Villa Falconieri, fra Storia e micro-storia
"L'Aleph?" ripetei. "Sì, il luogo dove
si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da
tutti gli angoli. (...)"
Ogni linguaggio è un alfabeto di simboli il cui uso presuppone un
passato che gli interlocutori condividono; come trasmettere agli altri
l'infinito Aleph, che la mia timorosa memoria a stento abbraccia?
I
mistici, in simili circostanze, son prodighi di emblemi: per
significar la divinità, un persiano parla d'un uccello che in qualche
modo è tutti gli uccelli; Alanus de Insulis, d'una sfera di cui il
centro è dappertutto e la circonferenza in nessun luogo; Ezechiele, di
un angelo con quattro volti che si dirige contemporaneamente a Oriente
e a Occidente, a Nord e a Sud. (...)
D'altronde, il problema centrale è insolubile: l'enumerazione, sia
pure parziale, d'un insieme infinito. In quell'istante gigantesco, ho
visto milioni di atti gradevoli o atroci; nessuno di essi mi stupì
quanto il fatto che tutti occupassero lo stesso punto, senza
sovrapposizione e senza trasparenza.
Quel che videro i miei occhi fu
simultaneo: ciò che trascriverò, successivo, perché tale è il
linguaggio. (....)
Jorge Luis Borges, L'Aleph, Milano, Feltrinelli, 1961 (El Aleph,
1952, trad. di Francesco Tentori Montalto)
Antonio Sassone,
Villa
Falconieri - Dalla borghesia nobiliare alla periferia del sapere -
Nobili e ignobili, Roma, Armando, 2002
|
E' un fatto: spesso gli
edifici sopravvivono agli uomini che li hanno realizzati e vissuti.
Costruzioni, palazzi, ville, muti testimoni del nostro divenire,
osservano silenziosi le incessanti vicissitudini dei loro artefici.
In alcuni di essi la Storia - quella maiuscola - si affaccia più
volte direttamente o indirettamente lasciando, talvolta, profonde
cicatrici sulle loro mura.
Si può allora immaginare un cambio di prospettiva che ci consenta
di osservare il passare dei secoli da un unico angolo di
osservazione, un po' come l'Aleph sognato da Borges in un
angolo nascosto nelle cantine di un palazzo in procinto di essere
demolito in via Garay a Buenos Aires.
E' questa la chiave di lettura che ci piace seguire per
analizzare i due volumi (fra l'altro molto diversi fra loro) di cui
si compone "Villa Falconieri - Dalla borghesia nobiliare alla
periferia del sapere" (2002), scritto da Antonio Sassone e
pubblicato dall'editore Armando. |
Antonio Sassone,
Villa
Falconieri - Dalla borghesia nobiliare alla periferia del sapere -
Effetto Tantalo, Roma, Armando, 2002
|
L'autore, insegnante e
preside, già ricercatore del CEDE, oggi in pensione, ha interamente
dedicato questo libro - che non avrebbe mai visto le stampe "(...)
se un ex-operaio italiano emigrato in Germania sul finire degli anni
Cinquanta, non ne avesse finanziato la pubblicazione" (vol.II, p.16)
- a Villa Falconieri, vista non tanto come struttura architettonica
quanto come espressione di un "sorprendente Genius Loci" che, a
cavallo dei secoli, ha contraddistinto e caratterizzato quanti hanno
vissuto ed operato fra le sue pareti.
"Villa Falconieri costituisce oltre
che materia di ricerca storica, oggetto di un'attenzione letteraria
nascosta tra le pagine. Visto, ora come patrimonio di una famiglia,
ora come sede di prestigiosi istituti
nazionali e internazionali, ora come oggetto di contesa tra nobili e
discendenti di pontefici, l'edificio borrominiano
(e forse, prima, michelangiolesco) è il protagonista proteiforme
della storia, un protagonista che attraversa gli eventi come un
fantasma, avvicina gli uomini alle opere, consente di superare la
frammentarietà della narrazione storica e di stabilire una
continuità tra fatti, eventi e vicende variamente dislocati nel
tempo e nello spazio e non ordinati secondo una rigida regola di
successione cronologica, ma ricostruiti su base tematica intorno
alla unicità e alla stabilità del monumento architettonico
e delle sue adiacenze ambientali." (vol. I, p. 17)
|
Il sottotitolo dell'opera, "Dalla
borghesia nobiliare alla periferia del sapere", "richiede
qualche
chiarimento: l’espressione composta
borghesia nobiliare, ignota alla pubblicistica
storiografica , è stata usata per
designare quei ceti
sociali che dall’età dei Comuni fino alla Rivoluzione francese
hanno assunto gradualmente i titoli distintivi e i comportamenti
parassitari della Nobiltà di sangue, finendo con il condividerne
anche il destino di decadenza.
