Paolo Mazzocchini
STUDENTI NEL PAESE DEI BALOCCHI. Lettera di un insegnante ad un
genitore.
ARACNE, 2007
Chi
volesse penetrare nell’universo scolastico ben oltre le trite scurrilità
che si leggono sui giornali, aggirando finanche le vacue mitologie con
cui il discorso pubblico sulla scuola di volta in volta appare
impastato, dovrebbe senz’altro volgersi alla lettura di questo agile ma
denso testo di P.Mazzocchini. L’autore, insegnante di latino e greco nei
licei oltre che studioso apprezzato della civiltà e letteratura
classica, non è nuovo ad esporsi con salace ironia e disincantata
franchezza sui temi della formazione e dell’istruzione e conosce
dall’interno la slavina educativa che equivoche filosofie pedagogiche
hanno oramai da decenni imposto alla scuola. Tuttavia, rispetto alle
passate performance in cui la pungente ironia e il sarcasmo irridente
lasciavano poco spazio alla riflessione organica e alla meditazione
sistematica sui molteplici punti critici della formazione nella scuola
superiore, quest’opera si caratterizza per la certosina capacità
dell’autore di individuare e demistificare la vera e propria regressione
culturale a cui l’istruzione sta andando incontro in Italia anche per
effetto di interventi estemporanei, provinciali e che risentono di
acritiche e anglofile volgarizzazioni nel nostro contesto sociale di
filosofie della formazione maturate altrove, a contatto con esperienze
sagomate su opinabili modelli aziendali. E infatti, aziendalese e
didattichese sono i bersagli polemici contro i quali Mazzocchini si
scaglia, facendo valere al tempo stesso una naturale vis polemica
coniugata con un’esposizione chiara e persuasiva degli elementi di fatto
e del proprio punto di vista, che rende comprensibili le distorsioni
delle politiche educative in Italia anche ai non addetti ai lavori e a
chi presta un’attenzione non assidua ai problemi della scuola. La veste
formale con la quale Mazzocchini presenta le sue riflessioni è quella
della Lettera di un insegnante ad un genitore, che l’autore immagina per
lo più ignaro dei disastri formativi che si perpetrano sulla pelle del
figlio anche se ben disposto ad accogliere l’accorato appello
dell’autore a collaborare per invertire una tendenza foriera di sciagure
supplementari e negatrice tout court del valore educativo della nostra
tradizione culturale. Ai genitori, accreditati per lo meno di una certa
benevolenza e considerati alleati dei docenti – per lo meno di quelli
più avveduti e consapevoli -, l’autore rivolge un discorso didascalico
ma denso, nel quale la mutazione genetica dell’allievo in utente, le
trasformazioni/involuzioni del ruolo del Preside, i mortificanti
meccanismi del reclutamento degli insegnanti, la volgare proliferazione
di insulse catechesi didattiche, così come l’archiviazione della lezione
ordinaria a favore di un carosello di iniziative inconcludenti ma
supportate da uno sfacciato e impudente marketing vengono presentati
come i capitoli essenziali di un sistematico piano di disarticolazione
della scuola e di espulsione della cultura da quella che rimane una
delle principali agenzie formative, ridotta, per lo più, al rango di
veicolo di logiche mercantilistiche e sordamente burocratiche. Di fronte
a tutto ciò, Mazzocchini non si limita alla diagnosi amara ma esprime
anche misurate proposte di correzione e inversione di rotta,
rivendicando al docente il diritto – molto più fondato rispetto a chi in
una scuola e in una classe non ha mai messo piede – di formulare
proposte per evitare che la nobile professione dell’educare venga
stravolta in un qualcosa da cui la cultura è scientificamente espulsa.
Gennaro Lubrano Di Diego
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