|
|
Siamo arrivati alla stazione di Bella Muro con qualche minuto di ritardo e lei era già lì ad aspettarci. L’Eurostar delle 19,25 era incredibilmente puntualissimo. Minuta, ci ha osservato un istante quando , dalla macchina, le abbiamo chiesto se fosse proprio lei, quella che aspettavamo. Ha fatto un cenno affermativo ed è salita in macchina con noi.
Domani mattina, con
il suo libro “ Trovami un giorno “, EL edizioni, gli alunni del Liceo
Scientifico di Muro Lucano si giocheranno la finale del Torneo di
Lettura dell’Istituto Comprensivo di Bella con i coetanei dell’Istituto
Tecnico Commerciale Francesco Saverio Nitti di Potenza: Mi piace intervistare le persone che ci vengono a trovare. Ho imparato a conoscere Valentina dal suo libro, che ho amato per la sua profonda leggerezza, e sono curioso di conoscerla. Le dico subito , in macchina mentre andiamo a Muro Lucano per cenare, che la voglio intervistare, e Valentina accetta , allo stesso tempo disponibile e ritrosa. Alla mia prima domanda “ Chi è Valentina Misgur “, mi risponde che è una scrittrice prestata all’architettura. “Il mio è un percorso tortuoso. Volevo scrivere. Scrivevo, da ragazzina, piccoli racconti. A quindici anni mi sono resa conto di non sapere cos’è un racconto. Mi sono convinta di non saper scrivere. Ho smesso, mi sono dedicata ad altre cose che mi interessavano, ma la voglia di scrivere è rimasta là sotto, nascosta. Non scrivevo più racconti, ma lettere sempre più lunghe. A forza di scrivere che non sapevo scrivere, ho imparato. Non mi pento di essermi dedicata ad altro, per anni. L’architettura mi è servita, mi ha dato un altro punto di vista, un altro linguaggio. Come è successo con la musica. Ho studiato flauto traverso al conservatorio, dai dodici ai quindici anni. Ho assimilato anche quel modo di sentire e di esprimermi. Sono una scrittrice disciplinata. Scrivo ogni giorno, prima di andare a lavorare in uno studio di architettura. E poi di sera, quando esco. Solo così mi sembra di utilizzare le mie giornate, il mio tempo. E’ difficile spiegare in cosa consiste la mia disciplina. Mi capita spesso, quando gli amici mi chiamano, di dire: sto scrivendo. Senz’altro tutti si immaginano che io sia nel pieno dell’azione del nuovo romanzo, ma spesso scrivo appunti su quel che ho visto in autobus, per strada, o magari una lettera a un’amica. Tutto questo per me è come dissodare l’orto. L’orto si dissoda in inverno, quando non è possibile coltivare. Apparentemente dissodare l’orto non produce niente, eppure è un’operazione indispensabile per poter coltivare al momento giusto. Tutto quello che scrivo concorre alla scrittura del mio nuovo romanzo.” E’ un romanzo per adulti?, Le chiedo incauto. A Valentina non piace questa definizione. “E’ un romanzo per tutti. Racconta una storia che si snoda in tre città che conosco bene: Genova, Milano, e Venezia. E uno dei temi dominanti è l’influenza delle città sul carattere delle persone, influenza a cui credo profondamente. Scrivo perché è un modo di comunicare intimo, prima di tutto con me stessa. Ho ricominciato a scrivere racconti a trent’anni, prendendo per pretesto un concorso intitolato “Il mito del viaggio”. Il viaggio mi ha sempre affascinata. Viaggiare significa rendersi disponibile alle scoperte. Inaspettatamente ho vinto il concorso. Il premio mi ha spedita a Buenos Aires con un biglietto di andata e ritorno. Una volta lì, non potevo non andare in Patagonia: Chatwin non me lo avrebbe mai perdonato. Sono arrivata fino ad Ushuaia, Tierra del Fuego, “la fin del mundo”. Ho guardato oltre. Poi sono tornata. Fin da ragazzina ho viaggiato molto, soprattutto in Asia. Prima con i miei genitori, poi da sola. Sono stata in India, Nepal, Thailandia, Hong Kong, Singapore, Taiwan, Bali. Seguendo itinerari architettonici sono andata a New York , Los Angeles, San Francisco. In Europa conosco abbastanza bene la Francia, l’Inghilterra, la Spagna. La Grecia è la mia seconda casa. Quando viaggio non ho metodo. Ho una traccia preparata prima di partire; una volta in strada, mi lascio sorprendere” Le chiedo se in viaggio butta il telefonino come Filippo, uno dei protagonisti del suo romanzo; mi risponde che lo lascia in albergo, lo riprende solo la sera, non sempre, per chiedere notizie del suo gatto; spesso quello è il momento in cui la raggiunge sua madre, come accade ora, mentre stiamo cenando e siamo alle prese con bruschetta al tartufo e salumi. Valentina risponde, sorride, rassicura, e ne approfitto per chiederle del suo rapporto con la famiglia, partendo dalla considerazione che , nel romanzo, mi sembra siano importanti i padri, mentre le madri dei due protagonisti sono assenti o solo preoccupate dei figli. “Sono figlia unica. Mio padre mi ha trasmesso due passioni: il mare e la fotografia. Mia madre è molto apprensiva, per questo il rapporto è un po’ più complicato, ma nel corso degli anni abbiamo imparato a comunicare a distanza. Quando avevo otto anni, ad Alessandria sono arrivati i miei cugini; sono i miei fratelli, e ai miei due nipoti (i loro figli) ho dedicato il romanzo. A lungo, poi, parliamo del suo romanzo e dei suoi tre protagonisti : Elisa , una ragazza di 17 anni che abbandona una vacanza studio ad Edimburgo per andare su un’isola, portando con sé un doloroso segreto; Filippo, che come Elisa ha ragioni importanti che lo spingono sull’isola, e il misterioso Pietro, un vecchio che li ospita in una torre. Alla domanda in quale personaggio si ritrova, mi risponde : “Sono tutti e tre , in ognuno ho messo una parte di me stessa. Elisa è perseverante e determinata. Filippo è il sognatore, è più libero e leggero perché si è già scritto le sue regole. Pietro è l’introversione, chiuso come la torre in cui vive.” Le chiedo dei giovani e mi risponde che non li conosce molto bene. “Però mi scrivono, quelli che hanno letto il libro. Una ragazza mi ha detto: La lettura del tuo romanzo mi ha fatto venire voglia di fare sul serio. Sono convinta che , come nel romanzo, i ragazzi abbiano bisogno di regole; non di regole imposte dall’esterno, mal digerite, valide una volta e per sempre, ma di regole che li aiutano a conoscersi, a diventare se stessi. Regole che dovrebbero essere capaci di scriversi da soli, e di rispettare.” E il futuro?, le chiedo infine. “Il mio futuro è scrivere. Sono ottimista. Tendenzialmente sono ottimista, anche se non so spiegarle bene perchè”.
|
La pagina
- Educazione&Scuola©