|
|
La donna artista di Antonio Stanca
Nella “Massaia” essa continuerà, nella maniera fantastica, immaginaria che le è propria, con i temi già comparsi nelle narrazioni precedenti, il difficile rapporto tra antico e nuovo, la fine dell’unità originaria tra gli elementi della vita, il contrasto tra realtà e idea, materia e pensiero, razionale e irrazionale, vita e morte, uomo e Dio. Erano temi derivati dalla precedente cultura decadente, dal suo esasperato soggettivismo, dal suo interesse per la vita interiore, quella dell’anima, dello spirito. Essi venivano continuati dagli autori dell’Occidente europeo del tempo con un fervore uguale a quello del loro comparire ed una partecipazione che avrebbe reso quegli anni tra i più importanti della storia letteraria per i risultati ottenuti nella cultura, nell’arte, nel pensiero. La Masino aveva saputo di tali temi durante la sua formazione da autodidatta, nelle sue estese letture e tramite la conoscenza diretta di molti di quegli autori italiani e stranieri. Questa era avvenuta grazie alla sua relazione col Bontempelli iniziata nel 1927 e mai smessa. Insieme saranno a Parigi, Firenze, Roma, Milano, Napoli, Venezia, scriveranno sulle stesse riviste, lui sarà uno dei personaggi del momento e lei risentirà pure del suo famoso “realismo magico”. Anche questo sarà un motivo che ridurrà la figura della Masino e il significato delle sue opere presso la critica. Ma come per ogni autore anche per lei, di là da ogni influenza particolare e da ogni atmosfera diffusa, va riconosciuta una propria individualità, va precisato che la sua produzione dice soprattutto di suoi problemi, di sue urgenze. In “Nascita e morte della massaia” il fenomeno è più evidente dal momento che qui i problemi sono vissuti e sofferti da una donna. Una donna immaginata come cresciuta, formatasi da sola, di nascosto, leggendo, pensando, vivendo d’idee. Le circostanze, invece, la faranno venire a contatto con l’esterno, con la realtà. La accetterà, accetterà un marito, una casa diversa dalla sua, più grande, con tante stanze, tanto spazio intorno, terreni, boschi, e tanta servitù, diventerà la “massaia” capace di governare una proprietà così vasta, abile nelle relazioni con altri ricchi proprietari e con le autorità, ma non smetterà di sentire il richiamo di quelle idee che l’avevano aiutata a crescere, le avevano fatto credere in una vita soltanto interiore. Le cercherà, penserà di averle trovate nel “giovane bruno”, poi in una ragazza, si legherà ad essi ma saranno ancora i nuovi interessi, le nuove occupazioni a prenderla, sarà la realtà, la materia ad obbligarla. Rifiuterà, tuttavia, di avere un figlio per non sentirsi ridotta al solo corpo, a materia che genera materia. Divisa rimarrà tra la nuova e la vecchia situazione, giungerà a non sapere più come, cosa fare e accetterà la morte come ultima possibilità di riscatto dalla venalità della vita, come estremo tentativo di tornare allo spirito. Nelle immaginarie vicende della “massaia”, della quale non si saprà mai il nome né il tempo o il luogo, si possono intravedere quelle della Masino, nei problemi della protagonista la trasposizione di quelli dell’autrice, di una donna immersa nell’intellettualità, nella spiritualità del momento e della sua opera e presa pure dalle cure domestiche, dagli impegni della casa, della vita col suo uomo. La Masino si era soffermata a riflettere sulla difficile condizione, a cercare una soluzione. Lo aveva fatto a tal punto che i suoi pensieri erano diventati più importanti delle sue opere, l’avevano fatta allontanare da esse come, in effetti, era successo per la Masino matura che ad altro si era dedicata ed in particolare alle confessioni, riflessioni contenute negli “Appunti”, lungo diario iniziato intorno al 1933. Come per la “massaia” anche per lei la condizione della donna che vive di spirito e di materia sarebbe diventata un problema senza soluzione e destinato a rimanere tale. Esprime, così, il romanzo un fenomeno che in seguito, ai giorni nostri, si sarebbe ancor più evidenziato perché maggiore sarebbe stato l’accesso della donna negli ambienti e negli impegni culturali ed artistici e inalterati sarebbero rimasti i richiami della casa, della famiglia, della maternità. Un messaggio diviene, pertanto, l’opera della Masino, la segnalazione di un problema che mai si sarebbe risolto e al quale si sarebbe sempre pensato. Un pensiero immenso, infinito è, infatti, l’intero romanzo, il pensiero della “massaia” che non si arresta mai e che la scrittrice riporta nella maniera convulsa che è propria dei pensieri inquietanti e nei diversi aspetti che assume, dal lirico al drammatico, al tragico, nelle diverse forme che lo esprimono, dal sogno alla visione, alla favola, al teatro. La Masino cercherà sempre la parola, il modo che quel movimento renda, vero vorrà farlo pur nella sua irrealtà. Si mostrerà capace di una ricchezza e proprietà di linguaggio tali da riuscire attuale non solo per i contenuti ma anche per la forma. |
La pagina
- Educazione&Scuola©