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Tempi di scambi di Antonio Stanca
Il progresso ha creato nuovi ambienti e sistemi di vita e questi hanno bisogno di una loro espressione poiché hanno i loro nomi e svolgono la loro azione. Come altre volte nella storia anche ora l’evoluzione è stata pure linguistica ma mentre prima a risentire del fenomeno era il linguaggio della nazione interessata, mentre allora era solo quello esposto alle innovazioni ora succede che non ci siano più ostacoli al passaggio, allo scambio di espressioni, di vocaboli nuovi tra lingue di diverse nazioni. Naturalmente sono le fasce più giovani della società, gli aspetti più moderni della vita o i risvolti ultimi di quelli pur tradizionali a risentire del fenomeno. E qui sorge il primo contrasto tra chi non è preparato alla situazione perché appartiene ad altra generazione e cultura e la guarda con perplessità e chi vede in essa la sua migliore espressione giacché ne usufruisce o ne è protagonista. Anche la globalizzazione tende ad apportare il suo contributo all’avvenimento ma senza risolvere il problema che si è creato ed anzi allargandolo dai rapporti tra individui a quelli tra stati visto che non riduce l’affermazione dei vari nazionalismi e non contiene il loro scontro. Per non dire della scuola che non distingue il fenomeno, non lo analizza ma lo accoglie e confonde tra i suoi insegnamenti trasformandolo in un ostacolo per l’apprendimento della lingua nazionale. Non è possibile dire quanto durerà la situazione, come si evolverà, si può soltanto osservare che pur essendo necessaria giacché portata dai tempi non è completamente positiva. Lo potrebbe essere se isolata e ridotta nei suoi termini, studiata nella sua formazione e valutata per la sua funzione. Se, invece, si continuerà a farla circolare liberamente, in ogni ambito e senza regole, si arriverà non solo a trovarsi confusi ma anche a perdere quanto si credeva vecchio senza aver acquisito il nuovo. |
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