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Un grave problema di Antonio Stanca Un lungo romanzo è “Sogni di pioggia” (ed. Mondadori, Milano 2008; trad. di Valeria Bastia) dell’iraniana Gina B. Nahai, un’ampia narrazione che viene dopo molte altre della scrittrice e la ripropone nei temi propriamente umani e sociali e nel linguaggio semplice e chiaro che la distinguono. Nel 2007 l’opera era comparsa nella versione originale. La Nahai, nata in Iran, è vissuta tra l’Iran e la Svizzera ed ora risiede in America dove insegna scrittura creativa presso la University of Southern California. Come giornalista, conferenziera, ricercatrice, ha privilegiato i temi relativi al Medio Oriente ed ai diritti della donna, come scrittrice li ha continuati ed ha esordito in America nel 1991 con “The Cry of the Peacock”, dove in maniera romanzata si dice dei tremila anni di vita degli ebrei in Iran. In Italia solo nel 1999 è comparso un suo romanzo, “Al chiaro di luna sul viale”, ed è ancora poco nota nonostante la pubblicazione dell’ultimo lavoro. In “Sogni di pioggia” la Nahai ritorna alla condizione degli ebrei iraniani, la presenta negli anni che precedono la rivoluzione del 1979 e il seguente regime degli ayatollah e che sono gli ultimi dello Scià e tra i più difficili per gli ebrei. Isolati, esclusi soprattutto per motivi religiosi sono essi in un paese dove vigono ancora le caste mentre avviato è un processo di modernizzazione sotto l’influenza americana. E’ un periodo durante il quale esistono e si ostacolano, in Iran, classi sociali completamente diverse, opposte, un momento che registra accanto alla vita sfarzosa dei ricchi quella precaria di milioni di poveri. Saranno queste gravi contraddizioni a portare alla rivoluzione, alla guerra civile, agli ayatollah, ed in esse la Nahai collocherà il suo romanzo, la storia di una perdita, di una sconfitta. Ad essere sconfitte, nell’opera della scrittrice, saranno una madre ed una figlia colpevoli, oltre che della comune origine ebraica, la prima di aver dato alla luce una femmina e la seconda di essere nata con problemi quali il colore rosso dei capelli, le lentiggini sul volto e la sopraggiunta sordità. L’ambiente della vicenda è la popolosa città di Teheran dove il marito-padre, pur se ebreo, è ben inserito poiché ricco e dove continuerà nelle sue relazioni trascurando la famiglia soprattutto dopo la nascita di una figlia femmina e “diversa”. La lascerà insieme alla moglie dopo averle fatto soffrire per anni e si trasferirà in America con la bellissima amante. Di questo rifiuto, di questo abbandono narra la Nahai nel romanzo e lo fa fare a quella ragazza sorda, evitata dai suoi coetanei e tramite la quale intende mostrare tutti i disagi, i pericoli, i danni ai quali in Iran sono esposte le donne specie se “diverse”. Madre e figlia erano state due sognatrici, avevano aspirato ad una vita nuova ma per entrambe i “sogni” si riveleranno “di pioggia”, cioè cadranno, precipiteranno. Per la figlia, che aveva sperato di più, il fallimento sarà più grave e la porterà a darsi la morte. Sarà un processo lungo, difficile, durante il quale si troverà sospesa, divisa tra diversi, opposti pensieri senza riuscire mai ad ottenere una propria identità, a riconoscersi in un valore. Complessa sarà anche la condizione morale della madre. Anche lei non smetterà di sperare e si offrirà all’assalto di interminabili pensieri. Sole rimarranno le due donne in preda a profondi turbamenti e mentre dirà della loro complicata interiorità la Nahai farà muovere, nell’opera, un’intera umanità, quella iraniana di quegli anni. La mostrerà nei suoi luoghi ed ambienti, nei suoi usi e costumi, nelle sue credenze e superstizioni, nei suoi pregiudizi e misteri. Dalla vita di una famiglia si risale, con “Sogni di pioggia”, alla storia di un popolo, la si vede in tutti i suoi aspetti, la si conosce da vicino e sorpresi si rimane per quanto di grave si scopre che avveniva solo alcuni decenni fa, per ciò che di antico e di tragico si verificava in tempi di piena modernità. Leggendo si ha modo di apprezzare le qualità di una scrittura d’eccezione, di distinguerle nell’attuale, confuso panorama letterario e di sapere che la stagione dei “vinti” non è ancora finita, che non si può prevedere una sua conclusione o modifica, che accanto al mondo moderno, divenuto vittima dei suoi eccessi, c’è un altro ancora vittima dei suoi difetti, accanto al presente c’è un passato che finora ha resistito e rappresenta un grave problema di storia. |
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