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Per una cultura della canzone di Antonio Stanca Due giornalisti, Giovanni Straniero e Mauro Barletta, hanno di recente pubblicato "La rivolta in musica" (ed. Lindau) che contiene le ricerche da loro condotte per dimostrare l’importanza, nella storia della musica "leggera" italiana, dell’attività svolta, negli anni ’50, dal gruppo musicale torinese detto "Cantacronache" ed in particolare dal cantante, autore, musicista, saggista, poeta Michele Luciano Straniero (1936-2000), zio di uno dei giornalisti e figura di rilievo all’interno del gruppo. Nel volume, inoltre, sono riportate, tra molte altre, le interviste fatte ad alcuni cantautori presenti sulla scena musicale italiana dagli anni ‘60 ai nostri giorni e che hanno riconosciuto di essere stati influenzati da "Cantacronache" e da Michele L. Straniero. Pertanto continuamente intramezzato risulta il libro nell’esposizione a causa della frequente comparsa dei documenti, in prevalenza interviste, addotti a dimostrazione di quanto sostenuto. Sembra di leggere un’opera nel suo farsi, di procedere insieme a chi l’ha scritta, di partecipare dell’operazione tanto essa è mossa nei contenuti e familiare, confidenziale nella forma. Ad una scoperta graduale e continua è chiamato il lettore, a sapere quanto avveniva all’interno del gruppo di "Cantacronache" tra Michele Straniero, Fausto Amodei, Sergio Liberovici ed altri compositori e musicisti: riunioni, progetti, esecuzioni private e pubbliche, viaggi, cene, diverbi. Tra tale movimento il gruppo ebbe il merito di liberare la nostra canzone, che aveva radici nei primi secoli dell’era romanza, nelle ballate, nei giullari, nei cantastorie, dalle languidezze, sentimentalismi, facili melodie che al momento la caratterizzavano e trovavano espressione in manifestazioni quali i Festival di Sanremo. Da parte dei "Cantacronache" si voleva una "canzone impegnata" nel civile, sociale, politico, una canzone di polemica, protesta, capace di denunciare i soprusi, le ingiustizie e riscattare gli umili, i deboli, i poveri dal gioco dei potenti, il popolo da quello dei suoi governatori. Come in politica si tendeva, in quegli anni, a considerare e rivalutare la condizione popolare risultata ancor più immiserita dalle gravi conseguenze della guerra mondiale, come nella letteratura e nel cinema ci si era orientati ad impegnarsi nel reale, nel quotidiano e si era giunti alla formazione della corrente neorealista, così nella musica, detta extra-accademica o extra-colta o leggera per distinguerla dalla colta o classica, si attingeva dalla vita, dalla realtà, da quanto vi accadeva, da cosa si pensava, da come si parlava: era l’atmosfera del momento! In simile contesto la figura e l’opera di Michele Straniero risultarono determinanti giacché egli non era soltanto un cantante o musicista o compositore ma anche uno studioso, un ricercatore, un etnologo, un esperto conoscitore di ambienti, usi, costumi, lingue popolari. Aveva studiato il folklore, le tradizioni, i dialetti di tante zone d’Italia e il suo contributo al gruppo torinese è stato molto importante giacché lo sensibilizzò sia verso il bisogno di dire in musica quanto avveniva nella realtà d’ogni giorno sia verso il recupero, tramite la canzone, di quanto d’italiano popolare, dialettale esisteva nella nostra nazione e nel quale andava cercato il nostro documento d’identità. Un fatto culturale diviene la canzone con Straniero, un’espressione che acquista il diritto, la dignità di altre già lungamente e ampiamente riconosciute, la possibilità di rappresentare, insieme a queste, gli umori di un’epoca e di continuare a valere per sempre. E’ questo il proposito che anima gli autori del libro, dimostrare come il lavoro dello Straniero non sia da ridurre al momento torinese ma da estendere alla storia della canzone italiana, da identificare con una svolta essenziale da essa registrata e col suo inserimento nell’ambito delle attività culturali. Dopo "Cantacronache", durato soltanto alcuni anni, l’operazione si trasferirà a Milano, assumerà il nome di "Nuovo Canzoniere Italiano", sarà condotta da altri musicisti e compositori ma identici a quelli dei torinesi rimarranno gli obiettivi. Cresceranno i rapporti, gli scambi con i contemporanei autori di letteratura, con registi cinematografici e teatrali, insorgeranno molti ostacoli sia presso il pubblico sia presso la critica essendo entrambi impreparati riguardo alla novità rappresentata dalla "canzone impegnata". Anche in queste circostanze ed anche a Milano Straniero continuerà ad essere presente, ad agire, a valere. A volte la sua azione non sarà molto evidente, avverrà dietro le quinte o nel privato o tra una ristretta cerchia d’amici ma gli esiti saranno sempre rintracciabili al punto che non ci sarà fino ad oggi nessun autore o esecutore di "canzone impegnata" che non riconosca di aver risentito della lezione di Straniero. Questa è l’indiscussa verità che emerge dalle numerose interviste contenute dal libro e che pone Straniero nella posizione del maestro di una maniera, di una tendenza che non scomparirà più. E’ mezzo secolo di storia che i due giornalisti-autori fanno scorrere nel libro attraverso la lente musicale ed è Michele Luciano Straniero che fanno emergere ad ogni passo di tale cammino sicché anche per chi lo conosceva appena egli assume l’importanza di un personaggio del quale non può essere trascurata la funzione, la validità di un protagonista. |
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