COMMENTO
allo
Schema di decreto
legislativo
”Definizione
delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo
dell’istruzione, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53”
(Approvato dal Consiglio dei Ministri
il 12 settembre 2003, e pubblicato il 15 ottobre 2003)
ADi Associazione
Docenti Italiani
http://www.bdp.it/adi/
1- I
finanziamenti: un optional
Tutti gli
interventi riformatori che i Governi degli altri Paesi hanno attuato in
questi anni sono sempre stati accompagnati da precisi, puntuali
finanziamenti. E’ questo il primo vero segnale della volontà di un
governo di attuare la riforma. Per il nostro non è così:il finanziamento
della riforma è un optional o un elemento simbolico. Facciamo parlare i
numeri. Il Governo aveva affermato che per il quinquennio
2004-2008 avrebbe destinato a istruzione e formazione complessivi 8320
milioni di euro, di cui 4.283 milioni già iscritti nei bilanci 2002 e
2003 , e gli altri 4.037 milioni da stanziare nelle successive
finanziarie, vale a dire una media annua
di circa 800 milioni di euro. Bene, per il primo anno, il 2004, il
Governo ha stanziato in finanziaria 90 milioni di euro. Una cifra
simbolica rispetto agli obiettivi posti dalla riforma, tra cui la
generalizzazione della scuola dell’infanzia. Allora delle due l’una, o
questa riforma vive solo nella testa di
Giuseppe Bertagna e lì deve rimanere (
come molti si augurano), oppure la si vuole fare e i soldi verranno
raccolti “tosando” a destra e a manca, ma sicuramente non i bidelli,
visto che il comma successivo allo stanziamento dei “90 milioni” per la
riforma, ne indica un altro di importo quattro volte maggiore ( 375
milioni solo per il 2004) per la stabilizzazione nella scuola ( dove
altro?) degli LSU, Lavoratori Socialmente Utili.
2-
Scuola-famiglia versus scuola-comunità locale
Nessuno nega che
un buon rapporto scuola famiglia sia importantissimo per l’educazione
dei figli, né si intende qui negare che la famiglia e gli stessi
studenti debbano avere buoni margini di scelta nei confronti del proprio
percorso scolastico. E’
altrettanto evidente, però, che le singole scuole non possono di anno
in anno rincorrere
e adattarsi ai vari desiderata dei “clienti”, stravolgendo
organici, impostazioni curricolari e pedagogiche. Né esistono oggi le
condizioni, futuribili, di “piani di studio personalizzati” per ciascun
allievo, come si va raccontando in giro per l’Italia. Oggi, per
rispondere a criteri di efficacia, efficienza e qualità, un
servizio pubblico deve poter essere
programmato in modo tempestivo e con una buona dose di stabilità, non
solo di “flessibilità” (parola “magica” diventata la panacea di tutti i
mali), la “personalizzazione” deve coniugarsi con l’equità, con la
trasparenza e la responsabilità nei confronti dei risultati, che devono
essere verificabili e comparabili. Perché questo avvenga occorre
predisporre l’insieme dell’offerta formativa sul territorio, assegnando
precise funzioni all’ente locale, non solo alle scuole autonome, le
quali potrebbero, da questo punto di vista, agire in termini puramente
concorrenziali
le une con le altre. Non è sufficiente, riteniamo, prevedere nel decreto
che le scuole possano collegarsi in rete per l’organizzazione delle “ulteriori”
99 ore annue della scuola primaria o 198 della scuola secondaria
inferiore; ciò che occorre è
avere e fornire una visione complessiva dell’offerta formativa del
territorio, con compensazioni fra le varie scuole, che solo una delega
precisa di poteri all’Ente locale può assicurare, garantendo in modo
stabile una varietà di percorsi in quanto ad orario, piani di studio e,
impostazione pedagogica. Gli “anticipi”, per esempio, non possono
essere lasciati al caso, come non può esserlo l’organizzazione del tempo
pieno. Per tutto questo da tempo sosteniamo che per essere efficace ed
equa l’istruzione deve contestualmente fondarsi su una forte
autonomia delle scuole e su un democratico decentramento
dell’amministrazione della scuola.
3- Gli
“anticipi”
L’anticipo
è questione seria e impegnativa che non può risolversi in una pura e
semplice scelta discrezionale delle famiglie, come risulta invece
dal decreto. Ma vediamo di esaminare il problema distintamente per
scuola dell’infanzia e scuola primaria.
Scuola dell’infanzia
Noi crediamo che
sia impensabile inserire bambini di 2 anni e mezzo nelle attuali sezioni
(sia omogenee per età che eterogenee) senza nulla cambiare né
nell’organizzazione della scuola dell’infanzia, né nel rapporto alunni
/docenti , né nell’impostazione pedagogica. Il Decreto avrebbe dovuto
chiarire alcuni punti come ad esempio il rapporto insegnante/alunni, ma
non lo fa. Non sono d’altra parte assolutamente sufficienti, a questo
riguardo, le “Indicazioni”
(https://www.edscuola.it/archivio/norme/decreti/dm100_02a.pdf
), le quali peraltro rimandano ad altre “previsioni”.
