Piersanti tra i postmoderni
di Antonio Stanca
Molti
gli autori, molte le opere che, in ambito letterario, compaiono da tempo
e tra le quali diventa sempre più difficile distinguere, valutare,
collocare. Non ci sono più riferimenti unici, principi, idealità
trascendenti alle quali ricondurre quanto prodotto ma si assiste ad una
riduzione dell’opera, narrativa o poetica, alle esigenze dell’autore,
alla sua formazione, ai suoi tempi ed ambienti. Il prodotto letterario
non intende più distinguersi dal contesto come fino a metà inoltrata del
secolo scorso ma si è adeguato ad esso, è entrato in competizione con i
mezzi di comunicazione di massa, con i loro linguaggi onde raggiungere
il pubblico con facilità e rapidità. Per questo sono stati ripresi
generi come l’horror e il giallo, si è rinunciato a quella posizione
alta della letteratura durata fino a tutto il primo Novecento ed oltre,
con modernismo e avanguardie, si è accettata una dimensione umile,
particolare, individuale. Non si crede più all’opera letteraria unica,
assoluta, con aspirazioni volte a cambiare il mondo ma la si vuole
riportare ad esso, a quanto avviene, a come si vive: è questo l’ambito
detto del postmoderno, cominciato dalla fine del Novecento e giunto fino
ad oggi. Molto di quanto i modernisti e le avanguardie avevano
rifiutato, il passato, la tradizione, è stato recuperato dai
postmoderni, i quali, così, non corrono il rischio di finire come i loro
predecessori, di non sapere più dove attingere una volta esaurite le
proprie risorse. Circa i tanti, nuovi autori non è possibile, s’è detto,
riportarli ad una corrente unica, ad una sola ideologia ché ognuno segue
regole proprie e concorre a formare la nuova atmosfera. La poesia avrà
maggiori problemi ad essere prodotta e seguita e per un certo periodo
scomparirà quasi completamente mentre la narrativa continuerà nel suo
percorso.
Tra gli attuali narratori italiani postmoderni il cinquantaduenne
Claudio Piersanti si è distinto per la scorrevolezza dello stile,
generalmente paratattico, la chiarezza dei contenuti e l’adesione alla
realtà che non è rinuncia ad un’interiorità importante e fondamentale.
Così anche nel più recente romanzo “Il ritorno a casa di Enrico Metz”,
edito da Feltrinelli. Piersanti ha scritto racconti e romanzi e stavolta
è riuscito meglio dal momento che tanti significati ottiene tramite il
personaggio del protagonista. Con Enrico Metz, col suo ritorno nel paese
natio, presso i propri famigliari e concittadini, Piersanti recupera i
valori del passato e li antepone a quelli del presente, riscopre la
funzione, l’azione dei sentimenti, degli affetti, dell’amore, della
quiete e le preferisce alle richieste della materia, del calcolo, della
rapidità, rivaluta i luoghi di periferia, la campagna, il suo ambiente,
la sua gente rispetto a quelli frenetici, rumorosi, anonimi della
metropoli. Anche le piante, gli animali vengono ritrovati dal Piersanti
tramite il suo Metz: è la vita nella possibilità di essere vissuta ad
una dimensione umana, riportata ad una condizione intima, semplice,
naturale, è la misura dell’uomo comune ad essere voluta rispetto a
quella del personaggio, è l’idea del tempo trascorso ad essere accolta
ed a sostituire quella precedente di un’eterna giovinezza, di un
inarrestabile movimento. La calma, il silenzio prendono il posto della
velocità, del rumore, l’uomo si sostituisce alla macchina, ritrova se
stesso, le sue cose, vuole essere vero, autentico e non più costruito,
artificiale, vuole riscoprire la casa, la famiglia, i figli, le
amicizie, vuole sentirsi vicino, intimo. Nel libro Metz torna tra le
persone, gli ambienti, gli avvenimenti del suo posto d’origine dopo aver
lasciato, a causa di problemi giuridici, l’alta carica che ricopriva in
una nota azienda milanese. La circostanza avvia in lui un processo
interiore, mette in moto i ricordi, lo fa pensare al tempo passato e a
tutto questo Piersanti fa assistere come ad un passaggio che avviene
gradualmente, naturalmente. Abilissimo, lo scrittore procede lento,
inesorabile, s’immedesima nel suo protagonista, fa tanto immedesimare il
lettore da indurlo a voler seguire, sapere, da fargli desiderare che
l’opera non abbia termine. |