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Caserta tra antico e nuovo
(Una soluzione mancata)

di Antonio Stanca

 

Casella di testo:  Un saggio, un reportage, un pamphlet, un racconto lungo: tutto questo può essere il recente lavoro “La città distratta” (Einaudi, Stile libero) del giovane scrittore napoletano Antonio Pascale. In esso egli ripropone, dopo averla rivista, una sua opera apparsa nel 1999 ed allora ritenuta meritevole del premio Onofri.

La città della quale si dice è la Caserta dei nostri giorni, la città moderna dove sono facilmente riconoscibili i segni dei tempi nuovi ma anche gli altri della resistenza che questi hanno incontrato ed incontrano di fronte a singolari situazioni umane e sociali.  Tale difficile rapporto, nota il Pascale, si verifica generalmente nelle aree depresse, arretrate, segnate da un passato complicato che non ha mai smesso d’esistere, che dura ancora oggi ed in tanti modi. Il Meridione d’Italia, compresa Caserta, è una di queste aree: qui la modernità è stata ed è costretta a fare i conti con un’antichità che non ha rinunciato a se stessa ed ha inciso tanto da poter essere sempre rintracciata. Pertanto il nuovo ha rappresentato un’emancipazione, un progresso rimasti in superficie, relativi alla forma mentre i contenuti hanno proseguito invariati. Con questi, costituiti da tradizioni, credenze, superstizioni, consuetudini, costumi  giunti a determinare uno specifico modo di fare, pensare, essere e divenuti il segno distintivo di una comunità, in questo caso la casertana, i tempi moderni si sono visti costretti a cercare una combinazione, un equilibrio con risultati sempre difficili se non impossibili.

Per risolvere il problema “…bisognerebbe che  i casertani smettessero di essere casertani…”, osserva lo scrittore, ma dal momento che non è possibile ci si deve rassegnare all’idea di veder ridotto alla loro dimensione, obbediente al loro ritmo ogni evento o fenomeno col quale vengano a contatto. Soltanto così si spiega come tanta modernità non sia riuscita a modificare l’ambiente e si sia dovuta adattare ad esso, come Caserta, il suo hinterland, la sua urbanistica, le sue fabbriche, la sua politica, religione, cultura, la sua camorra, la sua vita privata e pubblica, nota e segreta seguano percorsi propri, lontani, diversi da tutto quanto vi giunge dall’ esterno o avviene vicino o altrove. In questi percorsi si traduce la mentalità dei casertani del centro e delle periferie, quella concezione della vita venuta loro da lontano perché formatasi nel tempo e legata al territorio fino al punto da aver fatto di questo un riflesso, un’immagine di se stessa. Si sono creati un contesto insolito, una particolare misura dell’esistenza, nei quali trovano spiegazione e giustificazione fenomeni, comportamenti individuali e collettivi che altrove riuscirebbero strani o incompresi o illegali o curiosi. Di queste stranezze, incomprensioni, illegalità, curiosità il libro del Pascale vuole essere una testimonianza diretta, immediata perchè offerta da chi in quei luoghi è nato, vissuto, a quella vita ha assistito e di essa, ora adulto e lontano, è tornato a chiedere e vedere. L’ha ritrovata identica all’altra della sua infanzia e giovinezza, ha scoperto che anche i tempi moderni sono stati da essa assorbiti,  che si è formata una vastità maggiore rispetto a prima, un’ampiezza che ha accolto la novità senza essere da questa alterata nelle proprie regole. Di tale estensione e generalità documenta il suo lavoro  senza rinunciare ad evidenziare le infinite particolarità che le compongono e fanno di Caserta non solo una “città distratta” per doverle contenere tutte ma anche il simbolo dell’intera meridionalità italiana: qui l’abilità espositiva dell’autore, la sua capacità di muoversi, in maniera continua, rapida ed efficace, tra molti e diversi ambienti, temi, problemi, piani narrativi, registri linguistici. Ne risulta un’opera dove c’è posto per la cronaca, la critica, la polemica, la contemplazione, l’ironia, per l’impegno e l’abbandono. Di tanto si mostra capace il Pascale sicché difficile, s’è detto, risulta classificare il libro ma necessario riconoscere le qualità dell’autore nel sorprendere, incuriosire, coinvolgere il lettore, nel trasmettere a quanto narrato il movimento di un’interminabile rappresentazione teatrale.


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