Abbiamo già in passato ricordato che cosa fu fatto per la
scolarizzazione precoce dalla riforma spagnola varata dal socialista
Gonzales nel 1990, riconfermata con alcuni cambiamenti, dalla riforma
del conservatore Aznar del 2002. Cosa dicono queste riforme? Il primo
punto di grande rilievo è che viene assunta
all’interno della scuola
l’educazione dei bambini non solo dai 3 ai 6 anni, ma anche
di quelli “fino a 3 anni”, con un percorso
strutturato in due cicli “fino a 3 anni” e “dai 3 ai 6 anni”.
In questo modo si dà dignità educativa
ad entrambi i
servizi, collocando sia l’uno che
l’altro nell’ambito dell’educazione-istruzione, con il superamento della
divisione, ancora imperante da
noi, fra “asilo nido” di competenza dell’”assistenza e
servizi sociali” e scuola
dell’infanzia di competenza dell’istruzione. In Italia, dove le scuole
dell’infanzia sono fra le migliori al mondo, esistono già esperienze da
cui attingere, si tratta delle così dette “sezioni primavera” o “sezioni
cerniera”, operanti in quelle regioni che hanno sempre prestato
grande attenzione all’infanzia. In Emilia-Romagna, per esempio, le
sezioni primavera rappresentano da moltissimi anni un ponte sicuro fra
“asilo nido” e “scuola dell’infanzia”.
Quello che è certo
è che gli anticipi vanno programmati e studiati, senza dimenticare,
possibilmente, finanziamenti e priorità (tra cui la generalizzazione
della frequenza alla scuola
dell’infanzia dei bambini di tre anni). Ebbene tutto questo richiede, ne
siamo convinti, il decentramento della gestione della scuola
alle Regioni con delega ai
Comuni.
Scuola primaria
La ridefinizione
nella legge 53/03 - ripresa nel Decreto- dell’ obbligatorietà di
iscrizione alla scuola primaria solo per chi ha già 6 anni al 31 agosto,
combinata con la discrezionale facoltà delle famiglie
di iscrivere in prima i bambini che compiono 6 anni al 31 aprile
dell’anno scolastico di riferimento, ha come conseguenza il fatto che
possono trovarsi in una stessa classe bambini di 7 anni e di 5 annni e 4
mesi,
età tanto lontane fra loro che richiederebbero, invece, piani di studio
e impostazioni pedagogiche specifiche e diverse.
Come per la scuola
dell’infanzia, riteniamo che anche questi anticipi vadano
tempestivamente organizzati, correttamente collocati e valutati. Alcune
ricerche ( fra cui un’interessante indagine a Modena di Franco
Fondriest) ci dicono che già ora ci sono dislivelli di apprendimento fra
i bambini che compiono 6 anni alla fine dell’anno e quelli che li
compiono nei primi mesi dello stesso anno. Con il nuovo sistema questi
dislivelli sono destinati ad aumentare, e saranno poi difficilmente
colmabili. E’ pertanto necessario prevedere un periodo di
sperimentazione e trarne in tempi definiti le dovute conseguenze.
4- Gli orari e
gli organici
Su questi due
aspetti delicati e controversi, crediamo sia utile dare un quadro
comparato delle norme definite nel nuovo e nel vecchio decreto
legislativo, per poter fare una valutazione il più possibile obiettiva
ed evitare di incorrere in
affermazioni infondate
o imprecise. Divideremo la nostra comparazione analitica per i tre
diversi gradi scolastici.
Scuola dell’infanzia
|
Le parti
evidenziate in GRIGIO
sono
ABROGATE |
Nuovo decreto legislativo |
Decreto legislativo 297/1994 |
Scuola dell’infanzia |
Scuola materna |
Articolo 3 - Attività educative
1. L’orario annuale delle attività educative per la scuola
dell’infanzia, comprensivo della quota riservata alle Regioni, alle
istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della religione
cattolica in conformità all’Accordo che apporta modifiche al
Concordato lateranense e relativo Protocollo addizionale, reso
esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121, ed alle conseguenti
intese, si diversifica da un minimo di 875 ad un massimo
di 1700 ore, a seconda dei progetti educativi delle singole
scuole dell’infanzia, tenuto conto delle richieste delle famiglie.
|
Art. 104 Orario di funzionamento della scuola materna ed
organici
1. L'orario di
funzionamento delle scuole materne statali è di 8 ore e può
raggiungere un massimo di 10 ore giornaliere, anche su
proposta del consiglio di circolo.
2. A ciascuna sezione sono assegnati due docenti. Non si dà
luogo ad assegnazione di docenti aggiunti.
3. In relazione a particolari situazioni di fatto esistenti
e fino al superamento di esse, le sezioni di scuola materna
possono funzionare con un orario ridotto per il solo turno
antimeridiano. In tal caso è assegnato un solo docente
per ciascuna sezione, fermo restando l'orario obbligatorio di
servizio del docente stesso di cui all'articolo 491 (disapplicato
dal CCNL 1995).
4. Nei casi in cui il funzionamento della scuola materna sia
inferiore a dieci ore giornaliere, i due docenti sono tenuti
ugualmente all'assolvimento dell'intero orario di servizio.
