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Foto dal futuro di Mario Naldini A distanza di circa due anni dalla pubblicazione di “Per un orientamento narrativo” Federico Batini e Renato Zaccaria offrono alla lettura un prezioso contributo sul tema della formazione e dell’orientamento secondo la metodologia narrativa. Il volume è anche l’occasione per tenere a battesimo una nuova collana, diretta dallo stesso Federico Batini per la casa Editrice Zona, Sinergika, che si propone di favorire ed accogliere contributi e sinergie per lo sviluppo di riflessioni e ricerche in ambito formativo. Il volume, curato da F. Batini e R. Zaccaria con introduzione di Andrea Smorti, affronta la questione dell’orientamento normativo, secondo il paradigma narrativo ed autobiografico. Il testo è la storia del progetto omonimo e ripercorre l’originale esperienza di auto-orientamento vissuta con alcune decine di studenti provenienti da quattro istituti di scuola superiore di Arezzo e provincia ed offre elementi di analisi e riflessione di particolare novità ed interesse. I protagonisti, seguendo un “canovaccio” autobiografico e narrativo sono stati chiamati a delineare il proprio futuro, partendo dall’analisi delle rispettive storie ed esperienze, delle rispettive aspirazioni e dei sogni coltivati e sovente inespressi. In Foto dal Futuro le metodologie e le tecniche innovative stimolano e favoriscono la riflessione e la comunicazione necessarie affinché le ricchezze inespresse - i sogni e le aspirazioni di ognuno - acquistino progressivamente la caratteristica di progetto descritto di volta in volta con la comunicazione nelle sue possibili espressioni, da quella verbale a quella grafica. Restano indimenticabili, per chi ha avuto la preziosa opportunità di partecipare alla presentazione del lavoro, agli inizi del 2002, le “foto” realizzate dai partecipanti al progetto, ovvero la rappresentazione in forma grafica della propria realizzazione nel futuro. Foto da Futuro è un libro che sprigiona un’intensa attenzione rivolta ai giovani e che si impone al lettore coinvolgendolo sino a fargli rivivere il contatto con i protagonisti. E’ un’attenzione sensibile, acuta, a tratti accorata, che riesce, con mirabile perizia comunicativa, a sintonizzarsi allo stesso tempo con gli adolescenti - che vi ritrovano se stessi - e con gli adulti, soprattutto se genitori - che vi ritrovano non solo le incertezze, le aspirazioni, le fragilità, i sogni, i disagi dei loro figli, ma che vi trovano anche una sollecitazione di straordinaria forza a comprendere e a partecipare al complesso processo di elaborazione del loro singolare autonomo progetto. Quando la scuola riprende senso: La scuola che voglio La scuola che voglio Interventi di: Federico Batini; Danilo Benci; Livia Bruscaglioni; Anna Maria Cetorelli; Maria Luisa Iavarone; Claudio Melacarne; Angela Mongelli; Renato Zaccaria di Gloria Capecchi “La scuola è luogo di sosta. Da sempre i sistemi scolastici si assumono il debito di chiedere ai ragazzi migliaia di ore della loro vita. […] La scuola pubblica dovrebbe essere il luogo della restituzione, il luogo dove le ineguaglianze sociali, culturali, economiche conoscono una pausa e sono combattute, dovrebbe essere il luogo nel quale, tramite l’azione didattica, vengono aumentate le chance di democratizzazione della società, un senso viene costruito o restituito. Quando la scuola diventa invece il luogo della selezione, il luogo del sopruso e dell’esasperazione dei confronti, delle divaricazioni e dei conflitti, non soltanto abdica alla propria missione, ma si investe di uno scopo contrario a stessa.” Federico Batini introduce e cura un volume “caldo” che esprime un punto di vista del quale, a fronte dei rischi di standardizzazione e/o mercificazione (e processi relativi di privatizzazione) della scuola, vi era un reale bisogno nel panorama editoriale italiano sull’educazione. Il volume contribuisce ad arricchire di spunti teorici, documentali ed operativi un dibattito che si sta guadagnando urgentemente un posto di primo piano all’interno delle emergenti riflessioni sui profondi cambiamenti sociali che stanno ridisegnando i percorsi di vita delle società occidentali, quello sul ruolo delle istituzioni scolastiche nell’era dell’economia della conoscenza. Nato nell’occasione di un progetto di ricerca-azione sul disagio e sulla dispersione scolastica attuato in collaborazione con l’Amministrazione Provinciale e con l’Istituto Professionale IPSIA Margaritone di Arezzo, il volume si rivolge allo stesso tempo agli studenti, agli insegnanti, ai formatori ed ai cittadini, costituendo anche un utile complemento e fonte di documentazione per i ricercatori interessati