Aldo Ettore Quagliozzi
I professori
pp. 194,
AndreaOppureEditore
Nel
volume edito da ANDREA OPPURE, sarei tentata di affermare che l’abile
autore Aldo Ettore Quagliozzi abbia scritto la sua autobiografia:
infatti, anche se definisce argutamente il testo “memorie di altri
insegnanti”, riportandone ampi stralci, il Nostro coglie di
fatto il suo stesso respiro, la sua malinconica osservazione del
ripetersi di situazioni paradossali e a volte tragicomiche, che inducono
ad interrogarsi seriamente sui retroscena della professione dai più
sottostimata se non addirittura vilipesa! Con estrema finezza egli ha
infatti realizzato un prezioso lavoro certosino di valorizzazione delle
molteplici esperienze scolastiche di altrettanti colleghi, che merita
adeguata considerazione soprattutto per quanto concerne l’introduzione
paradigmatica di tipologie umane d’insegnanti, rinvenibili a qualsiasi
latitudine, in tempi diversi e - soprattutto - provenienti da
qualsivoglia retroterra socio-culturale. Le personali e significative
introduzioni a ciascuno dei capitoli, unite alla rara capacità di
cogliere in nuce gli aspetti peculiari dell'altrui opera, rendono
estremamente interessante e leggera la lettura. Il suo lavoro denota
altresì spirito di osservazione e spiccata curiosità, doti
prevalentemente "scientifiche", che sottendono una singolare assertività
nei confronti dei colleghi nonché una rara capacità di estrapolare i
tratti specifici di ciascuno, pur rispettandone i connotati. I capitoli
aiutano a rinvenire gli aspetti immutabili della scuola, nonostante il
susseguirsi delle “riforme” per migliorarla e il “fisiologico”
cambiamento evidenziato durante gli anni di servizio degli autori
stessi, poco e raramente ascoltati dalle Istituzioni. Mi
permetto d'individuare un solo neo a proposito della tanto incensata
Mastrocola, una vera saccente, prototipo di quella categoria di docenti
che amano prevalentemente ascoltare se stessi! In virtù di quanto
afferma Piaget “Intelligente è il comportamento che tende
all'adattamento” non ho infatti gradito la lettura del suo libro di
successo di cui si riportano stralci. Mi sono fatta un’idea a tal
proposito, nel domandarmi perché troppi insegnanti si rispecchiano in
lei: che ella stessa sia il prototipo della diffusa demotivazione? Una
verifica oltremodo eloquente e sospetta. Segnalo quindi - con estrema
gratitudine - la presentazione al dossier "Scuola di follia"(Armando
2005), redatta da Giovanni Bollea, illustre neuropsichiatria; nella sua
breve e preziosa introduzione, il luminare definisce "delirio
narcisistico" il diffuso atteggiamento ben descritto ne I PROFESSORI:
"Molti insegnanti, però, commettono lo sbaglio di credere che i modi di
vedere e le regole a cui essi stessi sono abituati, siano principi
universali che tutti dovrebbero accettare." Un fatto è certo, già
nel '700 alcuni pedagogisti sconsigliavano di prolungare gli anni
d'insegnamento oltre i 10-15! Mi sorge il dubbio: e se avessero intuito
ciò che è stato di recente scientificamente provato negli studi
comparativi dello specialista Vittorio Lodolo D'Oria, incuriosito
dall'innumerevole stuolo di richieste d'inabilità di altrettanti docenti
affetti da psicopatie, quale membro del Collegio Medico all'INPDAP? Fu
proprio dall’osservazione sistematica di quattro categorie di
lavoratori, che decise di indagare maggiormente, procedendo a
verificare, attraverso la paziente conta di migliaia di documenti, le
dinamiche sottese nonché le gravi conseguenze dello stress reiterato.
Scoprì la pericolosa inadeguatezza dei soliti luoghi comuni
sull’evanescenza della rilassante professione part-time: il maggior
rischio - in dati percentuali - di “disagio mentale” da usura
psicofisica! Segnalo, nell’incipit del bel libro di Quagliozzi, il
ricordo del personale risveglio, al termine della lunga
navigazione scolastica: metafora estremamente pertinente giacché le
procelle sono frequenti! Da rilevare, in numerose testimonianze,
l'alternanza tra la dedizione passionale assoluta al lavoro/missione e
l'apatico distacco ripetitivo del “far scuola”; si scorgono entrambi gli
aspetti della "sindrome del burnout", nonostante questa rischiosa
“condizione” sia citata unicamente nel capitolo V. L’epilogo è scontato
e l'insegnate finisce - stremata - in biblioteca, dove si augura di
vivere finalmente tranquilla dopo anni si evidente logoramento
professionale. "Gli insegnanti conoscono il mondo? In quale forma in
quale misura e con quali strumenti esso deve entrare nella scuola? Che
cosa si deve porre al centro del fare scuola? Quale compito gli
insegnanti possono vedersi affidato?". Mi permetto di concludere -
volando alto - con l’immortale citazione del filosofo Antifone: “In
tutti gli uomini è la mente che dirige il corpo verso la salute o verso
la malattia, come verso tutto il resto”.
Milano, gennaio 2007
Anna Di Gennaro
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