5. Per la determinazione delle dotazioni organiche aggiuntive si
applica quanto disposto dall'articolo 445. Per la loro
utilizzazione si applica quanto disposto dall'articolo 455.
|
Annotazioni
Il dlgs 297/1994
prevedeva che si potesse organizzare la sezione su un unico turno
antimeridiano solo “in relazioni a particolari situazioni”,
mentre considerava norma il tempo pieno, definendo per questo
l’apposito organico di 2 insegnanti per sezione. Nel nuovo dlgs si
definisce, nel rispetto dell’autonomia organizzativa, l’orario non più
su base settimanale ma annua, da un minimo di 875 ore (che rapportate a
35 settimane significa 25 ore settimanali ) con la previsione quindi di
un solo turno antimeridiano, a un massimo di 1700 ore (che rapportate a
35 settimane equivalgono a circa 48/49 ore settimanali, vale a dire fra
le 8 e le 10 ore giornaliere) che
corrispondono
ad un orario pieno mattina e pomeriggio, come è attualmente.
La novità è che la
sezione sul solo turno antimeridiano non costituisce più l’eccezione
“per particolari situazioni”, ma può coesistere normalmente con il tempo
pieno. Prevedere tale possibilità non è sbagliato in sè, a condizione
della garanzia che il tempo pieno, ove richiesto (ossia nella
grandissima maggioranza dei casi), sia obbligatoriamente concesso, e a
condizione che sia chiarito come si calcolerà l’organico nelle varie
situazioni, senza smembramenti di sezioni nei turni pomeridiani. Non si
può accettare l’abrogazione di tutti gli articoli e commi riguardanti
l’organico della scuola dell’infanzia senza che vengano sostituiti con
norme altrettanto chiare.
Scuola primaria
|
SOLO
le parti evidenziate in
GRIGIO
sono
ABROGATE |
Nuovo decreto legislativo |
Decreto legislativo 297/1994
|
Scuola primaria |
Scuola elementare |
Articolo 7 – Attività educative e didattiche 1.
Al fine di garantire l’esercizio del diritto-dovere di cui
all’articolo 4, comma 1, l’orario annuale delle lezioni nella
scuola primaria, comprensivo della quota riservata alle Regioni,
alle istituzioni scolastiche autonome e all’insegnamento della
religione cattolica in conformità alle norme concordatarie di cui
all’articolo 3, comma 1, ed alle conseguenti intese, è di 891
ore.
2. Le istituzioni
scolastiche, al fine di realizzare la personalizzazione del piano di
studi, organizzano, nell’ambito del piano dell’offerta formativa,
tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie,
attività e insegnamenti, coerenti con il profilo educativo, per
ulteriori 99 ore annue, la cui scelta è facoltativa e
opzionale per gli allievi. Le predette richieste sono formulate
all’atto dell’iscrizione. Al fine di ampliare e razionalizzare la
scelta delle famiglie, le istituzioni scolastiche possono,
nella loro autonomia, organizzarsi anche in rete.
3. L’orario di cui
ai commi 1 e 2 non comprende il tempo eventualmente dedicato alla
mensa.
4. Allo scopo di
garantire le attività educative e didattiche, di cui ai commi 1 e 2,
è costituito l’organico di istituto. Per lo svolgimento delle
attività e degli insegnamenti di cui al comma 2, ove essi richiedano
una specifica professionalità non riconducibile al profilo
professionale dei docenti della scuola primaria, le istituzioni
scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro
bilanci, contratti di prestazione d’opera con esperti, in
possesso di titoli definiti con decreto del Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il
Ministro per la funzione pubblica.
5. L’organizzazione
delle attività educative e didattiche rientra nell’autonomia e
nella responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando
che il perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5,
assicurato dalla personalizzazione dei piani di studio, è affidato
ai docenti responsabili delle attività educative e didattiche,
previste dai medesimi piani di studio. A tal fine concorre
prioritariamente, fatta salva la contitolarità didattica dei
docenti, per l’intera durata del corso, il docente in
possesso di specifica formazione che, in costante rapporto con
le famiglie e con il territorio, svolge funzioni di
orientamento in ordine alla scelta delle attività di cui al comma 2,
di tutorato degli allievi, di coordinamento delle
attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le
famiglie e di cura della documentazione del percorso
formativo compiuto dall’allievo, con l’apporto degli altri docenti.
6. Il docente al quale
sono affidati i compiti previsti dal comma 5 assicura, nei primi tre
anni della scuola primaria, un’attività di insegnamento agli
alunni non inferiore alle 18 ore settimanali.
7. Il dirigente
scolastico, sulla base di quanto stabilito dal piano dell’offerta
formativa e di criteri generali definiti dal collegio dei docenti,
dispone l’assegnazione dei docenti alle classi avendo cura di
garantire le condizioni per la continuità didattica nonché la
migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze
professionali, fermo restando quanto previsto dal comma 6.
8. Le istituzioni
scolastiche definiscono le modalità di svolgimento dell’orario delle
attività didattiche sulla base del piano dell’offerta formativa,
delle disponibilità strutturali e dei servizi funzionanti, fatta
salva comunque la qualità dell’insegnamento-apprendimento |
Art.128- Programmazione ed
organizzazione didattica
1.La programmazione dell'attività
didattica, nella salvaguardia della libertà di insegnamento, è di
competenza dei docenti che vi provvedono sulla base della
programmazione dell'azione educativa approvata dal collegio dei
docenti in attuazione dell'articolo 7 .
