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Strega 2006 di Antonio Stanca Il “Premio Strega” 2006 è stato assegnato a Sandro Veronesi per l’ampio romanzo “Caos calmo”, edito da Bompiani. Veronesi ha quarantasette anni, è nato a Firenze, vive a Prato, è autore di altre opere narrative ed ha avuto altri riconoscimenti. “Caos calmo” attrae chi legge, lo fa sentire inserito nel movimento che crea con l’ampiezza dei periodi e la varietà delle argomentazioni. Continui, improvvisi sono i passaggi dal discorso diretto all’indiretto, dall’enunciazione di un pensiero o sentimento al suo commento, confronto con altre situazioni, vicende, persone vicine o lontane, reali o immaginarie, del presente o del passato, della vita o della storia, geografia, letteratura, arte, scienza, economia, politica, religione, mito. Infinitamente ampio nei contenuti e molto libero nello stile si mostra il Veronesi di “Caos calmo”. Particolare è, questa volta, il motivo centrale dell’opera, quello che avvia e sostiene il suo continuo movimento: un membro importante di una potente e ricca società di telecomunicazioni di Milano, Pietro Paladini, dopo l’improvvisa scomparsa della moglie rifiuta di andare in ufficio e impiega il suo tempo attendendo per l’intera giornata, nella piazza antistante la scuola, la propria figlia che frequenta l’ultimo anno delle elementari. La situazione ha inizio nei primi giorni di scuola quando il tempo è buono e si protrae per un paio di mesi quando arrivano pioggia e neve e quando la bambina svelerà al genitore che la sua azione è stata notata dai compagni non solo di classe e l’ha esposta alla loro derisione. Questa confidenza e il proposito del padre di rinunciare al comportamento sinora tenuto giungeranno, però, alla fine del libro quando tutto è avvenuto. Tante persone, amici, amiche, familiari, colleghi, sono state, anche più di una volta, in quella piazza a trovare il Paladini che del posto ha fatto la sua sede, in esso ha avviato dei rapporti, bar, vigile urbano, passanti abituali, e niente oltre la panchina dei giardini pubblici, la lettura del giornale, il panino della colazione, l’interno della macchina, l’ascolto di buona musica, sembra essere da lui desiderato per trascorrere il tempo libero dalle visite. Quanti lo cercheranno, uomini o donne, gli diranno ciascuno della propria condizione e soprattutto dei propri problemi sicché il luogo di tali incontri e confessioni si trasformerà ben presto in un luogo di dolore, di sofferenza: si parlerà di pene con chi s’immagina sia in pena e tanti singoli casi, a volte collegati tra loro, tante vite, tante esperienze condurranno, rivelate una per volta, alla formazione di un immenso universo. Si saprà di lui, della sua famiglia d’origine romana, delle stranezze del padre, del suo lavoro presso l’attuale azienda milanese, della morte della moglie avvenuta mentre lui salvava dalle acque del mare una donna ammalata di sesso, del difficile rapporto tra questa e il marito, della sua vita da vedovo con la piccola figlia, del fratello scapolo, ricco e viziato, della cognata madre per tre volte e mai moglie, dei suoi colleghi d’azienda rivali, pettegoli, ipocriti, della loro vita privata carica di problemi, dei suoi direttori e delle loro angosce, dell’attuale grave situazione in azienda, di cosa si pensa e si dice di lui. Si conosceranno tante, tantissime cose, non si finirà mai di scoprire gli innumerevoli, infiniti aspetti, soprattutto negativi, che la vita d’oggi ha assunto, di sapere del suo “caos” e di come il Veronesi è riuscito a “calmarlo”, a temperarlo, cioè, tramite un linguaggio capace di aderire ad ogni suo momento e renderlo nella sua verità. Piace leggere quando si scopre che un autore riesce a rappresentare la vita in maniera immediata e, perciò, autentica, lontana da qualsiasi alterazione, quando si notano capacità e qualità di scrittura tali da permettersi nell’espressione una libertà che non diviene mai abuso e questo pur in un’opera dalle vaste proporzioni. Tanta abilità stilistica, però, espone il Veronesi, come altre volte altri autori vecchi o nuovi simili a lui, a dei pericoli, a delle sviste circa il contenuto che può risultare sacrificato all’impegno richiesto dallo stile. In “Caos calmo” tra tanto dire non si saprà mai come è morta la moglie del Paladini, non si riuscirà a capire come egli diventi un punto di riferimento per chi soffre nonostante dichiari quasi in continuazione di non soffrire del recente lutto, non si spiegherà come la figlia attenda due mesi per rivelare al padre i problemi che le causa e soprattutto non si spiegherà come la condizione di fuga, d’isolamento, accettata e vissuta dal Paladini, non solo non venga considerata anomala, malata e, quindi, criticata e rifiutata dagli altri ma addirittura eserciti su questi un richiamo tale da indurli a cercarla ed a riferirsi ad essa. Corre il Veronesi quando scrive e riesce a trasportare chi legge ma lo farebbe meglio con una corsa senza salti! |
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