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Yehoshua: un esempio di moderno umanesimo di Antonio Stanca Una confessione circa i propri modi di operare, una breve ricapitolazione della storia letteraria moderna e contemporanea, un esame delle vicende storiche, politiche, culturali, artistiche dello stato d’Israele, una riscoperta del valore, della funzione del mito nella cultura ebraica, una dichiarazione di poetica: tutto questo ed altro si può dire del breve volume “Il lettore allo specchio”(ed. Einaudi) del sessantasettenne scrittore ebreo Abraham B. Yehoshua (Gerusalemme, 1936), ormai noto anche oltre i confini nazionali. L’opera è venuta dopo un seminario di studi con Yehoshua a Torino nel 1999, presso la scuola Holden, ed in particolare riporta gli scambi orali intercorsi, in quella circostanza, tra lo scrittore e Alessandro Guetta, docente di Letteratura e filosofia ebraica all’Istituto di Lingue orientali di Parigi. Questi sottopone l’autore ad una serie di domande che si riferiscono alle sue opere, soprattutto romanzi, dalle prime, “L’amante”, “Il signor Mani”, alle più recenti, “La sposa liberata”, al passaggio avvenuto in lui dal racconto al romanzo tramite il teatro, alle motivazioni, reali o ideali, che lo hanno mosso e lo muovono nel concepimento e realizzazione di un’opera, all’incerta posizione che i tempi moderni hanno riservato al genere romanzo dal momento che alcuni lo considerano una forma espressiva superata. Yehoshua risponde in tono pacato, sommesso, con un linguaggio molto chiaro ed estende il discorso in modo da permettere a chi ascoltava allora e a chi legge adesso di venire informato con facilità su tanti eventi e personaggi della moderna cultura, letteratura, arte ed in particolare su quelli verificatisi in Israele dal passato più remoto, dai tempi della mitologia, che lì sono stati più lunghi di quelli della storia, ad oggi. Anche se alcune domande del Guetta sono insidiose solo raramente lo scrittore si mostra esitante nel rispondere ma sempre sicuro, convinto. Anch’egli è un docente universitario di Letteratura ed in questo lungo dialogo risalta la sua posizione di storico e critico letterario, la figura dello studioso che tende all’ordine, alla logica come richiesto dalla sua attività professionale e che in tale impegno ha maturato quelle convinzioni, quelle verità sottese alla sua opera di scrittore. Sono tanti i problemi, gli interrogativi sorti oggi con i tempi, i costumi che incrinata risulta ogni passata certezza e spesso smarrita, disorientata, priva di riferimenti l’espressione d’arte che in essi si verifica. Se, a differenza di tanti altri autori contemporanei, Yehoshua è determinato nei suoi propositi significa che la sua arte, pur accogliendo situazioni, evenienze legate alla modernità, pur disponendosi verso la complessità, l’irregolarità proprie della nuova dimensione individuale e sociale, riconduce tutto a principi unici, assolve, condanna, giudica in nome di dogmi inalterabili. “Mi fa piacere essere considerato uno scrittore razionale e logico […] Penso che in letteratura sia indispensabile una base razionale e logica…”, “… i codici morali possono cambiare da una cultura all’altra, eppure c’è sempre una consapevolezza primaria e universale su che cosa è bene e che cosa è male.”, “…il problema è che bisogna dare un senso al racconto, e per il lettore deve avere la stessa importanza che ha per lo scrittore.”, “…il problema non è tanto il racconto in sé, quanto il suo senso.” Ed anche riguardo alla lingua da usare in un’opera letteraria Yehoshua, nel dialogo col Guetta, dichiara di sentirsi vincolato dalle diverse situazioni, condizioni, personaggi rappresentati e di elaborare l’espressione che più s’addice loro, che meglio li rende. La sua è una letteratura che tiene conto del lettore, che vuole insegnare, istruire, educare e, per quanto egli dichiari di seguire l’immaginazione nello scrivere, certi risultati non si ottengono se ci si allontana dalla realtà, dalla storia, dove secoli di vita hanno distinto per sempre il bene dal male, la virtù dal vizio, l’anima dal corpo, lo spirito dalla materia. C’è, quindi, una contraddizione nelle parole di Yehoshua che anche il Guetta rileva e che induce lo scrittore a correggersi ed accettare come nella realtà, passata e presente, sia possibile rintracciare il filo conduttore della sua produzione. Naturalmente la situazione reale che promuove l’opera risulta in questa trasfigurata giacchè si tende a superare la contingenza per un’idealità dal valore e significato più estesi, più diffusi, a risalire dal particolare all’universale. Si attua il concetto tradizionale, classico dell’arte: Yehoshua, scrittore moderno, contemporaneo, mostra che vale ancora. Egli si è educato sui classici, non dubita dell’utilità dei buoni romanzi pur ai nostri giorni, cita in continuazione Aristotele e la “Poetica”, riconosce l’influenza che su di lui hanno esercitato gli autori moderni, specie Kafka e Camus, usa moderne tecniche espressive, il monologo interiore, ma non si spinge, nelle opere, fino al punto da superare certi confini, da sfociare nell’indeterminato, nell’incontrollato come avviene per molti artisti moderni. Accoglie, quindi, passato e presente e raggiunge un equilibrio tra essi riportandoli a regole ben precisate quale l’altra della collocazione di quanto rappresentato, del dovere, per lo scrittore, di rimanere legato, nelle trame, ai propri luoghi, rispettare le proprie origini, fare della propria terra e gente elementi d’arte, muovere da essi alla ricerca di valori universali, assoluti. Una logica, una morale, un senso, un’identità linguistica e geografica vuole Yehoshua per i suoi romanzi, rifiuta l’invenzione, l’astrazione, l’artificio, dall’ uomo ebreo assurge all’uomo di ogni tempo e luogo, all’umanità: quale altro migliore esempio di moderno umanesimo! |
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