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Dall’Oriente una riscoperta
(Come valere ancora)

di Antonio Stanca

Dal 12 Febbraio a Milano nello spazio Consolo, dal 14 Febbraio a Roma presso la Galleria d’Arte Contemporanea sono iniziate due mostre, la prima intitolata "Out of the red" la seconda "Chinart", interamente dedicate a oli su tela, foto digitali, porcellane, smalti, pannelli, dittici, pietre-sculture, video, performance di autori cinesi quali Wang Quingsong, Lin Jianhua, Luttao Hai Bo, Zhang Wareg. Le manifestazioni stanno già registrando un notevole successo di pubblico e nei mesi prossimi sarà il Centre Pompidou di Parigi ad ospitarle.

Intanto nelle nostre librerie vengono sempre più cercati romanzi o racconti di scrittori indiani o pakistani quali Hari Kunzru ("L’imitatore"), Bulbul Sharma ("Benedette zie"), David Davidar ("La casa dei manghi blu"), Khushwant Lingh ("La compagnia delle donne"), Bapsi Lidwa ("La spartizione del cuore") nonché delle scrittrici Alka Saraogi ("Bypass al cuore di Calcutta"), Anita Nair ("Cuccette per signora"), Uzma Aslam Khon ("Trespassing"). Le traduzioni e pubblicazioni di queste opere sono in continua crescita e ad esse s’interessano, in modo particolare, le case editrici Neri Pozza, Einaudi, Guanda, Bompiani. Si tratta di autori, vecchi e giovani, che rappresentano la più recente produzione narrativa di una zona orientale del mondo e che, a differenza dei più noti che li hanno preceduti, Salman Rushdie, Arundhati Roy, Vidiadhur Naipaul, non sono emigrati dai loro paesi, non scrivono in lingue acquisite ma nelle loro d’origine. E’ il segno di una letteratura giunta ad avere un’autonomia, un’identità, divenuta capace di proporsi con temi e modi propri nel contemporaneo contesto culturale ed artistico come avviene per la suddetta produzione visiva e figurativa cinese anche se di autonomia per questa si può parlare da più tempo.

Entrambi i fenomeni arrivano in Italia, in Europa e valgono, attirano l’attenzione, suscitano l’interesse, sono seguiti. Si conferma così la crisi attraversata dalla produzione artistica occidentale, la difficoltà da essa incontrata nel raggiungere il pubblico. Questo non si sente disposto verso l’arte figurativa, narrativa o altra del proprio territorio poiché si è andata sempre più isolando, si è allontanata dalla realtà fino a sfociare nell’intellettualismo, psicologismo, astrattismo. Un’arte che si alimenta soltanto del suo autore, che s’impegna nel concepimento di forme sempre più elaborate, che vive di sé, finisce col valere soltanto per chi la persegue ed entro una cerchia molto limitata. Essa non offre allo spettatore o lettore la possibilità di ritrovarsi, sentirsi coinvolto in quanto rappresentato. Un segnale di tale raggiunta cristallizzazione nei contenuti e nelle forme e della volontà di superarla è stata la recente rivalutazione, nelle opere degli autori occidentali, di situazioni, vicende, figure di carattere famigliare, intimo, di linguaggi alternativi quali il dialetto. Gli esiti, però, sono stati quelli di un sentimentalismo, un intimismo incapace di superare, presso il pubblico, determinati confini. Perché questo avvenga, perché chi guarda o ascolta o legge si senta interessato deve vedere riflessa, nell’immagine o parola, la propria condizione, vita, realtà. Qui la spiegazione del successo che stanno riportando gli autori orientali: pittori, incisori, scultori cinesi, scrittori indiani e pakistani sono tutti animati dall’intento di produrre opere impegnate nella rappresentazione del contrastato rapporto, esistente nel loro paese, tra passato e presente, tradizione e innovazione, nella ricostruzione della storia nazionale alla luce di un personaggio o avvenimento eccezionale, nel perseguimento di un’arte che sia espressione del tempo, del luogo ed anche loro sublimazione, che dalla contingenza risalga a messaggi, significati più estesi. In vista di tali obiettivi gli artisti visivi o figurativi riprendono tecniche giunte loro da tradizioni millenarie, le rinnovano, usano altre moderne, le combinano con quelle, gli scrittori si ricollegano allo spirito dell’antico racconto o novella orientale, lo applicano alla rappresentazione della storia del loro paese, delle vicende del loro popolo, lo caricano di prospettive attuali. La presenza della realtà, della vita, della storia è costante in tale produzione anche perché costituisce l’elemento da trascendere, idealizzare: è una concezione antica, tradizionale dell’arte ma sempre valida poiché capace di ottenere significati estendibili oltre ogni confine, di giungere a tutti, d’impressionare, muovere a pensare. Solo se si tiene conto della vita si può valere per essa, avere ascolto presso di essa, soltanto se rimane dell’uomo l’arte può raggiungere l’umanità!

Pertanto non è finita l’epoca dell’arte come ormai si pensava o ci si era convinti di fronte alle espressioni rarefatte che di essa giungevano e al conseguente disinteresse del pubblico. E’ bastato che apparissero gli autori, i prodotti, i significati di sempre perché ci si muovesse ad apprezzarli ed a riscoprire quanto sembrava definitivamente perduto.


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