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L’uomo di Vargas Llosa

di Antonio Stanca

 

Il Premio Nobel 2010 per la Letteratura è stato assegnato a Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano nato ad Arequipa nel 1936 e vissuto fin dalla giovinezza, dagli anni di formazione, di studio, lontano dal suo paese tra Bolivia, Spagna, Francia, Italia, Inghilterra, dove attualmente risulta domiciliato. Il Premio gli è stato conferito “per la propria cartografia delle strutture del potere e per la sua immagine della resistenza, della rivolta e della sconfitta dell’individuo”.

Vargas Llosa ha sempre diviso il suo impegno tra l’opera e la vita, la letteratura e la società e non solo quella peruviana. Oltre che autore, più volte premiato, di romanzi e di opere teatrali è anche saggista di genere letterario e politico, giornalista, memorialista. E’ stato personalmente impegnato in politica, è inserito nella realtà, è l’autore che da essa trae alimento per le sue opere ed in essa interviene per esaminare, valutare, esortare a risolvere i problemi. Di carattere storico e spesso autobiografico è molta sua narrativa, di grossi avvenimenti o personaggi passati e presenti, del suo e di altri paesi, sono la rappresentazione molti suoi romanzi e difficile riesce a volte distinguere in essi tra realtà e finzione. Della vita sua, della sua gente e di altra gente narra il Vargas Llosa scrittore, di vicende, situazioni difficili, complicate della storia vecchia e nuova si fa interprete al fine di mostrare come un uomo, un popolo sappia resistere ai soprusi, alle violazioni, come sappia ribellarsi in nome di valori fondamentali quali l’uguaglianza, la giustizia, la libertà, come riesca spesso sconfitto. Sono temi che si ritrovano nella sua opera saggistica e lo dimostra “Israele Palestina” (Pace o guerra santa), saggio comparso nel 2006 e in italiano nelle edizioni Libri Scheiwiller di Milano nel 2009. E’ stato tradotto da David Iori, le fotografie sono di Morgana Vargas Llosa, figlia dell’autore, che ha accompagnato il padre nel suo ultimo viaggio in Israele, del quale tratta questo libro. Un diario di viaggio sembra appunto, è diviso in capitoli ognuno dedicato ad un particolare luogo, momento o avvenimento della storia verificatasi in Israele negli ultimi vent’anni, dell’interminabile conflitto, cioè, tra ebrei e palestinesi. L’opera è un documento preciso, chiaro ed insieme un’interpretazione dei fatti. Oltre a registrare Vargas Llosa giudica, egli è lo storico e pure il critico della situazione. Drammatiche, tragiche sono le vicende delle quali è chiamato a riferire, sono vicende ben note poiché di esse i mezzi di comunicazione hanno dato e danno ampia notizia: da accordi mai riusciti tra i due popoli a scontri armati, da sviluppi economici a impoverimenti improvvisi, da violenze private a violenze pubbliche, da invasioni a ghettizzazioni, da censure a divieti, da sbarramenti al muro, da intimidazioni al terrorismo, da assalti a stragi, dalla miseria alla morte, dalla religione alla politica, alla guerra. Esile, fragile è diventato il filo che in terra d’Israele corre tra la vita e la morte, la paura è diffusa tra la popolazione civile. Di questa situazione Vargas Llosa ha riportato, nel libro, anche molte testimonianze, le ha raccolte intervistando figure di rilievo e persone comuni. Convinti sono molti testimoni che altra maniera non sia possibile, che bisogna pensare solo a vincere sull’avversario, ad annientare il nemico. Ma c’è pure, tra tanto furore, chi pensa ad una soluzione pacifica della tensione tra ebrei e palestinesi, ad un accordo che permetta ad entrambi il diritto e il modo di esistere in zone diverse di quella stessa regione.

C’è odio in Israele ma pure amore, c’è morte ma pure vita e ad essa si appella Vargas Llosa quasi in continuazione nel saggio, alla possibilità che emerga, che  diventi collettivo quello spirito di collaborazione, di unione che ora è di pochi, che si giunga a sentire la pace come un bisogno, una necessità propria dell’uomo, della vita. A questi principi, a questi valori si richiama lo scrittore, questi vuole che siano recuperati dove sono stati oscurati. Inaudito gli sembra che la società moderna, l’opinione pubblica internazionale possano accettare che avvengano simili crudeltà. Dall’Israele all’Aghanistan, all’Iraq, al mondo intero si sposta l’osservazione del Vargas Llosa e nella soluzione di un caso vede quella di tutti, nell’affermazione e diffusione di principi semplicemente umani vede la vittoria della civiltà sulla barbarie. Quando ogni possibilità esterna è negata rimane quella interna all’uomo, la sua volontà di essere, di vivere. Altri momenti tristi, altre situazioni drammatiche è riuscito egli a superare nella storia grazie a tale volontà ed anche in questo frangente ce la farebbe se ad essa si affidasse, per essa si adoperasse.

Premiato è stato Vargas Llosa perché sempre ha mostrato di voler riscoprire nell’uomo la sua umanità, di volerlo richiamare ad essa, sempre vicino è stato alla vita.


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