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Lo spettacolo della morte
(Prima ed ora)

di Antonio Stanca

Quando, sui libri di storia, si legge di quanto è avvenuto in passato durante una guerra, della paura, terrore, violenza, morte, che sempre hanno segnato un tale periodo, si rimane inorriditi, spaventati per gli atti di crudeltà compiuti nei riguardi degli avversari e soprattutto per le efferatezze praticate contro prigionieri o civili. Queste sono durate fino ai tempi moderni ed, infatti, non finiscono mai di scandalizzare i crimini  del secondo conflitto mondiale e dei quali si scoprono sempre nuovi aspetti. Ci si era, però, abituati all’idea di ritenere conclusa, finita la loro epoca, di considerare i soldati di Hitler come gli ultimi barbari della storia. Ci si era sbagliati non solo in questo ma anche nel ritenere la guerra  un fenomeno d’altri tempi, lontano da noi. Essa non è mai finita né sono finite le brutalità, le malvagità che l’accompagnano. Basti pensare a quanto sta avvenendo in Iraq,  alle torture inflitte ai prigionieri iracheni, per rendersi conto che i barbari ci sono ancora oggi, al tempo, cioè, della televisione, del computer, del cellulare, del trionfo della scienza e nelle sue innumerevoli applicazioni.

Sembra impossibile, un’assurdità, eppure avviene!

La si potrebbe spiegare pensando che tra uomini in guerra non c’è differenza: appartengano essi al passato o al presente, siano di una o di un’altra nazionalità uguale è il loro comportamento perché uguale è la situazione che vivono. Per i militari d’oggi andrebbe aggiunto che considerano i prigionieri dei mezzi adatti a dimostrare la propria superiorità e soddisfare i propri bisogni, compresi i più deviati: in nome della guerra e senza che questa lo richieda o giustifichi si commettono le azioni più riprovevoli, si vive una libertà che sfocia nella profanazione di ogni regola.

Di diverso, di cambiato rispetto al passato c’è solo che l’evento della guerra è generalmente limitato ad alcune zone del mondo contemporaneo, che nelle altre si continua a condurre indisturbati la propria vita e soprattutto non s’ inorridisce quando si sa di tali violenze. Non spaventano né allarmano le atrocità viste in televisione o lette sui giornali. Così succede perché tutto ormai, anche la guerra ed i suoi aspetti più nefandi, viene dal pubblico vissuto come uno spettacolo che tanto più attira quanto più è sorprendente anche se sorpresa, in questo caso, significa notizie, immagini tra le più sconvolgenti che nessun mass- media risparmia, censura poiché ad esse affida il suo indice d’ascolto. Si sa di malvagità, le si mostra, le si stampa, le si vede ma non si è turbati: sono cambiati i costumi? Si è modificata la morale comune? Il mondo moderno è divenuto selvaggio?

E’ più facile pensare che sono tanti gli avvenimenti dei quali s’è caricata la situazione di uno stato e del mondo che tra questi possono rientrare anche i più cruenti e passare come gli altri, lasciando, cioè, indifferente chi vede o ascolta o legge. Inoltre va notato che oggi quanto avviene nella propria o nelle altre nazioni, rimane lontano dal pubblico, fuori dalla sua portata: lo spettatore televisivo o il lettore del giornale non ha alcuna possibilità d’intervenire. La storia dei nostri giorni procede per conto di pochi, ha lasciato indietro i molti. La televisione, poi, ha fatto credere che basta guardare, vedere per partecipare ed in tal modo lo spirito d’intervento e il livello di coscienza critica si sono molto ridotti. Ne è derivato che la funzione, l’importanza, l’azione dell’opinione pubblica sono quasi svanite e quei pochi possono agire senza tenerne conto, possono provocare qualsiasi situazione sicuri che potrà esistere anche se non condivisa perché il contesto è divenuto  tanto vario da accogliere di tutto e perché i termini di confronto, i principi di valutazione, i motivi di giudizio sono stati annullati.


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