2. La programmazione dell'attività didattica si propone:
a) il perseguimento degli obiettivi stabiliti dai programmi
vigenti predisponendo un'organizzazione didattica adeguata alle
effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni;
b) la verifica e la valutazione dei risultati;
c) l'unitarietà dell'insegnamento;
d) il rispetto di un'adeguata ripartizione del tempo da
dedicare all'insegnamento delle diverse discipline del curricolo,
in relazione alle finalità e agli obiettivi previsti dai
programmi.
3. Il direttore didattico, sulla
base di quanto stabilito dalla programmazione dell'azione
educativa, dispone l'assegnazione dei docenti alle classi di
ciascuno dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121 e
l'assegnazione degli ambiti disciplinari ai docenti, avendo cura
di garantire le condizioni per la continuità didattica, nonché la
migliore utilizzazione delle competenze e delle esperienze
professionali, assicurando, ove possibile, un'opportuna rotazione
nel tempo.
4. Nell'ambito dello stesso modulo organizzativo, i docenti
operano collegialmente e sono contitolari della classe o delle
classi a cui il modulo si riferisce.
5. Nei primi due anni della scuola elementare, per favorire
l'impostazione unitaria e pre-disciplinare dei programmi, la
specifica articolazione del modulo organizzativo di cui
all'articolo 121 è, di norma, tale da consentire una maggiore
presenza temporale di un singolo docente in ognuna delle classi.
6. La pluralità degli interventi è articolata, di norma,
per ambiti disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo
delle più ampie opportunità formative.
7. Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione
dell'azione educativa, procede all'aggregazione delle materie
per ambiti disciplinari, nonché alla ripartizione del tempo da
dedicare all'insegnamento delle diverse discipline del curricolo
secondo i criteri definiti dal Ministro della pubblica
istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica
istruzione, tenendo conto:
a) dell'affinità delle discipline, soprattutto nei primi
due anni della scuola elementare;
b) dell'esigenza di non raggruppare da sole o in unico ambito
disciplinare l'educazione all'immagine, l'educazione al
suono e alla musica e l'educazione motoria.
8. La valutazione in itinere dei risultati dell'insegnamento nelle
singole classi e del rendimento degli alunni impegna
collegialmente i docenti corresponsabili nella attività didattica.
9. Il direttore didattico coordina l'attività di programmazione
dell'azione educativa e didattica, anche mediante incontri
collegiali periodici dei docenti
Art. 129 - Orario delle attività
didattiche
1. L'orario delle attività
didattiche nella scuola elementare ha la durata di ventisette ore
settimanali, elevabili fino ad un massimo di trenta ore
in relazione a quanto previsto dal comma 7.
2. Per le classi terze, quarte e quinte l'adozione di un orario
delle attività didattiche superiore alle ventisette ore settimanali,
ma comunque entro il limite delle trenta ore, può essere disposta,
oltre che in relazione a quanto previsto dal comma 7, anche per
motivate esigenze didattiche ed in presenza delle necessarie
condizioni organizzative, sempreché la scelta effettuata riguardi
tutte le predette classi del plesso.
3. Dall'orario delle attività didattiche di cui ai commi 1 e 2 del
presente articolo è escluso il tempo eventualmente dedicato alla
mensa e al trasporto.
4. Nell'organizzazione dell'orario settimanale, i criteri della
programmazione dell'attività didattica devono, in ogni caso,
rispettare una congrua ripartizione del tempo dedicato ai diversi
ambiti disciplinari senza sacrificarne alcuno.
5. I consigli di circolo definiscono le modalità di svolgimento
dell'orario delle attività didattiche scegliendo, sulla base
delle disponibilità strutturali, dei servizi funzionanti, delle
condizioni socio-economiche delle famiglie, fatta salva comunque la
qualità dell'insegnamento-apprendimento, fra le seguenti soluzioni:
a) orario antimeridiano e pomeridiano ripartito in sei giorni
della settimana;
b) orario antimeridiano e pomeridiano ripartito in cinque
giorni della settimana.
6. Fino alla predisposizione delle necessarie strutture e
servizi è consentito adottare l'orario antimeridiano
continuato in sei giorni della settimana.
7. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è disposto un
ulteriore aumento di orario in relazione alla graduale
attivazione dell'insegnamento della lingua straniera.
Art. 130 - Progetti formativi di
tempo lungo
1. Possono realizzarsi, su
richiesta delle famiglie, anche per gruppi di alunni di
classi diverse, attività di arricchimento e di integrazione
degli insegnamenti curriculari alle seguenti condizioni:
a) che l'orario complessivo settimanale di attività non
superi le trentasette ore, ivi compreso il tempo-mensa;
b) che vi siano le strutture necessarie e che siano
effettivamente funzionanti;
c) che il numero degli alunni interessati non sia inferiore, di
norma, a venti;
d) che la copertura dell'orario sia assicurata per l'intero anno con
lo svolgimento, da parte dei docenti contitolari delle classi cui il
progetto si riferisce, di tre ore di servizio in aggiunta a quelle
stabilite per l'orario settimanale di insegnamento, nei limiti e
secondo le modalità stabilite in sede di contrattazione collettiva
o, nel caso di mancata disponibilità degli stessi, con
l'utilizzazione, limitata alle ore necessarie, di altro docente
titolare del plesso o del circolo, tenuto al completamento
dell'orario di insegnamento; ovvero, qualora non si verifichino
dette condizioni, con l'utilizzazione di altro docente di ruolo
disponibile nell'organico provinciale.
