Il valore della giustizia
(Dalla vecchia Russia)
di
Antonio Stanca
Con
“La casa di ghiaccio” (ed. Mondadori) Serena Vitale, docente di
Lingua e Letteratura russa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore
di Milano e da anni presente sulla nostra scena culturale con lavori di
traduzione e saggi, si è rivelata anche come narratrice. L’opera
contiene venti brevi racconti ambientati nella Russia dei secoli XVIII e
XIX e volti, tutti, ad evidenziare la condizione agiata, permissiva
della quale godevano i ricchi del tempo. Si tratta di ricostruzioni che
l’autrice opera servendosi di ampia documentazione, sono indagini
storiche compiute dalla Vitale e trasposte sul piano narrativo. L’opera
risente, quindi, della cultura della scrittrice, delle sue profonde
conoscenze di storia, lingua,costume della Russia, sa più di documento
che di racconto anche per lo stile conciso, essenziale, per il
procedimento rigoroso, incalzante e, tuttavia, la sua lettura coinvolge,
appassiona perché incuriosisce più di qualunque testo di storia. A
differenza di questo il libro della Vitale permette di accedere a quanto
era rimasto sempre ignoto, di scoprire quella quotidianità sulla quale
gli storici non si soffermano e che costituisce il vero volto di una
nazione, la sua vita. Il pensiero, poi, che si tratta della nazione e
della vita russe, di un popolo che, pur adiacente agli altri del resto
d’Europa, è rimasto isolato, estraneo ad essi e ad ogni altro situato
lungo i suoi sterminati confini, che sono mancati scambi importanti tra
la Russia e il resto del mondo vicino o lontano, rapporti di
collaborazione, mutuazioni tra civiltà, culture, ambienti diversi, che
il fenomeno è durato per secoli anche perché sostenuto, voluto da
sistemi politici, amministrativi, economici continuatisi in quella terra
anche se altrove risultavano superati, inadatti al processo di
ammodernamento che naturalmente si verificava, fa riuscire oltremodo
interessante, suggestivo sapere di una Russia che nel ‘700 e ‘800 aveva
conservato usi e costumi del periodo medievale, conoscerli da vicino
come permette il libro della Vitale, valutare le differenze tra essi e
gli altri del mondo loro contemporaneo. Ancora oggi, in Russia, c’è
arretratezza, sottosviluppo, ancora oggi durano certi modi di pensare e
fare, ma i tempi che interessano la Vitale sono quelli dei due secoli
immediatamente precedenti la contemporaneità. Da quanto scrive sembra di
trovarsi in un mondo barbaro tanto è violento, spietato, crudele. Nella
Russia del ‘700 e’800 c’erano i pochi potenti perché ricchi, i quali
potevano permettersi di tutto, in particolare di dare libero corso ai
propri istinti, soddisfare i vizi più assurdi, le manie più strane,
compiere i peggiori soprusi, le efferatezze più gravi rimanendo
impuniti. Essi godevano della vicinanza dei capi di governo se non
dell’imperatore o dell’imperatrice. Negli ambienti alti si sapeva delle
loro azioni, dei loro misfatti, ma si taceva perché ognuno aveva delle
cose da nascondere, ognuno seguiva leggi proprie. Il privilegio della
ricchezza e del potere s’identificava con quello di una libertà che
generalmente sfociava nell’arbitrio.
Ad ogni racconto si
scopre la vicenda, strana a volte bizzarra, di uno o più ricchi, si sa
delle loro azioni spesso assurde: sono queste scoperte ad avvincere il
lettore, a coinvolgerlo fino alla fine del libro. Chi poteva immaginare
che un luogo geograficamente non molto lontano dagli altri europei è
stato così diverso fino a poco tempo fa? Chi pensava che una nazione,
anche europea, fosse vissuta fino ad età moderna seguendo regole
proprie dettate dai gusti, umori, capricci del momento, che mentre in
Francia, Germania, Inghilterra, Italia avvenivano i grossi movimenti di
cultura, pensiero, azione che avrebbero preparato alla contemporaneità,
in Russia si viveva come nel passato più remoto e più abietto?
Ma c’è un altro motivo
che suggestiona chi legge: ogni storia si conclude con la morte, spesso
sofferta, del ricco e viziato protagonista. Il ripetersi dell’evento ad
ogni caso presentato dalla Vitale fa pensare ad un proposito da lei
perseguito, all’ intento di mostrare come il vizio, il peccato, la colpa
non possano rimanere impuniti, evidenziare che quando manca la giustizia
tra gli uomini sopraggiunge una ad essi superiore, confermare il valore,
la funzione del bene, la sua vittoria sul male, la sua eterna
resurrezione.
Questo il messaggio che
proviene dai racconti della Vitale e questo un altro motivo che muove
il lettore perché ad ogni racconto lo spinge a sapere quale sarà la fine
del cattivo di turno, a fargliela aspettare e identificarla con la
meritata punizione.
Pur muovendosi con difficoltà tra verità storica e funzione
letteraria l’opera della Vitale è riuscita perché ha comunicato segreti
che sarebbero rimasti sempre tali ed ha saputo interpretarli in modo da
procurare loro un valore, un significato che li riscatta dalla
condizione contingente per una ideale. |