Incontro con Andrea G. Pinketts
Biblioteca comunale di Piove di Sacco, 10 Maggio 2005
di Vincenzo Ciccone
www.zam.it La gioia di leggere.
Al
posto delle solite bottigliette d'acqua sul tavolo dell'autore, due
bottiglie di vino, un bianco ed un rosso fanno capolino vicino al
microfono.
Andrea Pinketts si
accomoda sulla sedia, getta un'occhiata alla bottiglia di rosso e dice:
"Mi stupisco di trovarmi a Piove di Sacco con davanti una bottiglia
dell'Oltrepò Pavese".
Riempie il bicchiere, lo gira nella mano per miscelarlo ed annusa da
vero intenditore. Sorseggia il vino ed allontana la bottiglia che non
toccherà più fino alla fine della conferenza.
E' la prima presentazione del libro
L'ultimo dei
neuroni. La parola passa immediatamente ad
Andrea Pinketts.
"Avrei dovuto presentarlo al salone del libro di Torino ma il salone
non ha più la stessa affluenza che aveva due, tre anni fa prima
dell'avvento dell'euro. Oggi i visitatori si aggirano tra gli stands
osservando le novità librarie ma nessuno compra più nulla.
Sono felice di presentarvi questo nuovo libro, dopo due anni passati a
presentare
Fuggevole turchese mi ero rotto di dire sempre le solite cose.
Questa è la prima presentazione cosmica, galattica dell'Ultimo
dei neuroni."
E' un romanzo atipico, è un romanzo di racconti.
I neuroni sono una tribù di pellerossa in estinzione, sono i cugini
degli Uroni una tribù che storicamente è stata decimata dalle malattie
portate dagli europei e dal conflitto con gli Irochesi per la supremazia
nel commercio delle pelli con l'Europa nel 1660.
Gli Uroni vennero portati all'estinzione a causa del commercio delle
pelli, i Neuroni di Pinketts sono portati all'estinzione per quello che
lui definisce il commercio delle palle.
Gli Uroni ed i Neuroni si riuniscono attorno ad un ipotetico fuoco,
accumunati dal medesimo destino, si raccontano delle storie, che sono
delle leggende metropolitane. Ci sono momenti di orrore, di divertimento
ed insospettabile tenerezza.
Pinketts giallista o scrittore di Noir?
L'essere etichettato come giallista mi ha sempre dato fastidio. Il
giallista mi fa venire in mente
Agatha christie e la
classica ricerca di chi è l'assassino. Io non scrivo gialli, piuttosto
scrivo Noir.
Uso il metodo "Guido nella nebbia" e venendo da Milano mi sembra
appropriato. Parto dal titolo, so dove voglio arrivare ma non so come ci
arriverò. Il paradosso è sempre in agguato. Le mie storie sono nere,
sono pozzi senza fondo da cui può emergere qualsiasi cosa.
Sono storie di estrema contaminazione, non figlie della letteratura ma
di molti altri media, i fumetti, i film, i jux box, i flipper, della
televisione in bianco e nero e della televisione satellitare. Un
calderone quasi magico, un frullatore impazzito. La logica se ne va a
"ragazze leggere", cosa tutt'altro che disdicevole.
Contemplo lo spazio per la ferocia e lo spazio per il divertimento. Il
senso della frase ti permette di leggere un libro al di fuori della
trama con il divertimento di raccontare il circostante.
Vedo la lingua come qualcosa di libero, di giocoso, che ha
caratteristiche di seduttrice sotto un aspetto di inviolabilità
virginale.
Apro spesso le mie storie con delle ballate. Nell'Ultimo dei neuroni ho
pensato ad un vampiro che invece del sangue si nutriva di saliva.
La ballata si chiama "Passami la lingua" ed il vampiro si è tramutato in
un baciatore professionista.
La morte di Lazzaro di Sant'Andrea in
Fuggevole
turchese
Non ho mai pensato di sbarazzarmi di Lazzaro Sant'Andrea, non nella
maniera in cui Arthur conan doyle si sbarazzò di Sherlock Holmes.
Lazzaro non mi è antipatico e non ho bisogno di farlo morire per
liberarmi di un personaggio scomodo del mio immaginario, semplicemente
mi sembrava giusto farlo misurare con la morte. Si chiama Lazzaro ed il
suo nome non è stato dato a caso.
Il senso del vuoto
Il tempo è l'assoluto serial killer del disagio di vivere. Ho avuto modo
di sperimentare il sottile confine fra una vita normale ed una vita di
stenti. Il confine tra il bene ed il male, fra la normalità e la pazzia
è molto labile. I miei personaggi sono dei borderline che si mantengono
in equilibrio sulla lama della vita.
Il vuoto è il peggior nemico dell'uomo, per evitarlo lavori, ti sposi,
ti occupi dei bambini, fai una miriade di cose solo per evitare il senso
del vuoto.
Il vuoto è l'unica linea retta che non ha fine.
Quali sono i peggiori incubi che hai incontrato?
Luigi Chiatti, il mostro di Foligno, ho avuto la sfortuna di imbattermi
nella storia e di contribuire al suo arresto.
Molto diverso da Izzo, il mostro del Circeo, invalida il concetto del
mostro che si mostra. Izzo che dopo trent'anni commette un atto
altrettanto atroce non meritava di uscire dal carcere.
In fondo mi è quasi più simpatico Chiatti perchè si è rivalato: "Se
dovessi uscire dal carcere, anche fra vent'anni , colpirei di nuovo".
Ti sei definito nipote devoto di
Scerbanenco, in
cosa ha rappresentato una novità nel giallo e non solo?
Scerbanenco ha
rappresentato l'altra faccia della borghesia anni '60, fu un autore
atroce e sublime, doveva venire accolto tra la genia degli antropologi.
Vinsi un'edizione del premio Scerbanenco. Andai allo stabilimento Il
Gabbiano di Lignano Sabbiadoro ed ebbi l'onore di scrivere sul suo
stesso tavolinetto.
Per cosa sta la G. prima di Pinketts?
Per Genio.
Le traduzioni. Come vengono tradotti all'estero i doppi sensi ed i
giochi di parole dei tuoi libri?
Ho un ottimo rapporto col mio traduttore francese, a sua volta
scrittore, ad ogni dubbio mi telefona e mi presenta varie alternative
per tradurre la stessa frase. Ho provato a fare la stessa cosa con
l'editore tedesco, ma quando facevo il liceo linguistico avevo quattro
in tedesco e mi limito a dirgli sempre "Yah" per ogni cosa che mi manda.
Il noir come indagine della realtà, "La scuola dei duri".
Ho fondato nel '93 la "scuola dei duri" nella cantina-cripta del
"Boulevard Café" di Corso Garibaldi, due passi dal "Trottoir". Insegnai
ad esplorare la città attraverso il linguaggio più estremo che è quello
del crimine.
Scrivevamo negli anni '80 e nessuno ci pubblicava. Per fortuna la
maggiorparte di noi trovò la propria strada, compreso Salvi ed
Elio delle storie
tese.
Agli inizi degli anni '90 sono stato apripista con editori minori come
Castelvecchi, i primi editori che osavano pubblicare autori esordienti.
La socializzazione è il primo segno di civiltà. L'uomo primitivo diventa
civile quando incontra il bar.
Da uomo delle caverne diventa uomo delle taverne. |