2. Le attività di tempo pieno, di cui all'articolo 1 della
legge 24 settembre 1971, n. 820, potranno proseguire, entro il
limite dei posti funzionanti nell'anno scolastico 1988-1989,
alle seguenti condizioni:
a) che esistano le strutture necessarie e che siano effettivamente
funzionanti;
b) che l'orario settimanale, ivi compreso il tempo-mensa,
sia stabilito in quaranta ore;
c) che la programmazione didattica e l'articolazione delle
discipline siano uniformate ai programmi vigenti e che
l'organizzazione didattica preveda la suddivisione dei docenti
per ambiti disciplinari come previsto dall'art. 128.
3. I posti derivanti da eventuali soppressioni delle predette
attività di tempo pieno saranno utilizzati esclusivamente per
l'attuazione dei moduli organizzativi di cui all'articolo 121.
Art. 442 - Dotazioni organiche
1. Le dotazioni organiche dei ruoli
provinciali della scuola materna, nonché le dotazioni organiche
provinciali della scuola media e degli istituti e scuole di
istruzione secondaria superiore, dei licei artistici e degli
istituti d'arte sono rideterminate annualmente entro il 31 marzo.
2. L'organico provinciale della scuola elementare è determinato
ai sensi dell'articolo 121.
3. A decorrere dall'anno scolastico 1994-1995 gli organici sono
rideterminati in relazione alle prevedibili cessazioni dal servizio
e, comunque, nel limite delle effettive esigenze di funzionamento
delle classi previste dal piano di cui all'articolo 51.
4. I criteri e le modalità per la rideterminazione degli organici e
la programmazione delle nuove nomine in ruolo sono stabiliti con
decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i
Ministri del tesoro e per la funzione pubblica.
Art. 121 - Moduli di
organizzazione didattica ed organico dei docenti
L'organico provinciale è annualmente determinato sulla base
del fabbisogno di personale docente derivante dall'applicazione dei
successivi commi e dalle esigenze di integrazione dei soggetti in
condizione di handicap e di funzionamento delle scuole o istituzioni
con finalità speciali e ad indirizzo didattico differenziato, nonché
da quanto previsto dall'articolo 130.
2. Al fine di consentire la realizzazione degli obiettivi educativi
indicati dai programmi vigenti, l'organico di ciascun circolo
didattico della scuola elementare, è costituito:
a) da un numero di posti pari al numero delle classi e delle
pluriclassi;
b) da un ulteriore numero di posti in ragione di uno ogni due
classi e, ove possibile, pluriclassi.
3. I docenti sono utilizzati secondo moduli organizzativi
costituiti da tre docenti su due classi nell'ambito del plesso
di titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia
possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli
costituiti da quattro docenti su tre classi, in modo da
assicurare in ogni scuola l'orario di attività didattica di cui
all'articolo 129.
4. I posti di sostegno sono determinati a norma dell'articolo n.
443.
|
Annotazioni
Abbiamo già detto
, e non ci ripeteremo, cosa si debba intendere per noi il “tenere conto
delle prevalenti richieste delle famiglie “ ( v. punto 2-): una
programmata diversificazione dell’offerta sul territorio, non
un’annuale rimodellazione e “sudditanza” del Piano dell’Offerta
Formativa di ciascuna scuola alle
più disparate richieste dei genitori. Ciò premesso, ci interessa ora
verificare se questo decreto scardini o invece consenta di mantenere
l’attuale “quantità” di ore di scuola, ivi compreso il tempo pieno
Quali
indicazioni scaturiscono dal confronto fra il vecchio dlgs 297/94 e il
nuovo
L’art. 129 del
precedente dlgs 297/94, abrogato, stabiliva che “l’orario nella
scuola elementare ha la durata di 27 ore settimanali”, prevedendo la
possibilità di innalzare tale orario fino a un massimo di 30 ore per
tutte le classi di uno stesso plesso, e chiariva che “il tempo
eventualmente dedicato alla mensa” era escluso da entrambi gli orari
(27 ore o 30 settimanali). Al successivo art. 130 il dlgs 297/94
sanciva la possibilità di arricchire e integrare l’orario fino ad
un massimo di 37 ore settimanali, compreso il tempo mensa, e consentiva
alle attività di tempo pieno di
“proseguire
entro il limite dei
posti funzionanti nell'anno scolastico 1988-1989”,
con un orario di 40 ore settimanali, comprensivo della mensa, e
organizzato sulla base degli ambiti disciplinari.
Cosa dice il nuovo
decreto?
L’orario, come per
la scuola dell’infanzia e la scuola secondaria inferiore, è definito
annualmente, lasciando la sua distribuzione all’autonomia organizzativa
e didattica delle scuole.
L’orario annuale
obbligatorio è di 891 ore, che se rapportato a 33 settimane di scuola
dà un orario settimanale di 27 ore, come nel precedente decreto.
A questo orario
vengono aggiunte 99 ore annue “la
cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi”.
