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Un Nobel
per l’arte di
Antonio Stanca
Il
Nobel per la letteratura 2011 è stato assegnato giovedì 6 Ottobre
all’ottantenne poeta svedese Tomas Gösta Tranströmer «perché attraverso
le sue immagini condensate e translucide ha offerto un nuovo accesso
alla realtà». Tranströmer è nato a Stoccolma nel 1931, ha
trascorso l’infanzia e la prima giovinezza solo con la madre perché
separata, si è laureato in Psicologia presso l’Università di Stoccolma,
ha lavorato come psicologo in carceri minorili per disabili, è
appassionato di musica, suona il pianoforte e nel 1956, quando aveva
ventitrè anni, ha pubblicato la prima raccolta poetica dal titolo
Diciassette poesie. Fin da
ragazzo aveva cominciato a scrivere versi e a partire dagli anni
sessanta la professione di psicologo e la poesia diventeranno i suoi
impegni principali. È stato anche scrittore e traduttore ma ha riportato
i risultati maggiori in poesia, per questa ha ottenuto molti
riconoscimenti. La sua raccolta di liriche più nota s’intitola
Il Grande Enigma. Nel 1990,
quando aveva prodotto molte opere poetiche, viene colpito da un ictus e
deve abbandonare la scrittura. Riprenderà dopo sei anni con
La gondola funebre, una
raccolta che avrà notevole successo. In seguito lascerà quasi
completamente di scrivere e si dedicherà alla musica, al pianoforte
nonostante le sue difficili condizioni di salute. Vive con la famiglia,
la moglie e due figlie, a Västeras, presso Stoccolma. Tranströmer è stato spesso accusato di essere un
tradizionalista perché i suoi versi rientrano nel genere di correnti
letterarie ormai passate quali il Simbolismo, l’Espressionismo, il
Surrealismo. Non si può negare che questa sia la sua tendenza ma neanche
si può disconoscere che i suoi esiti artistici siano di un livello tale
da far passare in second’ordine la via seguita per ottenerli. Questo
hanno fatto i giudici di Stoccolma, hanno premiato un esempio vero,
autentico di arte in tempi che sembrano aver completamente smarrito il
suo significato, hanno riconosciuto che l’espressione artistica è ancora
possibile e che è ancora dell’uomo più che delle correnti. Tranströmer
nelle liriche riesce con facilità a risalire dalla vita di ogni giorno,
dalle sue persone, dalle sue cose, a significati più ampi. La natura, i
paesaggi nordici, i luoghi dei suoi tanti viaggi sono motivi ricorrenti.
I rapporti, i conflitti tra i loro elementi diventano, nei versi,
metafore della condizione umana, dei suoi problemi, del suo confronto
con quanto la supera tanto sofferto dal poeta. Molta poesia deriva dalla
sua vita, in molta di essa è questa a riflettersi, ad assurgere ad una
dimensione superiore, ad estendersi fino a diventare di tutti, a
comprendere tutto, sono i suoi pensieri a trasformarsi in immagini
totali, trascendenti. E’ l’universalità propria dell’arte e Tranströmer
è oggi uno dei suoi pochi e maggiori interpreti anche perché raffinato
riesce nell’espressione, musicale nel ritmo, silenzioso nel tono. «La sola cosa che voglio dire/brilla fuori dalla
mia portata/come l’argento/sul banco dei pegni». Sono gli ultimi versi
del componimento Aprile e
Silenzio della raccolta
Poesie dal silenzio, sono l’ennesima testimonianza del conflitto
sofferto ora dal poeta e sempre dall’uomo tra quanto vissuto e quanto
voluto, dell’impossibilità di superare
la condizione reale per quella ideale, le tenebre per la luce,
della pena di non potervi accedere pur conoscendola, pur vedendola. |
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