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Non solo storia… di Antonio Stanca
Tutto questo nel recente, ampio libro “I diari della gioventù italianissima” (BARBIERI Editore) di Luigi Marrella, docente di Storia e Filosofia, e già altre volte impegnato in pubblicazioni sul fascismo, su eminenti figure di studiosi o particolari avvenimenti storici. Nell’opera sono i documenti scritti e fotografici ad assumere importanza maggiore rispetto ai brevi commenti con i quali l’autore li accompagna. Sembra che Marrella si sia proposto di dimostrare come un determinato periodo storico si possa rappresentare da sé, attraverso i suoi testimoni, e questo gli ha richiesto un lungo e paziente lavoro di ricerca e reperimento delle fonti. E’ riuscito, tuttavia, nell’intento e se il lettore, dopo le prime pagine, rimane sorpreso della singolarità dell’opera, sempre più attratto si sente procedendo in essa, constatando come mediante quel che scrivono o disegnano dei ragazzi nei diari si possa risalire con facilità, immediatezza a quanto avveniva nella loro famiglia, nella loro scuola, nel loro paese, nella loro città, nella loro nazione, come naturalmente, spontaneamente fossero portati a considerare utile, necessario, positivo ogni evento o personaggio del momento o notizia di esso, come procedesse in loro la formazione di una coscienza unica, inalterabile, come questa fosse già vissuta dai loro maggiori, famigliari, insegnanti ed altre persone del contesto sociale a loro vicino o lontano, come una concezione politica, il fascismo, fosse diventata una fede collettiva, un costume, una morale. Mediante testimonianze vere, autentiche quali quelle che provengono dalla sincerità di ragazzi di dieci anni o poco più e dalla semplicità di un soldato al fronte, Marrella rappresenta non solo un periodo storico ma anche un fenomeno sociale nel loro momento, mentre si verificano, li ritrae in maniera nuova, insolita, definitiva. Dimostra che per fascismo non si deve intendere soltanto retorica, decorazione, forma ma anche contenuto, che dietro le immagini di forza, coraggio, energia delle quali le stamperie di Stato ornavano i diari da usare a scuola c’erano altre disegnate dagli alunni ed ispirate agli stessi motivi poiché mosse dalle stesse convinzioni, che quanto giungeva dall’alto s’identificava con i pensieri, i sentimenti del popolo, dei suoi figli anche più piccoli, che pure la guerra, la morte erano accettate in nome dell’idea. Non c’era differenza tra quel che si ascoltava alla radio circa lo Stato, il Governo, il Re, il Papa e soprattutto il Duce e quel che un insegnante diceva in classe riguardo a questi argomenti o un genitore a casa. Non si pensava nemmeno cosa ci potesse essere fuori dal fascismo. Ad esso s’informavano anche le regole alimentari, vestiarie, igieniche: era la vita nella sua totalità di pensieri ed azioni e solo muovendo dal basso, da chi quella vita viveva nella sua quotidianità si può pensare di restituire tanta verità. |
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