a queste tematiche. Il volume è però arricchito ulteriormente da contributi importanti, di altissimo livello che mentre contribuiscono a stabilire un alfabeto comune su disagio e dispersione scolastica introducono anche, in modo innovativo, una serie di teorie che, sperimentate anche in altri contesti, possono contribuire a “leggere” i fenomeni del disagio e della dispersione scolastica in un’ottica ampia e, soprattutto, nell’ottica di sperimentare modalità di soluzione dei fenomeni medesimi. L’esperienza di progetti, di metodi e sui metodi, attuati in contesti non nuovi alle sperimentazioni didattiche, crea l’occasione per la sintesi di riflessioni più generali che coinvolgono l’intero mondo delle istituzioni scolastiche, genitori e funzionari compresi. La parte iniziale di inquadramento teorico cerca di fare ordine nel dibattito sulla dispersione e sul disagio scolastico consentendo una definizione di alcuni termini, la delineazione di alcune chiavi di lettura, l’accostamento innovativo di teorie e metodologie con forte fecondità interpretativa ed anche alcune sollecitazioni in ordine all’attuale condizione dell’educazione pubblica in Italia. Forte di contributi autorevoli il fenomeno dispersione e disagio viene inquadrato un po’ da tutte le angolature, sia in ordine ai problemi, sia in ordine alle proposte di soluzione: dalle cornici teoriche sino alla formazione degli insegnanti. La seconda parte testimonia dell’impostazione teorica, della struttura e delle modalità attuative e delle metodologie utilizzate in un progetto che ha avuto la capacità di far emergere i bisogni degli alunni: essi vivono in prima persona una stagione di eccezionali mutamenti culturali dotati di non molti strumenti critici per gestirsi e operare delle scelte in queste dinamiche di cambiamento. Di qui l’interrogativo, sorto in fase di progettazione dell’intervento, quale potrebbe essere, dunque, la scuola che gli studenti vogliono, come far emergere i loro bisogni, desideri e progetti nei confronti della scuola, come consentirgli comunque di pensare possibile una progettazione personale all’interno della scuola? La scuola che voglio, infatti, come dice lo stesso curatore è un titolo “imperativo”, un titolo che sottintende la volontà di recepire il punto di vista degli alunni, di chi spende ore ed ore della propria vita dietro un banco di scuola ed intende farlo comprendendone motivazioni e costruendoci attorno significati e senso. La terza ed ultima parte assolve l’utile funzione di rendere pubblici dei materiali di lavoro e di ricerca per insegnanti, formatori ed orientatori che, con grande costanza, lavorano all’interpretazione ed alla costruzione del lavoro della scuola per la scuola, questi materiali risultano anche molto interessanti come campione di analisi di un gruppo di giovani e assumono caratteri dall’ironico, all’espressione del disagio, divertenti in alcuni casi in altri suscitano una profonda riflessione. “La dispersione e il disagio scolastico sono fenomeni a tutti evidenti, assunti, in alcuni momenti, anche come elementi di emergenza politica, mai però definitivamente affrontati e debellati. […] Una cultura della prevenzione richiede molta fatica, grossi investimenti in denaro e in formazione, una profonda riflessione e autocritica della scuola”. E se la scuola fa fatica a mutare per adattarsi ai grandi cambiamenti in corso nella cultura, la ragione avrà pure una componente sociale che la riavvicina ai suoi stessi attori: insegnanti, famiglie, educatori, alunni. Ed è a questi ultimi, ma non solo, che si sono rivolti i responsabili del progetto e gli esperti intervenuti nel volume, per azzardare una serie di domande che riguardano, appunto, La scuola che voglio e per fornire anche alcuni possibili percorsi di risposta. «Il disagio e la dispersione scolastica, occorre ricordarlo, sono, principalmente, guardati dagli occhi di chi ne è “vittima” una difficoltà ad abitare uno spazio che non si avverte confacente. La sensazione di un vestito cucito con misure sbagliate comporta un disagio, un fastidio, una reazione di imbarazzo in alcuni (chissà come mi vedono gli altri), di rabbia in altri (è colpa di…)… Un vestito cucito male non offre comunque una sensazione di agio, star bene a scuola significa sentirsi in un ambiente significativo, da molti punti di vista, da quello della stimolazione cognitiva (o che perlomeno attivi curiosità) a quello affettivo relazionale (che deve avere significatività nella relazione con gli insegnanti, certo, ma anche nelle relazioni con i pari e con tutti coloro che in quell’ambiente insistono), a quello propriamente ambientale (dalla luminosità alla presenza di attrezzature), a quello del contributo