeva per tutti, era per
tutti uguale poiché era soprattutto idea. In quell’idea era possibile
ritrovarsi sempre e ovunque essendo esteso il suo significato, senza
limiti la sua azione. Invece nel limitato, nel finito ci si è ridotti
ora, in tante parti si è frammentata quella concezione,
quell’universalità. Dall’idea unica si è passati alla realtà plurima,
dal luogo, dal tempo di tutti al luogo, al tempo di ognuno. Da qui la
pena, il dramma nel teatro di Magris. Soli sono rimasti i suoi
personaggi a soffrire in un mondo dove a nessuno, a niente possono
rivolgersi.
Anche nel teatro Magris continua con i temi propri
della sua intera produzione, quelli della crisi dei valori ideali,
morali che i tempi moderni hanno provocato, della fine dello spirito che
tanta umanità ha formato. I nuovi tempi, i nuovi valori, la nuova vita
sono della realtà, dei suoi bisogni, delle sue regole. L’idea ha perso
la sua posizione primaria, “Clarisse” ha sfilato “l’anello” dal dito, ha
lasciato che cadesse, che tanti altri elementi venissero a confondere,
disperdere quella centralità che esso aveva rappresentato.
Tra idea e realtà, spirito e materia, passato e
presente rimane diviso
Magris e capace si mostra
di dare forma, espressione diversa a questo suo problema, di farne
motivo di romanzo, di saggio, di teatro, di trattarlo come studioso e
come autore. Una figura importante è la sua nel contesto culturale,
letterario, artistico dei nostri giorni poiché è una figura ricca,
complessa, impegnata in molte direzioni e in ognuna sempre riuscita.
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