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Vargas
Llosa, un Nobel per l’uomo
di Antonio Stanca
Quest’anno
giungerà in Italia, pubblicato da Einaudi,
Il sogno del Celta, il nuovo
romanzo del settantacinquenne scrittore peruviano Mario Vargas Llosa che
nel 2010 ha vinto il Premio Nobel per «la propria cartografia delle
strutture del potere e per la sua immagine della resistenza, della
rivolta e della sconfitta dell’individuo». Narra di un personaggio
storico, del diplomatico inglese Roger David Casement che, nel secolo
scorso, si è adoperato per evitare i sistemi crudeli con i quali
venivano trattati gli indigeni del Congo Belga e ha denunciato lo
sfruttamento del caucciù in Africa e nell’America Meridionale. Intanto
tutte le opere di Vargas Llosa, narrativa, teatro, saggistica,
memorialistica, vengono ristampate poiché molto richieste in seguito
all’assegnazione del Nobel. In Italia s’interessano della loro
pubblicazione Einaudi e Libri Scheiwiller. E per conto della Einaudi è
comparsa tra le altre la ristampa del lungo romanzo
La zia Julia e lo scribacchino.
(Mario Vargas Llosa, La zia
Jiulia e lo scribacchino, trad. di Angelo Morino, Einaudi, Torino
2010, pp. 344, € 12,50). Il romanzo, che ha avuto una trasposizione
cinematografica, risale al 1977, fa parte, cioè, della prima fase
dell’attività letteraria di Vargas Llosa ed offre un esempio della
capacità dell’autore di cimentarsi in diversi modelli di scrittura pur
rimanendo fedele a dei motivi fondamentali. Nato ad Arequipa nel 1936, studente di Lettere e
Giurisprudenza presso l’Universad Nacional Mayor de San Marcos di Lima,
Vargas Llosa ha vissuto fin d’allora una vita randagia, prima tra
Bolivia e Perù poi tra Spagna, Francia, Italia, Inghilterra. È autore
eclettico, prolifico, dai racconti ai romanzi, alle opere teatrali, dal
giornalismo ai saggi, ai libri di memorie. Molto ha viaggiato, molti
posti, molta gente, molte situazioni ha conosciuto e in molti modi per
esse si è impegnato. La sua opera non è stata soltanto letteraria ma
anche civile, sociale, politica, non solo alla scrittura, all’idea si è
rivolto ma anche alla vita, alla realtà, alla storia fino a fare di
queste i temi principali della sua produzione, ad attingere da queste i
contenuti di tante narrazioni. Di carattere storico è molta sua
narrativa, sempre intenta si è mostrata a rappresentare personaggi
esemplari, momenti particolari della storia passata e presente del suo e
di altri paesi, situazioni difficili, di grave disagio materiale e
morale, nelle quali versavano delle comunità o intere popolazioni, alle
quali resistevano, si opponevano in nome della giustizia, della libertà
e riuscivano spesso sconfitte. Queste vicende risultavano, a volte,
collegate con la vita dell’autore perché vi aveva partecipato o
assistito e facevano assumere ad alcune opere un carattere velatamente
autobiografico. Meno occultata è stata la vita di Vargas Llosa in
La zia Julia e lo scribacchino
dove egli ripercorre gli anni della sua prima giovinezza trascorsi tra
la Bolivia e il Perù, i tempi del suo primo lavoro presso una radio di
Lima, dei suoi studi universitari, della sua costante aspirazione a
divenire uno scrittore, delle tante non riuscite prove di scrittura
narrativa e soprattutto del suo primo amore per la sorella di una zia,
più anziana di lui e divorziata, Julia. «Le dissi che volevo scrivere da
quando avevo letto per la prima volta Alessandro Dumas e che da allora
sognavo di andare in Francia a vivere in una soffitta, nel quartiere
degli artisti, totalmente dedito alla letteratura, la cosa più
formidabile del mondo». Nonostante le opposizioni, gli ostacoli, le
minacce dei famigliari tutti, dai genitori agli altri, sposerà la donna,
si separerà dopo alcuni anni e si risposerà con una cugina. È la parte autobiografica dell’opera anche se
molto trasfigurata. Occupa i capitoli dispari della lunga narrazione
mentre quelli pari contengono racconti di vita avvenuta in luoghi del
Perù vicini e lontani rispetto alla capitale che costituisce l’ambiente
principale del romanzo. I tempi sono i mesi compresi tra il 1953 e il
1954, molti i personaggi, infinite le situazioni presentate dai racconti
che Vargas Llosa immagina siano romanzi radiofonici creati da Pedro
Camacho, “lo scribacchino”. Sono narrazioni dalle tinte fosche, dalle
situazioni estreme e così intricate da rimanere senza soluzione. Una
serie di sconfitti sono i protagonisti di queste storie, sono uomini,
donne che diventano vittime dei propri istinti, delle proprie
aspirazioni quando non dell’ambiente, dei costumi, delle istituzioni e
sola riesce a procedere la storia dell’autore giovane che s’innamora
della matura “zia” Julia. Insieme, parallelamente alle altre, avviene la
loro storia, mentre dice di essa Vargas Llosa fa sapere come si viveva
in Perù negli anni ’50 quando ancora mancava la televisione e in alcuni
posti la corrente elettrica, molte strade erano bianche ed uno stato di
arretratezza, di povertà, di miseria vigeva soprattutto nelle zone
interne del paese favorendo il libertinaggio nei pensieri e nelle
azioni. Erotico diviene, a volte, il romanzo, ironico per le gravi
contraddizioni, le scoperte improvvise che da simili condizioni
provengono e sempre sicuro si mostra l’autore dei mezzi espressivi
necessari a rendere tanta vastità, sempre capace di svolgerla aderendo
ad ogni suo momento o aspetto, trasferendola nelle sue pagine. Niente
sfugge a Vargas Llosa, tutto riesce a cogliere la sua scrittura anche
perché, libera da molte regole, fa rientrare pur in spazi brevi piani
narrativi diversi senza mai appesantirsi. Di molte risorse linguistiche,
di molti mezzi espressivi si mostra ricco lo scrittore e lo proveranno
le opere successive dalle quali si potrà dedurre che oltre allo stile
vario e articolato, il Vargas Llosa scrittore sarà sempre attento al
contenuto, a riprendere, cioè, a rappresentare l’uomo nella sua realtà,
nella sua verità, a spiegarlo, giustificarlo perché il suo è un uomo
sconfitto al quale è rimasta solo la speranza di cambiare, di
migliorare. Era la sua terra, il suo Perù che voleva cambiare,
migliorare, liberarsi dalle gravi conseguenze che secoli di
sottomissione, di colonialismo avevano comportato e Vargas Llosa col suo
uomo che spera è divenuto la voce della sua nazione, l’ha estesa, con le
opere, in ogni parte del mondo dove si vive solo di speranza, è giunto
al Nobel. |
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