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Tra i più giovani di Antonio Stanca Ancora ambienti isolati, situazioni segrete, persone molto giovani, discorsi misteriosi per la trentaquattrenne scrittrice Simona Vinci, nata a Milano, vivente in provincia di Bologna ed autrice ora del romanzo breve “Brother and Sister” (ed. Einaudi). Quando nel 1997 apparve, pure presso Einaudi, la sua prima opera, “Dei bambini non si sa niente”, ci fu polemica tra critici e tra lettori ché insolito era parso il romanzo sia per il contenuto completamente rivolto a rappresentare una particolare realtà e privo di ogni aspirazione ideale, trascendente, sia per la forma che al contenuto aveva tanto aderito da sembrare una cronaca. Poi, nel 1999, sono venuti i racconti della raccolta “In tutti i sensi come l’amore”, nel 2003 l’altro romanzo “Come prima delle madri” e adesso “Brother and Sister”, tutte opere edite da Einaudi e tutte impegnate a trasferire sulla pagina situazioni o condizioni di vita poco note e riferite al mondo dei giovani, soprattutto adolescenti e bambini. Quella della Vinci è, quindi, una maniera di fare, una via da lei seguita nel suo lavoro di scrittrice. Ella è attirata da quanto di nascosto, di non conosciuto, avviene nella prima età dell’uomo e della donna, da ciò che allora si dice, si pensa, si fa e che rimane non rivelato a volte neanche ai propri coetanei. Un mondo lontano, quello intimo dei ragazzi, ignoto anche ad istituzioni come la famiglia o la scuola che sanno soltanto della vita che di loro appare, si vede. I pensieri, le azioni che, fuori da ogni vista, essi concepiscono e commettono da soli o in compagnia, sono parti, elementi dell’esistenza umana rimasti all’oscuro per secoli prima che la psicanalisi ne facesse uno dei suoi motivi d’interesse. Ed ancora dopo le rivelazioni di questa scienza moderna quel mondo avviene, si verifica sempre per conto proprio, segue regole proprie, rimane un’incognita. In queste tenebre la Vinci intende addentrarsi con la sua scrittura e nell’ultimo suddetto romanzo, “Brother and Sister”, ella dice di tre fratelli di diversa età e sesso: Cate, la sorella maggiore di anni diciassette, Mat e Billo, i maschi dei quali il secondo ancora bambino. Hanno perso il padre molto tempo addietro e la madre di recente. Soli, in una casa isolata alla periferia di Bologna, una casa divenuta povera per la scomparsa di chi provvedeva ai suoi bisogni, essi vivono insieme l’ultima notte ché il giorno seguente sarebbero venuti gli assistenti sociali per provvedere al loro internamento in istituti diversi. Del bambino Billo la comparsa e l’azione risultano piuttosto ridotte. Ad emergere sono Cate e Mat, adolescenti di età diversa, tra i quali la Vinci fa correre l’intera narrazione registrando i loro discorsi, movimenti e silenzi, tutto quanto ella pensa possa avvenire oggi tra due fratelli in quelle condizioni. La scrittrice non altera la realtà della situazione ma la riprende, la riporta nella sua autenticità e immediatezza come mostra in una scrittura che procede per paratassi e capoversi, che sembra enunciare più che descrivere, che intreccia ed identifica il discorso indiretto col diretto, la favola raccontata da Cate con la vicenda vissuta dai tre fratelli, che non distingue tra verità e immaginazione e le combina senza alterarle, che ad ogni momento vorrebbe essere semplice e complessa, particolare e generale, unica e totale. Così, in effetti, avviene nel mondo, nella mente dei più giovani, per questi non ci sono confini, non vale la logica, la consequenzialità ma il tutto e subito e sempre. Rendere tale fenomeno con la scrittura non è facile né si può dire che la Vinci finora sia perfettamente riuscita. Molto le rimane da fare e poiché continua in questo impegno si può dire della sua come di un’ambizione insolita, di un’aspirazione nuova nel contesto della nostra giovane letteratura femminile, di una volontà che proviene da lontano, forse dall’adolescenza della scrittrice. |
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