Da entrambi gli orari ( 891 e 99) è “escluso il tempo eventualmente
dedicato alla mensa” ( “il tempo eventualmente dedicato alla mensa”
è la frase standardizzata utilizzata costantemente anche nel dlgs
297/94), che in Italia è sempre stato di 2 ore giornaliere ossia 330
annue (2h giornalierex5gg settimanalix 33 settimane= 330 ore annue),
anche se le scuole autonome, se volessero, potrebbero modificarlo. E
ora facciamo un po’ di conti:
ore annue 891+99+330 = 1320
1320:33 settimane= 40 ore settimanali
Ciò significa che
le scuole possono organizzare le loro attività fino ad un massimo di 40
ore settimanali. Da questo punto di vista non si può dire che il Tempo
pieno sia stato abrogato, né che attualmente sia modificata la
possibilità dei docenti di dedicare parte del loro orario di
insegnamento all’assistenza alla mensa, considerato che è rimasto in
vigore l’art. 131 del dlgs 297/94 che all’ultimo comma stabilisce ”
Nell'orario di cui al comma 1 è compresa l'assistenza educativa svolta
nel tempo dedicato alla mensa.”, confermato dall’art. 26 dell’ultimo
CCNL (2002-2005) che include nelle 22 ore settimanali di insegnamento
l’assistenza alla mensa.
La
distribuzione disomogenea del Tempo Pieno
Da moltissimi
anni, a livello nazionale, il tempo pieno nella scuola elementare è
attestato su percentuali attorno al 24%, con differenze enormi fra Nord
e Sud che andrebbero analizzate e comprese, così come andrebbe
analizzato e compreso il fatto che al SUD la regola che prevedeva che
solo eccezionalmente il tempo scuola fosse organizzato su un
unico turno antimeridiano su 6 giorni settimanali (“fino alla
predisposizione delle necessarie strutture e
servizi è consentito adottare l'orario
antimeridiano continuato in sei giorni della settimana”
recita l’art.129 del dlgs 297/94) si è trasformata spessissimo in norma
generalizzata. Non sono solo le diverse condizioni dell’organizzazione
familiare a determinare questa situazione, è anche l’assenza di una
cultura dell’educazione dell’infanzia che in altre parti d’Italia è
stata guidata e costruita dagli Enti locali. Gli slogan degli anni ’60
/’70 “Il diritto allo studio comincia
a tre anni” e “Tempo
pieno” furono parole d’ordine lanciate e sostenute da comuni
democratici e illuminati che insieme ad alcune allora battagliere
associazioni di docenti, come l’MCE, portarono da un lato alla
trasformazione degli “asili” comunali in “scuole dell’infanzia”,
facendole assurgere nella coscienza e nel costume dei cittadini a vere e
proprie scuole dell’obbligo, e dall’altro alla trasformazione degli
antichi segreganti “doposcuola comunali” in classi a tempo pieno,
un’esperienza educativa fra le più ricche e innovative, che fu
consegnata allo Stato con la
legge 820/71. Altrove non è stato così, la diversità del tessuto
socio-economico e l’assenza di questa spinta propositiva hanno
determinato un circolo vizioso per cui da un lato si imputa
alla mancanza di strutture e
servizi( spazi, laboratori,
mensa ecc..) l’assenza di un maggiore e diverso tempo scuola nelle
elementari, dall’altro i servizi non si sviluppano perché non c’è
nessuna pressione politica, sociale e culturale per ottenerli. Così
oggi assistiamo al fatto che in città come Milano, Firenze e Bologna,
per citare solo tre capoluoghi di regioni diverse, il tempo pieno è
ancora in crescita e le classi organizzate a TP raggiungono veri e
propri picchi ( a Milano, per esempio, sono a tempo pieno l’88,7% delle
prime classi e il 79,1% delle quinte), mentre in grandi città del Sud
come Napoli, Bari e Palermo non ci si avvale del tempo pieno.
Non solo Tempo
Pieno
Quando fu varata
la legge di riforma della scuola elementare (n°148/90) si dette vita ad
un modello che doveva superare da subito le 25 ore settimanali di
insegnamento, giudicate allora insufficienti, e in prospettiva le 40
ore del tempo pieno, il cui sviluppo fu congelato (i posti non avrebbero
dovuto più superare quelli funzionanti nell' a.s. 1988-89). La riforma
del 1990 sancì, sotto la pressione di fortissime spinte “occupazionali”,
un organico di tre docenti su due classi, anche nei casi di solo orario
antimeridiano, facendo lievitare enormemente il numero dei docenti nella
scuola elementare. Oggi non si tratta di recedere dai livelli
conseguiti, ma sicuramente di utilizzarli al meglio per diffondere sul
territorio nazionale un servizio che offra agli
alunni un buon tempo scuola sia
antimeridiano che pomeridiano,
come avviene nella grandissima maggioranza dei Paesi europei . Per fare
questo bisogna costruire modelli che non siano necessariamente quelli
del tempo pieno tradizionale, con tutte le classi rigidamente
organizzate su 40 ore settimanali: un’eccezione nel panorama europeo. Si
tratta a nostro avviso di
superare sia l’impostazione del governo, individualistica e riduttiva,
attenta solo ai dati economici, sia la difesa ad
oltranza di questa organizzazione del tempo pieno. C’è necessità di
aprirsi ad una possibile varietà di modelli organizzativi, che
utilizzino al meglio gli organici. Ancora
una volta le Regioni e i Comuni dovrebbero guidare la battaglia per
dare vita ad una scuola primaria
attenta ai
bisogni educativi dell’infanzia e insieme capace di soddisfare le
esigenze di custodia espresse dalle famiglie, senza cadere nè in antiche
ghettizzazioni né nell’imposizione di modelli organizzativi “unici”. La
cornice istituzionale (orari,
organici) per condurre e vincere questa battaglia non è stata ancora
smantellata, si tratta di intervenire per salvaguardarla e sfruttarla
con intelligenza e lungimiranza. Su questo dovrebbero impegnarsi le
scuole autonome senza cedere a tentazioni corporative
di puro mantenimento dello status quo.
