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Alla ricerca dell’umanità perduta
di
Antonio Stanca
È
stato di recente ristampato dalla casa editrice Einaudi di Torino il
romanzo dello scrittore ebreo Abraham B. Yehoshua “Il responsabile delle
risorse umane” (pagg. 258, € 12,00, traduzione di Alessandra Shomroni).
La sua versione originale risale al 2004. Yehoshua ha
settantacinque anni, è stato docente di Letteratura Comparata
nell’Università di Haifa ed oltre che opere teatrali e di saggistica ha
scritto soprattutto racconti e romanzi. Nella sua attività di narratore
dopo gli inizi di genere fantastico e grottesco che risalgono agli anni
’60, è avvenuta un’evoluzione, la fantasia ha ceduto il posto ad una
realtà rappresentata in modo da lasciar intravedere messaggi, ideali,
l’indagine psicologica è diventata predominante, il linguaggio si è
arricchito al punto da rendere ogni aspetto della situazione presentata
insieme ai significati sottintesi. Facile è, tuttavia, la lingua di
Yehoshua, giunge subito al lettore perché vuole trasmettere il pensiero
dell’autore, diffondere le sue convinzioni, insegnare. Pertanto la
storia, la realtà, le vicende, antiche e moderne, d’Israele gli sono
sembrate le più opportune. Da esse Yehoshua ha ricavato gli esempi di
quella morale, di quei valori spirituali che, secondo lui, non possono
essere dimenticati, di quella distinzione tra bene e male che deve
continuare ad esistere nonostante i tempi siano cambiati. Nell’uomo essa
risiede ed in lui lo scrittore si è impegnato a cercarla e farla valere.
Di quell’uomo ebreo dove l’ha scoperta ha fatto un simbolo valido per
tutti. Di tali contenuti e
forme espressive sono un esempio continuo le opere della maturità di
Yehoshua e tra queste rientra il romanzo “Il responsabile delle risorse
umane” del 2004. In esso, ambientato nell’Israele dei tempi recenti, dei
disordini sociali, degli attentati terroristici, una bella, giovane
donna ebrea che, nonostante la laurea in Ingegneria, ha accettato di
lavorare tra il personale delle pulizie di un grosso panificio di
Gerusalemme poiché rimasta sola, lontana dalla madre e separata dal
marito, dal figlio e dall’amante, viene gravemente ferita in un
supermercato della capitale dallo scoppio di una bomba e muore dopo
alcuni giorni in ospedale. Nessuno la riconosce e
la sua salma rimane
nell’obitorio. Sarà il responsabile delle risorse umane della stessa
azienda, anch’egli separato dalla moglie e incompreso dalla madre, ad
interessarsi per il riconoscimento e la sepoltura. Prima lo farà per
liberare la fabbrica che rappresenta dall’accusa di “mancanza di
umanità” che la stampa è stata pronta a diffondere, poi per una
necessità del suo spirito. Avvertirà i parenti della vittima anche se
lontani, li raggiungerà conducendo con sé il feretro, con questo
arriverà fino alla madre della giovane defunta dopo un viaggio che, pur
se lungo, difficile e pericoloso, si rivelerà inutile. Ovunque si
troverà tra ostacoli di ogni genere, tra persone e situazioni che non
corrisponderanno il suo proposito altamente umano, le sue intenzioni
chiaramente morali. L’unica corrispondenza sarà con i pensieri, i
sentimenti che egli attribuirà alla donna morta. Si convincerà che era
stata una persona delusa della vita, contrariata in ogni sua
aspettativa. Con lei anche lui deluso di tutto stabilirà un rapporto
ideale, un dialogo immaginario, col suo animo identificherà la sua
bellezza, in esso si riconoscerà, crederà sempre. Saranno questi due
personaggi del romanzo gli interpreti di quell’umanità, di quella
spiritualità che Yehoshua si propone di mostrare ancora possibili in un
mondo, in una società, in una vita che le hanno smarrite. Essi
perderanno, tramite lo scrittore, i loro contorni concreti per
trasformarsi in simboli validi ovunque e sempre. La realtà verrà
superata dall’idea, il contingente dal trascendente. Un esempio di
moderno umanesimo diventerà insieme agli altri questo romanzo di
Yehoshua, un messaggio esteso e, come era intenzione dell’autore, a
tutti potrà giungere perché chiaro, facile è il linguaggio usato per
esprimerlo. |
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