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Verso l’ateismo di Antonio Stanca Tempo fa era stato Eugenio Lecaldano, professore di Filosofia morale presso La Sapienza di Roma, a sostenere, nel breve volume "Un’etica senza Dio", pubblicato da Laterza, che la morale diffusa non deriva da Dio né dalla religione ma dall’uomo, dalla sua storia, dalla sua vita. Insieme a queste si è formata ed evoluta mentre se fosse stata d’origine religiosa non avrebbe potuto seguire i tempi e sarebbe venuta a contrasto con essi come si può constatare oggi quando tra Chiesa e Stato si arriva a confronti difficili e a volte impossibili da risolvere. Ora è Piergiorgio Odifreddi, studioso di Matematica e professore di Logica presso la Cornell University e l’Università di Torino nonché autore di libri di divulgazione scientifica, a sostenere nell’opera "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)", pubblicata da Longanesi, che le Sacre Scritture, il Vangelo non sono testi attendibili ma da disconoscere poiché, come dimostrano le analisi condotte dall’autore, pieni di contraddizioni e di falsi. Inoltre vincolano l’uomo a credenze proprie di un mondo antico e mediorientale, gli trasmettono l’idea di una vita trascendente riducendo o guastando l’impegno che la realtà richiede. Anche all’estero, nei paesi progrediti, sono da tempo comparsi movimenti di pensiero ed opere che discutono l’aspetto religioso della vita quale è giunto dal passato ed invitano ad assumere una posizione più laica. Quello dell’ateismo sembra, pertanto, un orientamento che si va diffondendo negli ambienti culturali delle nazioni avanzate dal punto di vista scientifico, tecnologico, economico. E’ il segno che la religione non poteva resistere ai tempi nuovi generalmente identificati con l’affermazione dei valori della materia e dei bisogni concreti, immanenti che vi sono collegati. Questi sono sempre più emersi, si sono sempre più diffusi fino a richiedere la maggior parte del tempo e dell’impegno a livello individuale e sociale ed a far riconoscere necessaria una vita d’azione. Religione significa, invece, pensiero, sentimento, meditazione, devozione, preghiera ed inevitabile diverrà il suo conflitto con quell’azione che i tempi d’oggi richiedono e vogliono rapida, precisa, efficace, provenga essa dall’uomo o dal mezzo meccanico. Non si distingue, infatti, tra essi e per questo difficile è ormai parlare di attività spirituale e delle sue espressioni compresa quella religiosa. Un uomo sempre più simile alla macchina, un mondo sempre più calcolato, ragionato giungeranno a ridurre fino ad annullare quanto alla ragione sfugge e si spiega solo con l’anima. E se finora l’ateismo si è manifestato in ambito culturale non tarderà ad estendersi nel sociale giacché mancherà il sistema, il modo di vivere, la condizione che induce al raccoglimento richiesto dal pensiero in particolare religioso. Di fronte al fenomeno la religione ha cercato di provvedere adattando i suoi riti, le sue cerimonie ai nuovi ambienti ma per quanto abbia potuto e possa ancora fare si troverà sempre in difficoltà perché ci saranno sempre in essa degli aspetti fondamentali dai quali non potrà prescindere. Intatte rimarranno le sue dottrine, uguali a quelle delle origini, mentre nessuno degli elementi della vita sembra possa resistere alle trasformazioni volute dai tempi. Pure l’arte è un’attività dello spirito, dell’idea e pur’essa ha avuto problemi una volta giunta a confrontarsi con la modernità, con la sua società e cultura di massa, con i suoi interessi soprattutto immediati, contingenti. Non di crisi ma di fine dell’arte si parla oggi e problematico è divenuto per alcuni autori, ormai pochissimi, esprimersi come richiesto dalla propria interiorità e come sempre dall’arte. Tuttavia se per pochi è un problema per molti, per i nuovi, è avvenuto un totale adattamento alla situazione. Così è successo che tanti siano oggi gli autori di narrativa, poesia, pittura, musica, teatro anche se le loro opere sono destinate a valere e durare poco. C’è stato, quindi, un risvolto, si è cercata una combinazione mentre per la religione questo non è possibile poiché inamovibili sono certe sue regole e più facile risulterà negarle che conciliarle. |
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