Scuola secondaria di primo grado
|
SOLO
le parti evidenziate In GRIGIO sono
ABROGATE |
Nuovo decreto legislativo |
Decreto legislativo 297/1994 |
Scuola secondaria 1° grado
|
Scuola media |
Articolo 10 -
Attività educative e didattiche
1. Al fine di garantire l’esercizio del diritto-dovere di cui
all’articolo 4, comma 1, l’orario annuale delle lezioni nella
scuola secondaria di primo grado, comprensivo della quota riservata
alle Regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
all’insegnamento della religione cattolica in conformità alle norme
concordatarie, di cui all’articolo 3, comma 1, ed alle conseguenti
intese, è di 891 ore.
2. Le istituzioni scolastiche, al fine di realizzare la
personalizzazione del piano di studi, organizzano, nell’ambito del
piano dell’offerta formativa, tenendo conto delle prevalenti
richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il
profilo educativo, e con la prosecuzione degli studi del secondo
ciclo, per ulteriori 198 ore annue, la cui scelta è
facoltativa e opzionale per gli allievi. Le predette richieste
sono formulate all’atto dell’iscrizione. Al fine di ampliare e
razionalizzare la scelta delle famiglie, le istituzioni scolastiche
possono, nella loro autonomia, organizzarsi anche in rete.
3. L’orario di cui ai commi 1 e 2 non comprende il tempo
eventualmente dedicato alla mensa.
4. Allo scopo di garantire le attività educative e didattiche, di
cui ai commi 1 e 2, è costituito l’organico di istituto. Per lo
svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al
comma 2, ove essi richiedano una specifica professionalità
non riconducibile agli ambiti disciplinari per i quali è prevista
l’abilitazione all’insegnamento, le istituzioni scolastiche
stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci,
contratti di prestazione d’opera con esperti, in possesso
di titoli definiti con decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’università e della ricerca di concerta con il Ministro per la
funzione pubblica.
5. L’organizzazione delle attività educative e didattiche
rientra nell’autonomia e nella responsabilità delle istituzioni
scolastiche, fermo restando che il perseguimento delle finalità di
cui all'articolo 9 è affidato, anche attraverso la personalizzazione
dei piani di studio, ai docenti responsabili degli insegnamenti e
delle attività educative e didattiche previste dai medesimi piani di
studio. A tal fine concorre prioritariamente, per l’intera
durata del corso, il docente in possesso di specifica formazione
che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio,
svolge funzioni di orientamento nella scelta delle attività di cui
al comma 2, di tutorato degli alunni, di coordinamento delle
attività educative e didattiche, di cura delle relazioni con le
famiglie e di cura della documentazione del percorso formativo
compiuto dall’allievo, con l’apporto degli altri docenti.
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Art. 162 - Istituzione delle
cattedre e dei posti di ruolo
1. Con decreto del Ministro della
pubblica istruzione di concerto con quello del tesoro, sono indicate
le materie o i gruppi di materie per i quali possono costituirsi
cattedre di ruolo.
2. Le condizioni per l'istituzione delle cattedre e dei posti di
ruolo, nonché gli obblighi d'insegnamento, sono ugualmente stabiliti
con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con
quello del tesoro.
3. Le cattedre di educazione tecnica e di educazione fisica nelle
scuole medie sono costituite in modo che il relativo insegnamento
sia impartito per classi e non per gruppi e, rispettivamente, per
squadre e per sesso.
4. Le dotazioni organiche dei ruoli provinciali del personale
docente della scuola media, di cui all'articolo 444, comprendono
anche i posti di sostegno a favore degli alunni portatori
di handicap, di tempo pieno, di attività integrative,
di libere attività complementari e di attività di istruzione
degli adulti finalizzate al conseguimento del titolo di studio.
5. Nelle scuole medie integrate a
tempo pieno sono istituite, sulla base di criteri stabiliti con
decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio
nazionale della pubblica istruzione, cattedre-orario comprensive
delle ore d'insegnamento delle discipline curricolari, delle ore di
studio sussidiario e delle libere attività complementari
Art. 166 - Programmi e orari
di insegnamento
1. I programmi, gli orari di
insegnamento e le prove di esame sono stabiliti con decreto del
Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale
della pubblica istruzione. I programmi per l'insegnamento della
religione cattolica sono adottati secondo le modalità stabilite con
le intese di cui all'articolo 309.
