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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Aldo Ettore Quagliozzi
I professori
pp. 194,
AndreaOppureEditore

Nel volume edito da ANDREA OPPURE, sarei tentata di affermare che l’abile autore Aldo Ettore Quagliozzi abbia scritto la sua autobiografia: infatti, anche se definisce argutamente il testo “memorie di altri insegnanti”, riportandone ampi stralci, il Nostro coglie di fatto il suo stesso respiro, la sua malinconica osservazione del ripetersi di situazioni paradossali e a volte tragicomiche, che inducono ad interrogarsi seriamente sui retroscena della professione dai più sottostimata se non addirittura vilipesa! Con estrema finezza egli ha infatti realizzato un prezioso lavoro certosino di valorizzazione delle molteplici esperienze scolastiche di altrettanti colleghi, che merita adeguata considerazione soprattutto per quanto concerne l’introduzione paradigmatica di tipologie umane d’insegnanti, rinvenibili a qualsiasi latitudine, in tempi diversi e - soprattutto - provenienti da qualsivoglia retroterra socio-culturale. Le personali e significative introduzioni a ciascuno dei capitoli, unite alla rara capacità di cogliere in nuce gli aspetti peculiari dell'altrui opera, rendono estremamente interessante e leggera la lettura. Il suo lavoro denota altresì spirito di osservazione e spiccata curiosità, doti prevalentemente "scientifiche", che sottendono una singolare assertività nei confronti dei colleghi nonché una rara capacità di estrapolare i tratti specifici di ciascuno, pur rispettandone i connotati. I capitoli aiutano a rinvenire gli aspetti immutabili della scuola, nonostante il susseguirsi delle “riforme” per migliorarla e il “fisiologico” cambiamento evidenziato durante gli anni di servizio degli autori stessi, poco e raramente ascoltati dalle Istituzioni. Mi permetto d'individuare un solo neo a proposito della tanto incensata Mastrocola, una vera saccente, prototipo di quella categoria di docenti che amano prevalentemente ascoltare se stessi! In virtù di quanto afferma Piaget “Intelligente è il comportamento che tende all'adattamento” non ho infatti gradito la lettura del suo libro di successo di cui si riportano stralci. Mi sono fatta un’idea a tal proposito, nel domandarmi perché troppi insegnanti si rispecchiano in lei: che ella stessa sia il prototipo della diffusa demotivazione? Una verifica oltremodo eloquente e sospetta. Segnalo quindi - con estrema gratitudine - la presentazione al dossier "Scuola di follia"(Armando 2005), redatta da Giovanni Bollea, illustre neuropsichiatria; nella sua breve e preziosa introduzione, il luminare definisce "delirio narcisistico" il diffuso atteggiamento ben descritto ne I PROFESSORI: "Molti insegnanti, però, commettono lo sbaglio di credere che i modi di vedere e le regole a cui essi stessi sono abituati, siano principi universali che tutti dovrebbero accettare." Un fatto è certo, già nel '700 alcuni pedagogisti sconsigliavano di prolungare gli anni d'insegnamento oltre i 10-15! Mi sorge il dubbio: e se avessero intuito ciò che è stato di recente scientificamente provato negli studi comparativi dello specialista Vittorio Lodolo D'Oria, incuriosito dall'innumerevole stuolo di richieste d'inabilità di altrettanti docenti affetti da psicopatie, quale membro del Collegio Medico all'INPDAP? Fu proprio dall’osservazione sistematica di quattro categorie di lavoratori, che decise di indagare maggiormente, procedendo a verificare, attraverso la paziente conta di migliaia di documenti, le dinamiche sottese nonché le gravi conseguenze dello stress reiterato. Scoprì la pericolosa inadeguatezza dei soliti luoghi comuni sull’evanescenza della rilassante professione part-time: il maggior rischio - in dati percentuali - di “disagio mentale” da usura psicofisica! Segnalo, nell’incipit del bel libro di Quagliozzi, il ricordo del personale risveglio, al termine della lunga navigazione scolastica: metafora estremamente pertinente giacché le procelle sono frequenti! Da rilevare, in numerose testimonianze, l'alternanza tra la dedizione passionale assoluta al lavoro/missione e l'apatico distacco ripetitivo del “far scuola”; si scorgono entrambi gli aspetti della "sindrome del burnout", nonostante questa rischiosa “condizione” sia citata unicamente nel capitolo V. L’epilogo è scontato e l'insegnate finisce - stremata - in biblioteca, dove si augura di vivere finalmente tranquilla dopo anni si evidente logoramento professionale. "Gli insegnanti conoscono il mondo? In quale forma in quale misura e con quali strumenti esso deve entrare nella scuola? Che cosa si deve porre al centro del fare scuola? Quale compito gli insegnanti possono vedersi affidato?". Mi permetto di concludere - volando alto - con l’immortale citazione del filosofo Antifone: “In tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso la malattia, come verso tutto il resto”. 

Milano, gennaio 2007

Anna Di Gennaro


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