alla strutturazione identitaria (trovo modelli, - perché identificarsi è ‘essere come’, es. io sono come te… - trovo proposte valoriali soddisfacenti, risposte alle domande che mi pongo? trovo strumenti per rispondervi?). Quando questi ed altre condizioni non sono soddisfatte, la scuola diventa disagio, diventa luogo nel quale non si sta a proprio agio, luogo di ansie, di tensioni, di frustrazioni, di incidenti critici, pure, si deve starci, obbedendo a delle regole, sottoponendosi a verifiche… La scuola appare allora una specie di macro rito fusionale nel quale si chiede a ciascuno di rinunciare alla propria identità specifica per acquisirne una di massa che restituisce soltanto l’appartenenza, l’inclusione, non ad un gruppo di pari, non all’attualità delle relazioni scolastiche, governate da ben altre regole e da altri riti, ma un’inclusione promessa, futura, nella società, come una scommessa che chiede però un investimento ingente immediato.» (F. Batini, in La scuola che voglio). Comunità d’apprendimento
di Danilo Benci Comunità d’apprendimento è il terzo volume della collana di formazione, orientamento e consulenza dal significativo nome di Sinergika, una collana editoriale diretto da Federico Batini che deve il suo nome alla fusione delle esperienze, delle relazioni, delle energie di due agenzie formative (Pratika di e Formatica) e dell’editore Zona; Sinergika è una collana che, ad oggi, ha visto pubblicare i volumi Foto dal Futuro e La scuola che voglio, testi nati come risultanze finali di progetti d’orientamento e formazione rivolti all’ambito scolastico, testimonianze dirette di realizzazione progettuale, ma anche riflessioni teoriche (sull’orientamento narrativo il primo, sul disagio e la dispersione scolastica il secondo) e testi di feconda consultazione per chi voglia operare nel mondo della formazione e dell’orientamento. Su quest’onda, nasce "Comunità d’apprendimento", un testo che raccoglie e sintetizza originalmente le ultime esperienze teorico-pratiche nel campo della formazione, della sociologia delle organizzazioni e della psicologia del lavoro. Il volume, scritto a quattro mani da Federico Batini ed Andrea Fontana, si presenta a metà tra il saggio e il manuale pratico per quanti sentano la necessità di capire meglio se stessi all’interno della comunità, per quanti sentano il bisogno di mettersi sempre in discussione dal punto di vista professionale; tale risultato deriva dal fatto che chi scrive è esperto non soltanto di orientamento e formazione a trecento sessanta gradi, ma ha fatto della propria esperienza professionale, legata a migliaia di ore trascorse a contatto con le più svariate comunità in formazione, elemento fondante delle proprie teorie. Il saggio si incentra sul ribaltare l’idea, spesso sbagliata o quanto meno fuorviante, maturata in Italia in secoli di processo pedagogico, che l’apprendimento, la formazione ed il processo educativo debbano essere frutto delle esperienze del singolo ed essenzialmente appannaggio di un’elaborazione personale, risultato di una crescita individuale. In Comunità di apprendimento, al contrario, si porta avanti il concetto, maturato soprattutto in altri Paesi, che apprendimento e comunità possano procedere parallelamente, anzi che si rinforzino reciprocamente. La formazione, quindi, è vista, nel saggio, come crescita cooperativa e reciproca tra gli individui componenti un gruppo, una struttura lavorativa, una classe scolastica, una comunità costruita ad hoc, una comunità di apprendimento appunto. Il lettore che provasse, infatti, ad immaginare la società che ci circonda come una stanza e, all’interno di questa, provasse a collocare un avvocato, un medico, un ingegnere, un educatore, un’infermiera, un commercialista, un architetto, un manager, una colf, un magistrato, capirebbe, come, ad oggi, tutte le competenze necessitino di formazione continua e come questa sia da effettuarsi sempre più all’interno della comunità in cui si vive, laddove cioè vi sia anche la possibilità di mescolare, fecondare reciprocamente le competenze. Il libro non si propone di parlare di lavoro, ma tenta di far capire come i lavori che si pluralizzano e si diversificano nella post modernità, nei nostri tempi fatti di molte appartenenze e cambiamenti ricorrenti, si possano relazionare in modalità differenti da quelle attuali e come i soggetti possano diventare protagonisti dei propri processi di apprendimento. E’ proprio una di queste modalità, che è stata chiamata comunità d’apprendimento, ad essere al centro dell’interesse del volume che è, sì, un libro per addetti ai lavori, ma anche un testo per quanti, più semplicemente, sentano in sé, la necessità di una vita fatta di formazione continua… e di comunità. Comunità d’apprendimento