L’espressione periferia del sapere è una parafrasi
ricavata da un classico della Sociologia ;
essa intende rappresentare l’ultima destinazione sociale,
in ordine di tempo, di Villa Falconieri e, insieme, l’ubicazione
sociologica, culturale e topografica
dei cosiddetti "comandati" : un'élite spuria,
professionalmente oscillante tra mandarinato marginale e
volontariato di parrocchia , reclutata dalla categoria degli
insegnanti medi -
"proletariato periferico del sapere" (C. Wright
Mills)." (vol. I, p. 15)
Villa Falconieri, come edificio, ha una sua
proto-storia: sulle rovine dell'antica villa romana dei Quintilii (II
sec. d.C.), sorge nel medioevo la Chiesa di Santa Maddalena, da cui
prende nome il luogo sul quale viene edificata, durante il pontificato
di Paolo III (1534 - 1549), forse con il contributo di Michelangelo
Buonarroti, una dimora fortificata per il Papa, Villa Ruffina,
che ospiterà, fra gli altri, la famiglia Cenci (immortalata dal dramma
di Artaud).
Solo nel 1628, con l'acquisto da parte di Orazio I,
la villa acquisirà il nome della casata dei Falconieri che, fattala
ridisegnare dal Borromini, ne rimarrà proprietaria per generazioni fino
al 1859 con l'ultimo discendente Chiarissimo.
Con i Falconieri, mercanti e commercianti prima, nobili ed alti prelati
poi, la villa assurgerà a centro di riferimento politico e sociale per
la storia italiana e consoliderà la sua 'vocazione' europea ed
internazionale.
Alla fine della prima guerra mondiale la villa,
divenuta dal 1907, dopo alterne vicende, proprietà del Kaiser Guglielmo
II di Hoenzollern, entrerà a far parte definitivamente del demanio dello
stato.
Dopo il rifiuto di D'Annunzio (al quale Mussolini
voleva offrirla al simbolico canone annuale di "una lira")
[*], diventerà sede di enti
nazionali ed internazionali: l'IICE (Istituto Internazionale per la
Cinematografia Educativa, 1928-37, diretto da Luciano De Feo), l'INRE
(Istituto Nazionale per le Relazioni con l'Estero, 1938, diretto sempre
da Luciano De Feo), il CDN (Centro Didattico Nazionale) poi CEE (Centro
Europeo dell'Educazione, 1959-73, diretto da Giovanni Gozzer), il CEDE
(Centro Europeo dell'Educazione, 1974-99, dal 1979 presieduto da Aldo
Visalberghi) e, oggi, l'INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione
del Sistema di Istruzione).
A questi enti, che intrecciano la propria storia con
quella della scuola italiana nel secondo dopoguerra, ma in particolare
alla periferia del sapere rappresentata dai ricercatori comandati
presso gli stessi e sottoposti a quell'effetto Tantalo (pp. 121 e
seguenti) richiamato dal sottotitolo, è dedicato il secondo volume
dell'opera.
"Gli uomini, i fatti e le istituzioni sopra
elencati sono degni di indagine storica? Più in particolare, è utile
un’analisi storicamente orientata, dei rapporti costi-benefici
riferiti alle attività istituzionali di enti pubblici operanti nel
settore educativo? La collettività su cui grava il peso del
mantenimento in vita di tali istituzioni ha il diritto di conoscere i
risultati prodotti dagli investimenti delle risorse pubbliche e la
contropartita delle rinunce che la stessa collettività ha dovuto
sopportare per destinarne i frutti agli enti pubblici?" (vol. II,
p. 16)
Così l'autore; a noi lettori il piacere di rispondere
affermativamente, ricomponendo, suo tramite, i frammenti di una storia
che diversamente sarebbe rimasta sepolta dal tempo ed augurandoci, con
lui, che anche sulle vicende future che la vedranno protagonista "(...)
il Genius Loci di Villa Ruffina (...) non
cesserà di vigilare." (vol. I, p.20)
[*] Questa la
risposta di D'Annunzio all'offerta del Duce: "Voglio pensare che
chiedendomi così inaspettatamente una lira, Tu intenda in lirico
contraccambio, la mia lira di sette corde. Stop. Io ho quel che ho
donato e non ho mai e non voglio mai avere quel che mi è donato e
condonato".
Nobili e
Ignobili
di Antonio Sassone
Effetto Tantalo
di Antonio Sassone
Recensioni
Nando Elmo
Luciano Corradini
Simone Mercanti
Mauro Laeng
Claudio Bucciarelli
Maurizio Tiriticco |