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Il ‘900 di Pedullà

di Antonio Stanca

Il professore calabrese Walter Pedullà, nato a Siderno nel 1930 e dal 1958 docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso “La Sapienza” di Roma, ha recentemente pubblicato, da Donzelli, l’ampio volume “Quadrare il cerchio”. Contiene studi di varia lunghezza, monografie, seminari, testi di conferenze, di presentazioni, ricordi di maestri, saggi, recensioni, lavori che generalmente sono già comparsi su riviste o giornali e che ora Pedullà ha pensato di ordinare in questo libro per ottenere un quadro articolato e chiaro di quanto è avvenuto nell’ Italia del secolo scorso, specie dei secondi cinquant’anni, sia nella letteratura sia nella storia, nella vita, nella società, nel costume. Leggendo si sa, infatti, degli autori e delle opere del nostro Novecento, delle correnti letterarie ed artistiche, delle tendenze della prosa e della poesia, delle atmosfere culturali che si sono succedute e si sa pure di come si viveva, di quanto è accaduto e del suo rapporto, vicino o lontano, con quanto si è scritto in letteratura o figurato in pittura o rappresentato in teatro. Niente sfugge allo sguardo del Pedullà che, nel volume, si mostra capace di muoversi in continuazione tra la circostanza particolare, autore od opera, e la situazione generale, culturale o artistica o sociale. Un esito simile può essere ottenuto quando chi scrive non è soltanto lo storico ma anche il critico letterario, non solo il docente di Letteratura ma anche l’autore di recensioni, il saggista come per anni è stato Pedullà presso i giornali “Avanti!”, “Il Mattino”, “l’Unità” ed ora il “Messaggero”. E poi Pedullà ha visto, conosciuto molti dei personaggi dei quali dice, ha assistito all’uscita di alcune loro opere, ha vissuto insieme a loro certe circostanze.

Uno storico, un critico letterario che è anche testimone se non protagonista di quanto tratta: questo spiega la facilità con la quale, nel libro, l’autore percorre un secolo che è risultato tra i più complicati per la storia, la cultura, la letteratura, l’arte d’Italia, la chiarezza usata circa temi pur controversi, il modo svelto, rapido di passare tra essi,  confrontarli, giudicarli, chiarirli. Sembra un discorso diretto, parlato quello del Pedullà di quest’opera, una lunga, interminabile confessione. Sembra che abbia avuto bisogno di dire a tutti quello che lui solo sapeva e che gli veniva non tanto dal lavoro di studioso quanto dall’esperienza di uomo. Un contributo simile mancava nella nostra produzione critica sul Novecento, mancava la maniera, dal Pedullà offerta, di conoscere con facilità gli aspetti più reconditi di un secolo tanto complesso.

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