|
|
Parrella di nuovo sconfitta
A
Settembre del 2011, edito dalla Einaudi di Torino, è comparso il romanzo
Lettera di dimissioni della
trentasettenne scrittrice napoletana Valeria Parrella. Da quando ha
esordito nel 2003 con mosca più
balena, romanzo pubblicato dalla minimum fax, la Parrella, che vive
a Napoli, ha continuato a produrre opere narrative e teatrali nelle
quali ricorrenti sono i temi della sua terra e della condizione
femminile ad essa collegata. Quelle della scrittrice sono donne che
vivono situazioni difficili perché ai margini delle aree interessate
allo sviluppo, al progresso. Sono rimaste nei sobborghi, nelle periferie
di un centro quale Napoli e, nonostante le loro aspirazioni ad evadere,
ad affermarsi, hanno dovuto accettare una vita di privazioni, di stenti.
Un’umanità esclusa trova posto nelle sue opere, una rappresentazione
diventa la sua di quanto avviene da tempo in certi luoghi senza che
nessuno si curi, di quanta sofferenza, di quanti problemi sono in attesa
di soluzione. Ora, però, in
Lettera di dimissioni, quella
donna che sempre era stata sconfitta dalle circostanze è riuscita ad
emergere, ad inserirsi nel contesto, è divenuta la Clelia che dalla
periferia di Napoli è arrivata al centro, nella città che sognava. Ha
avuto modo di farsi apprezzare, ha raggiunto posizioni di prestigio, ha
ottenuto incarichi di rilievo, ad appena quarant’anni è la nuova
direttrice artistica del Teatro Regione Campania. Si libererà di quanto
faceva parte della sua vita precedente compreso il ragazzo col quale
stava vivendo la prima esperienza amorosa e che tanto la amava. Avrà
altri uomini, li cambierà come ogni donna di successo, conoscerà persone
importanti del mondo dello spettacolo, della politica, sarà inseguita
dai giornalisti, si sposterà all’estero per le rappresentazioni ma non
risolverà i problemi economici nei quali versa il suo teatro. Per farlo
dovrebbe contravvenire ad ogni principio, ad ogni morale, dovrebbe agire
solo per interesse immediato, per calcolo, dovrebbe rinunciare a quanto
le è ancora rimasto della sua formazione e non si sente di farlo.
Giungerà ad avere problemi, a non essere sicura, a non saper decidere.
Sarà invitata a dimettersi, lo farà. La storia di Clelia era cominciata a metà degli
anni Novanta ed era giunta agli ultimi. Attraverso essa la scrittrice ha
percorso, ha mostrato quanto in Italia è avvenuto in tale periodo di
tempo, la crisi dei valori morali che si è andata sempre più aggravando
fino alla loro totale assenza in ogni aspetto della vita privata e
pubblica. Se, nella Parrella, le donne di prima erano state sconfitte
nelle loro aspirazioni a superare la condizione di escluse, questa, che
l’aveva superata, lo era stata dall’ambiente raggiunto poiché in esso si
erano definiti modi di pensare, di fare, costumi completamente diversi
da quella coscienza che per lei continuava a valere. E tanto
sentite sono le vicende narrate dalla scrittrice, tanto vicine riesce a
renderle col suo linguaggio rapido, essenziale da far pensare che siano
state sue proprie, che le abbia vissute personalmente, che non si debba
distinguere tra lei e la sua protagonista. Un lungo discorso è il
romanzo, una donna che ha bisogno di parlare è Clelia, di dire di sé,
dei suoi antenati, della sua famiglia, della sua infanzia, della sua
maturità, delle sue esperienze. E lo fa con la semplicità, la
naturalezza di chi non si propone di protestare per quanto le è
accaduto, per il danno che le è derivato ma solo di comunicarlo, di
farlo conoscere, convinta che è sufficiente raccontare la propria vita
per dire anche del tempo di essa.
Far riflettere vuole stavolta la Parrella,
nient’altro! |
La pagina
- Educazione&Scuola©