I problemi de “Il Gattopardo”
di
Antonio Stanca
In
“Ricordo di Lampedusa” (ed.Scheiwiller) il critico letterario Francesco
Orlando ha ricostruito la figura dell’autore de “Il Gattopardo” (Palermo
1896-Roma 1957), ha indagato nella sua vita privata, nel periodo dei
suoi svogliati studi universitari e del rapporto d’amicizia verificatosi
tra lui, giovanissimo, e il Giuseppe Tomasi, entrambi palermitani.
L’Orlando vedeva nel Lampedusa un maestro d’eccezione data la sua
vastissima cultura e la capacità d’indagine ed osservazione critica ma
lo considerava pure una persona dai rapporti difficili a causa del
carattere ombroso e dell’umore instabile. Molte sono le notizie,
rivelazioni, particolarità che il libro contiene sul Lampedusa, che
risulta una persona particolarmente schiva, riservata e attenta solo
all’arricchimento della biblioteca di famiglia ed a quanto dalle
continue letture potesse derivarle. E’ un’angolazione particolare che,
tuttavia, aiuta a ricostruire la figura dell’autore. Va notato, però,
che se Tomasi era uno studente distratto, scarsamente interessato agli
studi di Giurisprudenza, un lettore accanito di romanzi storici italiani
e francesi, un osservatore acuto della storia e letteratura nazionali e
soprattutto un insofferente, un inquieto, questo era dovuto anche al
fatto che egli vagava, in quegli anni, alla ricerca di ciò che potesse
suggerirgli un’idea chiara per l’opera alla quale pensava in
continuazione. E’ un fenomeno che succede a tanti autori prima che si
rivelino e perciò il comportamento del Lampedusa può essere
giustificato. Si pensi che per la sua opera egli visse tutta la vita e
non solo il periodo che la precedette ma anche il seguente quando si
mise alla vana ricerca di chi la potesse pubblicare. La pubblicazione e
il successo sono stati postumi e “Il Gattopardo” ha costituito un “caso
letterario”. Esso può essere considerato il primo best-seller italiano,
ha avuto traduzioni in molte lingue, una riduzione cinematografica e il
favore di molta critica. In verità è successo che i modi e i luoghi
della scoperta del manoscritto, la fascinosa figura dell’aristocratico,
solitario e misterioso autore, la ricostruzione, contenuta nell’opera,
di ambienti e personaggi di un passato non molto lontano e tuttavia
sconosciuto, abbiano contribuito ad attirare l’interesse di un pubblico
sempre più vasto. Agli inizi è stato un successo incondizionato che ha
fatto trascurare ogni eventuale difetto dell’opera. In seguito, venuto
il tempo della riflessione critica, sono state manifestate diverse e
contrastanti interpretazioni sicché ancora oggi si discute se quello del
Lampedusa sia da intendere un romanzo storico o verista o decadente. Ci
sono in esso aspetti diversi e questi fanno sì che possa essere
ricondotto ad ognuna di tali correnti.
La storia narrata è
quella di una nobile famiglia siciliana vista nel momento dello sbarco
garibaldino nell’isola durante le guerre per l’indipendenza dell’Italia
e poi nel periodo risorgimentale quando la raggiunta unità nazionale
aveva provocato la crisi della vecchia nobiltà e l’affermazione di una
nuova classe sociale, quella degli “sciacalli”, cioè dei borghesi
arricchitisi sulle rovine dei nobili “gattopardi”. Del romanzo storico
l’opera ha l’ambientazione nel passato e l’unità e la cura della lingua
ma manca di un’idealità o aspirazione unica che la percorra e animi
tutta; del romanzo verista ha l’attenzione ai particolari degli ambienti
e dei personaggi, l’impassibilità di chi scrive di fronte alle vicende
presentate ma è priva di quella coralità che le sarebbe stata
necessaria; del romanzo decadente ha la concentrazione dell’azione su un
solo personaggio, il principe don Fabrizio Salina, e il senso di
decadenza, di sconfitta da questi vissuto e sofferto. Tale ultimo
aspetto potrebbe essere anche di ascendenza verista ma si rivela
soprattutto decadente poiché dichiaratamente soggettivo nonché
autobiografico. Tuttavia non sarà mai possibile risolvere il problema,
definire in maniera decisiva l’opera. Solo se si accetta l’idea di un
Lampedusa intellettuale incerto, insicuro, dagli umori cangianti, come
testimonia l’Orlando, alla ricerca dell’idea illuminante per la propria
opera, se lo si riconosce sospeso tra diverse tradizioni, opere, autori,
influenze, se si valuta che il suo è stato, nella storia della nostra
cultura e letteratura, un difficile momento di trapasso dall’eredità
romantica e poi verista alla nuova lezione decadente e che egli, preso
tra suggestioni vecchie e nuove, italiane e straniere, non ha saputo
chiarirsi un proprio progetto ma di tutte ha risentito nella formazione
e, quindi, nell’opera, si spiega come sia stata possibile la coesistenza
di tante varietà in un solo romanzo. Come l’uomo, come l’intellettuale
così lo scrittore sono stati più vittime della propria cultura e dei
propri tempi che geni autonomi ed originali. Quello che sentivano non ha
superato quello che sapevano e vivevano ed alla misura di questo sono
rimasti anche quando altro sarebbe stato necessario. |