di Leonardo Lambruschini Comunità d’apprendimento è un volume che attrae, già dal titolo, già dal formato, agile, elegante. La letteratura e la pubblicistica sull’apprendimento in questi ultimi anni ha, con forza, insistito sulle modalità cooperative e comunitarie di apprendimento, quasi un ritorno a modalità originarie. Comunità d’apprendimento è però un volume non semplicissimo: terzo della collana Sinergika (nome significativo anche in relazione a questo testo) dedicata alla formazione, all’orientamento, alla consulenza; Sinergika è una collana che, ad oggi, ha visto pubblicare infatti i volumi Foto dal Futuro e La scuola che voglio, testi nati in relazione all’orientamento narrativo il primo, al disagio ed alla dispersione scolastica il secondo, testi di feconda consultazione per chi voglia operare nel mondo della formazione e dell’orientamento, ma anche ricchi e dotati di analisi di esperienze e di strumenti. In questa linea “Comunità d’apprendimento” trova un terreno fertile, questo è un testo che raccoglie e sintetizza originalmente le ultime esperienze teorico-pratiche nel campo della formazione, della sociologia delle organizzazioni, dell’educazione degli adulti e della psicologia del lavoro. Il volume, scritto a quattro mani da Federico Batini ed Andrea Fontana, si presenta a metà tra saggio e manuale per quanti sentano la necessità di comprendere meglio se stessi all’interno di una comunità, sia essa professionale o meno, per quanti sentano, comunque, il bisogno di mettersi sempre in discussione dal punto di vista professionale: il volume ha una duplice luce, una luce organizzativa-professionale ed una luce scientifica, questo peculiare risultato deriva dal fatto che i due autori combinano le proprie esperienze di orientamento, di consulenza e formazione vissute, in entrambi i casi, sia in accademia che sul campo. Si tratta infatti qui di due giovani (ma già affermati da alcuni anni) studiosi che combinano ad un’esperienza professionale, legata a migliaia di ore trascorse a contatto con le più svariate comunità in formazione (elemento che trasparisce dalle teorie elaborate) esperienza accademica e di studiosi capaci di contaminazioni disciplinari. Il saggio si incentra sul proporre un’idea alternativa, a quella, quanto meno fuorviante, maturata in Italia in secoli di processo pedagogico, che l’apprendimento, la formazione ed il processo educativo debbano essere esclusivamente frutto delle esperienze del singolo ed essenzialmente appannaggio di un’elaborazione personale, risultato di una crescita individuale. In Comunità di apprendimento, a questo indubbio pilastro si salda il concetto, maturato soprattutto in altri Paesi, che apprendimento e comunità possano procedere parallelamente, anzi che si rinforzino reciprocamente e che nella comunità e nella socializzazione degli apprendimenti, nella reciprocità e contaminazione delle esperienze si rafforza e si arricchisce quanto è avvenuto al livello individuale. La formazione, quindi, è vista, nel saggio, come crescita cooperativa e reciproca tra gli individui componenti un gruppo, una struttura lavorativa, una classe scolastica, una comunità costruita ad hoc, una comunità di apprendimento appunto. Il lettore che provasse, infatti, ad immaginare la società che ci circonda come una stanza e, all’interno di questa, provasse a collocare un avvocato, un medico, un ingegnere, un educatore, un’infermiera, un commercialista, un architetto, un manager, una colf, un magistrato, capirebbe, come, ad oggi, tutte le competenze necessitino di formazione continua e come queste trovino sempre più all’interno della comunità la possibilità di mescolare, fecondare reciprocamente le competenze. Il libro non si propone di parlare di lavoro, ma tenta di far capire come i lavori che si pluralizzano e si diversificano nella post modernità, nei nostri tempi fatti di molte appartenenze e cambiamenti ricorrenti, si possano relazionare in modalità differenti da quelle attuali e come i soggetti possano diventare protagonisti dei propri processi di apprendimento. E’ proprio una di queste modalità, che è stata chiamata comunità d’apprendimento, ad essere al centro dell’interesse del volume che è, sì, un libro per addetti ai lavori, ma anche un testo per quanti, più semplicemente, sentano in sé, la necessità di una vita fatta di formazione continua… e di comunità. Interessante, in conclusione, anche l’appendice bibliografica curata da Gloria Capecchi. Un libro da non perdere per chi si interessa di apprendimento, di organizzazioni, ma anche per chi si occupa di educazione e/o formazione. |
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