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Balzac, la vita per l’opera di Antonio Stanca
Nella serie “Il divano” della Casa Editrice Sellerio di Palermo è comparso di recente il volumetto “Balzac mio fratello” di Laure Surville Balzac, sorella del noto scrittore francese nato a Tours nel 1799 e morto a Parigi nel 1850. La traduzione dall’originale, scritto nel 1858, è stata di Roberta Ferrara, l’ampia introduzione di Daria Galateria. Il libro, oltre ad essere di facile lettura poiché semplice, chiaro nell’esposizione, riesce ad incuriosire chi legge al punto da coinvolgerlo fin dalle prime pagine. I tempi che la Balzac rievoca sono quelli dell’infanzia e della giovinezza sue e del fratello. E rimanda a dopo, ad un’altra circostanza, ad un altro lavoro, come dice a conclusione dell’opera, la ricostruzione delle vicende ultime della loro vita. In “Balzac mio fratello” grazie alle rivelazioni di Laure si possono conoscere da vicino i motivi che travagliarono la vita del romanziere, si può risalire a quei problemi che spesso vengono trascurati nelle solite biografie e che non sono soltanto esterni al personaggio ma anche interni a lui, al suo animo, al suo carattere. Il carattere di Balzac, appunto, emerge dal libro, come si è formato, cosa vi ha contribuito, quanto di esso è da attribuire alla famiglia, all’ambiente e quanto a lui perché soltanto suo, del suo spirito. Tra i famigliari la sorella Laure rimase sempre vicina ad Honoré, soffrì insieme a lui il difficile rapporto con i genitori e soprattutto con la madre anche se nell’opera non ne parla. Dice, invece, che a lei Honoré inviò tantissime lettere, ne riporta molte scritte dai diversi luoghi nei quali egli soggiornò sempre in cerca di quella fortuna economica che era convinto dovesse arridergli. A lei confidò tutte le imprese commerciali che avviò sicuro, ogni volta, di ottenere la ricchezza sognata ed estinguere i debiti che intanto si accumulavano. A lei scrisse pure dei continui fallimenti che segnarono ogni sua attività ed aggravarono la sua situazione. Tuttavia non si mostrò mai completamente scoraggiato, sfiduciato ma sempre capace di nuovi progetti, pronto ad intraprenderli, sicuro di riuscirci. Tra i progetti rientravano anche le pubblicazioni di sue opere, il successo che pensava sarebbe conseguito, i guadagni e la soluzione dei problemi finanziari. Instancabile era divenuto nel lavoro di scrittore perché anche da qui si attendeva la fortuna sperata. Ma ad altre delusioni esso lo espose dal momento che le sue narrazioni, soprattutto le prime, non furono accolte con favore e soltanto dopo la morte sarebbero stati riconosciuti il valore dell’opera di Balzac e l’influenza da essa esercitata nella formazione della corrente letteraria del naturalismo in Francia e all’estero. Durante la vita, invece, l’autore fu il solo a credere nelle sue opere, a perseguirle a costo di molti ostacoli, convinto che questi erano necessari per l’affermazione di quel genio che pensava di essere. Così, tra interminabili disagi e mentre la Francia era interessata a profondi rivolgimenti politici, è vissuto, ha scritto l’autore della famosa “Commedia umana”, il “romanzo assoluto”, cosmico, la “storia dal vivo” degli uomini, dei caratteri, dei costumi del XIX secolo, la “fisiologia generale del destino umano”, il progetto più grande, l’immensa narrazione nella quale Balzac fece confluire, nella seconda fase della sua attività letteraria e della sua vita, tutte le opere precedentemente prodotte, quasi cento titoli, e che, tuttavia, rimase incompiuta per la morte dello scrittore sopraggiunta a cinquantunanni a causa di tanto travaglio e degli estenuanti ritmi di lavoro. Con “Balzac mio fratello” si sa di quanto è successo prima che Honoré giungesse a tal punto, di come egli non abbia mai smesso di aver fede nella sua scrittura, di sperare in una fama che sarebbe potuta venire anche dopo la morte. Dalle comunicazioni della sorella risultano definitivamente confermate la forza d’animo dello scrittore, la fiducia nelle proprie qualità letterarie, la volontà di sacrificare tutto, anche la vita, per l’opera. |
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