Pasolini profeta
di
Antonio Stanca
Al
recente Festival di Venezia il premio speciale per la giuria è stato
assegnato al film di Abel Ferrara “Mary”, incentrato sulla figura di
Maria Maddalena e sui temi religiosi, umani e sociali che da essa sono
derivati. E’ il terzo lavoro cinematografico che, in questi anni, tratta
di argomenti di pensiero, di anima. Prima c’erano stati “L’ultima
tentazione di Cristo” di Martin Scorsese e “ Passion” di Mel Gibson ,
entrambi impegnati a ripercorrere la vicenda di Gesù. Questi film hanno
registrato un notevole successo di critica e pubblico e il fenomeno
prova come i nostri tempi siano tali d’aver suscitato bisogni che
sembravano scomparsi, d’aver mosso a pensare a quanto può esistere e
valere oltre l’evidenza, la materia, e di quale aiuto può disporre chi
si trova privo di riferimenti, perso in un mondo che ha deluso molte
delle speranze nutrite. Una ricerca dell’idea, dello spirito non
limitata ai singoli, autori o artisti, come fino ad anni fa ma estesa
alla collettività. Sono in tanti oggi a non sapere più come vivere in un
ambiente dove modernità è diventato sinonimo di volgarità, depravazione,
abuso, insulto senza che alcuna difesa sia possibile per chi ne è
vittima. Da qui l’attenzione di molto pubblico ai film che dicono dei
tempi, delle persone, della vita di Cristo. Neanche lui ebbe possibilità
di scampo dal momento che era espressione di verità, giustizia, amore in
un mondo che li aveva messi da parte. Per gli stessi motivi, di
confronto con l’ambiente, la sua figura era stata proposta molti anni
fa, nel 1964, da un altro regista, Pier Paolo Pasolini, del quale
ricorre quest’anno il trentennale della morte e tanto si sta facendo per
ricordarlo e recuperare il valore e la funzione della figura e
dell’opera. “Il Vangelo secondo Matteo” era stato il film col quale
Pasolini aveva inteso rappresentare, tramite Gesù, i problemi da lui
sofferti in una società che diveniva sempre più ostile, avversa ai
principi umani e sociali, ai valori del sentimento, dello spirito dei
quali il regista-scrittore-poeta si sentiva depositario. Allora il
fenomeno del degrado morale era agli inizi ed erano in pochi a patirlo.
Pasolini pensava addirittura di correggerlo e per questo il suo Cristo
si scaglia con decisione contro le impurità che lo circondano, le
combatte con energia e vorrebbe annientarle in nome di quanto di
spirituale, d’ideale, di divino deve essere dell’uomo, della sua vita.
E’ un Cristo autobiografico e perciò rivoluzionario, non si arrende con
facilità di fronte al peccato ma gli oppone le proprie ragioni, la
propria innocenza. Non ce la farà trattandosi di una lotta così impari,
di un confronto tra un uomo e il mondo, e dovrà accettare di morire
sconfitto.
Allora il film fu
apprezzato ma anche molto discusso, ora altri registi hanno trattato di
Cristo e hanno avuto più seguito: significa che a distanza di mezzo
secolo lo stato di degradazione si è aggravato, che i problemi del
singolo sono giunti ai molti e che al lavoro di Pasolini può essere
attribuito un valore profetico. |