Storia e letteratura
di Antonio Stanca
Dichiarato
il miglior libro dell’anno dall’”Independent” e dal “Guardian”, “Il
ministero del dolore” della cinquantottenne scrittrice iugoslava
Dubravka Ugrešić, ex docente di Lingua e letteratura russa presso
l’Università di Zagabria, è ora comparso in Italia per i tipi della
Garzanti e con traduzione di Lara Cerruti. Al 1998 risale il primo
abbozzo dell’opera pubblicato con lo stesso titolo dalla rivista
zagabrese “ Bastard”. E’ un libro di storia privata e pubblica,
riflessioni, ricordi che sa assumere il tono e il livello del romanzo
senza rinunciare al suo stile rapido, immediato, come per appunti, alla
sua prosa composta da periodi brevi che si rincorrono e aggiungono
sempre nuovi elementi a quanto rappresentato. Come in altre narrazioni
anche in questa la Ugrešić dice della sua esperienza dell’esilio
iniziata nel 1993 a due anni dallo scoppio della guerra in Iugoslavia e
dalle sue tragiche conseguenze. Ne “Il ministero del dolore” lei è
l’insegnante di serbo-croato Tanja Lucić fuggita col suo uomo da
Zagabria all’inizio della guerra e stabilitasi ad Amsterdam dopo una
breve sosta a Berlino e dopo essere rimasta sola. In Olanda scopre di
essere insieme a molti altri profughi iugoslavi, la sua classe è
composta da pochi studenti, sono adulti e tutti scappati dagli orrori
della guerra nei Balcani. Ognuno ha i suoi ricordi fatti di affetti,
dolcezze, amori ma anche di spaventi, paure, immagini terrificanti,
ognuno è invitato a ripercorrerli, ricostruirli e nella lingua dei
luoghi di provenienza affinché, tramite essa, in essa si senta vicino
agli altri e si ricomponga pur se simbolicamente e a distanza
quell’unità che la Iugoslavia ha ormai perso. Poi Lucić tornerà a
Zagabria, ritroverà la madre, i suoceri, poi rientrerà ad Amsterdam,
avrà problemi con l’insegnamento, non si vedrà confermato l’incarico,
correrà un grave pericolo, soffrirà ingiustizie, finirà priva di ogni
certezza materiale e morale. Il suo si aggiungerà agli altri casi di
profughi contro i quali hanno vinto l’avversione e il rifiuto dei luoghi
nuovi che li avevano accolti. Alla Lucić, però, è successo quando ormai
non pensava che fosse possibile, quando si riteneva al sicuro perché
divenuta un’insegnante tanto brava da essere richiesta dagli studenti,
quando stava per superare quello stato d’animo confuso, incerto che
aveva dal suo arrivo ad Amsterdam e che l’aveva fatta rimanere sempre
sospesa tra i vecchi e i nuovi ambienti, le vecchie e nuove strade,
case, chiese, persone, botteghe, piante, macchine, i vecchi e nuovi
pensieri. Per tutta l’opera la Ugrešić riesce a mostrare la sua
protagonista continuamente divisa tra passato e presente, priva di una
convinzione chiara, definitiva, di una posizione unica, di una
dimensione propria. E quando il lavoro d’insegnante sembrava le stesse
procurando la soluzione del problema poiché in esso ormai credeva di
potersi riconoscere anche per gli altri, era stata sospesa
dall’incarico. Ai problemi dell’anima si aggiungevano quelli del posto,
non solo le mancavano delle certezze interiori ma anche l’esterno le si
era rivelato pericoloso. Si sentirà persa, finirà urlando le sue
maledizioni.
La storia di una
sconfitta è la sua e la Ugrešić la narra mentre dice della vecchia e
nuova Iugoslavia, di quella unita e di quella disgregata, devastata
dalla guerra, dell’Amsterdam dei tanti rifugiati, delle loro storie
lontane e vicine, di un particolare, grave momento dell’Europa
contemporanea e di tant’altro. Degli interni di tante case, di tante
anime, degli esterni di tanti luoghi, di tanti avvenimenti scrive la
scrittrice nel suo libro. Di molta vita individuale e di molta sociale
ella tratta ed in modo così naturale da riuscire vicina a chi legge, da
coinvolgerlo subito.
Un diario, un documento
si può dire dell’opera senza trascurare che la Ugrešić riesce sempre a
superare i limiti della realtà rappresentata ed assurgere ad una
dimensione più estesa perché di carattere sentimentale, morale, a
muoversi con facilità tra la generalità degli eventi e la particolarità
dei casi, tra la vita di tutti e quella di pochi, a mostrare come dalla
storia si possa arrivare alla letteratura. |