|
|
Per un’altra umanità di Antonio Stanca A cinquant’anni dalla pubblicazione è stato ristampato, in molti paesi europei, il breve romanzo “Philip e gli altri”, opera prima del settantatreenne scrittore olandese Cees Nooteboom. In Italia la ristampa è stata curata da Iperborea, che ha già pubblicato altri romanzi del Nooteboom. Questi ha scritto “Philip e gli altri” quando aveva ventidue anni, ha avuto un successo immediato ma poi ha trascurato per molto tempo il genere narrativo, ha oziato, si è dedicato alla poesia ed ai libri di viaggio legati alle sue contemporanee esperienze di viaggiatore instancabile. E’ tornato al romanzo dopo più di dieci anni e come narratore ha continuato fino ai nostri giorni ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Degno di nota è il suo stile scorrevole, agile e, tuttavia, attento ai particolari di un ambiente o situazione, capace di pervenire a singolari effetti di luce, di colore, di ottenere immagini estese, articolate senza rinunciare ad essere semplice, naturale. Se già nella prima narrazione, “Philip e gli altri”, Nooteboom mostra tale abilità significa che questa era sua propria e non riferibile ad una particolare influenza o formazione. Anche nei contenuti appare egli lontano da quanto avveniva allora nella letteratura neerlandese, dalla diffusa tendenza, cioè, al realismo. Si rivela, infatti, un romantico, un idealista, aspira ad una vita, un mondo non limitati nel tempo e nello spazio ma estesi oltre tali confini fino a non far più distinguere tra realtà e fantasia. Già dall’inizio, con “Philip e gli altri”, Nooteboom è alla ricerca di una dimensione più ampia dell’essere, già d’allora compare quella figura che ritornerà in molta sua narrativa, rappresenterà il suo eroe insoddisfatto della quotidianità e teso ad ampliare le proprie esperienze, estendere le proprie conoscenze anche se questo gli comporterà molti problemi come mettersi in discussione, dubitare di ogni cosa, non appagarsi mai di quanto fatto, visto, sentito, saputo, acquisito. Il Philip che abbandona lo zio Alexander per mettersi in viaggio, animato dalle rivelazioni dell’ex-monaco Maventer, che si avventura in autostop per le strade d’Europa alla ricerca della ragazza dal viso cinese appena intravista a Calais, è il primo esempio del personaggio che ricorrerà in Nooteboom. Rappresenta la sua convinzione che la vita non è un’esperienza conclusa, ridotta entro schemi determinati ma aperta all’esterno, disposta ad accogliere e spiegare le più diverse manifestazioni, trasformazioni, novità, la vita è il mondo nella sua ampiezza, nella sua totalità. Verso questa vita Philip s’inoltra col viaggio e di essa comincia a partecipare tramite quanto vede, sente, fa. Pensa, però, che quell’introvabile ragazza abbia raggiunto la perfetta condizione spirituale e che per ottenere questa sia necessario trovarla e stare con lei. Ma una volta trovata sarà lei a lasciarlo dopo essere stati insieme: lei che è il tutto lascerà lui che è una parte mostrando come sia illusoria l’aspirazione dell’uomo ad ottenere la totalità dell’essere. Questa è soltanto di chi ha la possibilità di non finire, di durare per sempre, per ogni luogo e tempo, è soltanto della divinità e non può essere dell’uomo essendo questi condannato a finire con la morte. Era un’apparizione, quindi, una personificazione della divinità quella ragazza, dell’immensità, dell’infinità che Philip persegue e la sua scomparsa è la prova dell’irraggiungibilità di queste. Nella fantasia, nell’immaginazione è stato con lei e con quanto rappresenta e triste, doloroso diviene il ritorno alla realtà. Tormentato, infatti, è il primo Nooteboom perché impossibile gli risulta conciliare le due dimensioni, la reale e l’ideale. Entrambe saranno presenti, agiranno nella sua opera ma insanabile rimarrà il loro contrasto. Non per questo, tuttavia, i suoi personaggi smetteranno di aspirare, di sognare, di voler sapere, vedere, fare di più. Come Philip anche altri protagonisti delle opere del Nooteboom vorranno sentirsi più ampi, più completi, vorranno migliorarsi ma, a differenza di lui, ridurranno a queste conquiste le loro aspirazioni, rinunceranno alla perfezione, alla dimensione divina, accetteranno di rimanere nella vita, cercheranno in essa di stare meglio, si mostreranno, insieme al loro autore, più maturi perché più coscienti di essere uomini, più responsabili del loro destino. Più vicino all’uomo e meno a Dio è il Nooteboom della maturità ma questo non riduce l’importanza del suo messaggio dal momento che non finisce egli di credere nella possibilità di fare della vita un’esperienza più ricca di quanto finora è stata intesa e soprattutto non la limita all’uomo d’eccezione ma la estende ad ogni uomo. Questo il vero messaggio del Nooteboom e qui la rivoluzione che vorrebbe compiere per formare un’altra umanità! |
La pagina
- Educazione&Scuola©