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Una donna per le donne di Antonio Stanca E’ morta nel 2007, a settantacinque anni, la scrittrice brasiliana Heloneida Studart e il governatore di Rio de Janeiro ha ordinato tre giorni di bandiera a mezz’asta per ricordare l’attività letteraria e politica della Studart eletta sei volte deputato per il Partito dei lavoratori. Dal 1978 essa aveva aderito al partito ma già prima aveva fatto politica e giornalismo a favore dei poveri e diseredati, da quando da Fortaleza, sua città natale, si era trasferita a Rio de Janeiro per sottrarsi ai rigori di una famiglia illustre e conservatrice. Negli anni della dittatura aveva subito la censura e il carcere ma non aveva smesso di agire, nella vita e nell’opera, contro tutto ciò, costume, società, istituzioni, che in Brasile si oppone alla libera espressione degli umili, degli oppressi ed in particolare delle donne. Dietro le apparenze, la bellezza dei luoghi, l’interesse turistico, i chiari segnali di progresso, permangono in Brasile condizioni di vita, situazioni sociali ancora molto arretrate. La donna è una delle maggiori vittime di questo fenomeno e la Studart è stata una delle sue maggiori interpreti. E’ stata lei ad avviare il movimento femminista brasiliano, a proporsi di riscattare la donna da secoli di sudditanza all’uomo, è stato questo l’obiettivo principale della sua esistenza, vi ha lavorato come donna e come scrittrice, in politica e nei romanzi. Tra questi molto riuscito è “Francobollo d’addio”, scritto nel 2000 e comparso ora in Italia per i tipi di Marcos y Marcos con la traduzione dal portoghese di Amina Di Munno. Ancora una volta una storia di donne, una denuncia di quanto esse soffrono in quel Brasile generalmente presentato come terra d’incanto. Nell’opera si dice di due sorelle, Mariana e Leonor, entrambe vittime prima di una famiglia importante poi di un matrimonio di convenienza che non permette loro di esprimersi, di soddisfare i propri bisogni, le proprie aspirazioni, di vivere come vorrebbero. Più ampia che in altre opere riesce in questa la Studart poiché presenta una delle protagoniste, Mariana, come lettrice di un vecchio diario scritto anni prima da una zia, Maria das Graças, che pure aveva patito i limiti imposti dall’ambiente famigliare ed era morta suicida dopo aver assistito alla fine della bellissima sorella Melba avvenuta per tubercolosi contratta nel riformatorio dove la famiglia l’aveva rinchiusa perché era contravvenuta alle sue regole. Di una vicenda vecchia e di una nuova scrive la Studart di questo romanzo, di una dei primi anni del Novecento e di un’altra degli ultimi ma sempre di una vicenda di donne rifiutate, condannate dalla famiglia per aver tentato di essere diverse da essa. Alternando, nella narrazione, i brani del diario letti da Mariana con le più recenti esperienze da essa vissute insieme a Leonor, la scrittrice unisce le pene delle zie a quelle delle nipoti, mostra come in Brasile la donna sia stata esposta prima e dopo, nella vecchia e nella nuova generazione, al pericolo dell’incomprensione, al rischio della punizione. Come le zie anche Mariana e Leonor lotteranno contro i conformismi, i pregiudizi, una ucciderà il marito ma niente cambierà il loro stato ed a vincere sarà sempre il sistema. Questo la scrittrice vuole mostrare, vuol dire che valgono ancora in Brasile principi, regole provenienti dal passato più remoto, che la donna brasiliana è stata ed è sacrificata ad un ambiente esclusivamente maschilista. Per lei la giustizia, la legge sono quelle della casa, della famiglia, ad esse deve obbedire e niente viene in suo soccorso. Completo è il quadro del Brasile che la Studart fa affiorare mediante la particolarità dei casi presentati: ci sono il passato e il presente, la tradizione e l’innovazione, la fantasia e la realtà, l’ordine e il disordine, la politica e l’economia, la ricchezza e la povertà, la cultura bianca e di colore, la società e l’individuo, l’amore e la passione, la prostituzione, il sesso, l’odio, la violenza. E’ un movimento che diviene complesso e mai confuso poiché la scrittrice sa svolgerlo nei vari frangenti e aspetti, sa aderire ad ognuno di questi con la lingua che richiede, sa essere vera, autentica. Di quanto scrive la Studart può essere stata spettatrice o aver avuto testimonianza diretta o studiato la storia. Documenti sembrano, infatti, a volte i suoi lavori, storici i suoi romanzi ma non rinunciano a penetrare nel soggetto, di storia trattano ma anche di vita, di un popolo ma anche delle sue persone, dei loro pensieri, dei loro sentimenti, del corpo ma anche dell’anima, della sua voce, della sua poesia. |
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