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Rifiuto o confronto?

di Antonio Stanca

Oltre ad essersi segnalata, negli anni precedenti, in concorsi di poesia e narrativa, Maria Amalia Orsini, nata a Omegna e vivente a Novara, è da tempo presente nella nostra scena letteraria con opere di narrativa. Nel 2001  ha pubblicato, presso Alberti & Editori, “I fuochi di Beppe Bra”, nel 2003, con Pendragon, “La pensione”, ed ora, pure con Pendragon, “L’eredità di Daniele”. Se il primo lavoro va ricondotto entro i  termini di una favola per ragazzi, nel secondo si aderisce alla vita, ai suoi sistemi, ai problemi che da questi derivano per chi ancora non li conosce. Ne “La pensione” è la madre e l’insegnante Marta a confrontarsi con una realtà, una verità diverse dalle richieste del suo animo, della sua sensibilità, a ricavare dal confronto gli stimoli per un comportamento che superi i limiti dell’individualità e si estenda, si allarghi tramite la famiglia e la scuola.

Rispetto a Beppe Bra l’Orsini ha mostrato, qui, un maggiore impegno nella vita, nel sociale, non li ha evasi per una dimensione puramente ideale, fantastica. Questa, però, è ricomparsa, anche se contenuta, nella suddetta terza ed ultima opera, “L’eredità di Daniele”, nel suo tono da racconto, nella sua atmosfera da sogno. Sembra un romanzo epistolare data la maniera semplice, piana, confidenziale, con la quale  procede la scrittura della Orsini, in verità è un breve libro di ricordi. Il nonno Angelo Capra e il nipote Daniele si confessano, ricordano la loro vita e la trasferiscono nelle pagine del libro riuscendo così immediati e spontanei da coinvolgere chi legge fin dall’inizio e trasferirlo in quella situazione sospesa che è propria del ricordo specie se di quanto irrimediabilmente e definitivamente finito, perduto. Come per Marta anche per il nonno e per Daniele c’era stato un grave confronto con l’esterno, con la vita di tutti ma i due avevano rinunciato a competere con essa, non si erano impegnati   per gli altri, erano ricaduti su se stessi, sconfitti.

Le qualità, le aspirazioni dello spirito e la loro sconfitta: è questa l’eredità trasmessa dal nonno a Daniele ed è pure questa la condizione morale che ricorre nella  scrittura della Orsini. Se dopo aver cercato gli altri come ne “La pensione” è rientrata, pur limitatamente, nel proprio mondo interiore, se ha creato intorno a figure vere, reali, un ambiente immaginario, se ha fissato il valore e la funzione dell’idea, della morale, della virtù, significa che a lei più che vincenti sulla realtà interessa mostrarle ancora esistenti anche se per pochi, ancora possibili, rintracciabili, recuperabili. Eroica è la posizione della scrittrice ma anche lontana. Con la Orsini  si rivivono i primi del ‘900 se non gli ultimi dell’’800 quando con gli autori “decadenti” comparve il fenomeno dell’ “angoscia esistenziale”, dello “spleen” e della conseguente loro fuga dalla realtà. Anche l’Orsini fugge ma ora, ai nostri giorni,  ad un autore si chiede pure di rimanere nella vita giacché i problemi che fino a tempo fa erano soltanto suoi sono diventati di tanti e con lui acquisterebbero una voce.


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