2. Nel dare applicazione a quanto disposto dal comma 1, sono tenute
presenti le seguenti esigenze: (N.d.R.)
a) rafforzamento dell'educazione linguistica attraverso un più
adeguato sviluppo dell'insegnamento della lingua italiana - con
riferimento alla sua origine latina e alla sua evoluzione storica e
delle lingue straniere;
b) potenziamento dell'insegnamento di scienze matematiche, chimiche,
fisiche e naturali - finalizzate quest'ultime anche all'educazione
sanitaria - attraverso l'osservazione, l'esperienza e il graduale
raggiungimento della capacità di sistemazione delle conoscenze;
c) valorizzazione, nei programmi di educazione tecnica, del lavoro
come esercizio di operatività unitamente alla acquisizione di
conoscenze tecniche e tecnologiche.
3. L'orario complessivo degli insegnamenti non può
superare le 30 ore settimanali, ferme restando le speciali
disposizioni per le scuole medie funzionanti nella provincia di
Bolzano, per le scuole medie con lingua d'insegnamento slovena,
nonché per le scuole medie annesse agli istituti d'arte e ai
conservatori di musica e per le scuole medie per ciechi.
4. Previo accertamento delle possibilità locali possono essere
organizzate scuole medie integrate a tempo pieno, nelle quali
sono istituite, sulla base dei criteri stabiliti dal Ministro della
pubblica istruzione con l'ordinanza di cui al comma 5,
cattedre-orario comprensive delle ore di insegnamento delle
discipline curricolari, delle ore di studio sussidiario e delle
libere attività complementari.
5. Con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione, sentito il
Consiglio nazionale della pubblica istruzione, sono stabiliti i
criteri generali e le modalità di organizzazione delle scuole medie
integrate a tempo pieno e sono precisate le funzioni integrative e
di sostegno ad esse affidate, nonché le condizioni necessarie perché
possa prevedersene il funzionamento, con riguardo anche alla
prescuola ed all'interscuola.
6. Le attività di prescuola e interscuola rientrano nelle
attività connesse con il funzionamento della scuola di cui
all'articolo 491 ( art.491 “Orario di servizio dei docenti”
disapplicato dal CCNL 1995”).
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Annotazioni
Non ci
dilungheremo sulla scuola secondaria di 1° grado, poiché molte delle
considerazioni sviluppate per la scuola primaria possono riferirsi anche
a questo grado scolastico.
Ci limiteremo a un
po’ di conti sull’orario.
Il dlgs 297/94
prevedeva un orario complessivo non superiore alle 30 ore settimanali,
con possibilità di organizzare scuole medie integrate a tempo pieno.
Il nuovo dlgs
prevede un orario annuale obbligatorio di 891 ore, che rapportato a 33
settimane corrisponde a 27 ore
settimanali, a cui possono aggiungersi altre 198 ore annue ( il doppio
rispetto a quelle della scuola primaria), a cui vanno sommate le
eventuali ore della mensa ( 330 annue). L’orario complessivo massimo
annuale è quindi il seguente
ore annue 891+198+330 = 1419 ore annue
1419:33 settimane= 43 ore settimanali
5-
Organizzazione del lavoro e docente tutor
Queste le norme
nei tre diversi gradi scolastici
Scuola dell’infanzia
art.3
2. “…….Nell’esercizio
dell’autonomia delle
istituzioni scolastiche sono attuate opportune forme di
coordinamento didattico, anche per assicurare il raccordo in
continuità con il complesso dei servizi all’infanzia e con la scuola
primaria.
3. La scuola dell’infanzia cura
la documentazione relativa al processo educativo e, in
particolare, all’autonomia personale delle bambine e dei bambini,
con la collaborazione delle famiglie.
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Scuola primaria
Art. 7
5. “L’organizzazione delle
attività educative e didattiche rientra nell’autonomia e nella
responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il
perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5, assicurato dalla
personalizzazione dei piani di studio, è affidato ai docenti
responsabili delle attività educative e didattiche, previste dai
medesimi piani di studio. A tal fine concorre prioritariamente,
fatta salva la contitolarità didattica dei docenti, per l’intera
durata del corso, il docente in possesso di specifica formazione
che, in costante rapporto con le famiglie e con il territorio,
svolge funzioni di orientamento in ordine alla scelta
delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli allievi,
di coordinamento delle attività educative e didattiche, di
cura delle relazioni con le famiglie e di cura della
documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo, con
l’apporto degli altri docenti.
6. Il docente al quale sono
affidati i compiti previsti dal comma 5 assicura, nei primi tre
anni della scuola primaria, un’attività di insegnamento
agli alunni non inferiore alle 18 ore settimanali.
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Scuola secondaria di 1° grado
art. 10
5. L’organizzazione delle
attività educative e didattiche rientra nell’autonomia e nella
responsabilità delle istituzioni scolastiche, fermo restando che il
perseguimento delle finalità di cui all'articolo 9 è affidato, anche
attraverso la personalizzazione dei piani di studio, ai docenti
responsabili degli insegnamenti e delle attività educative e
didattiche previste dai medesimi piani di studio. A tal fine concorre
prioritariamente, per
l’intera durata del corso, il docente in possesso di specifica
formazione che, in costante rapporto con le famiglie e con il
territorio, svolge funzioni di orientamento nella scelta
delle attività di cui al comma 2, di tutorato degli alunni,
di coordinamento delle attività educative e didattiche, di
cura delle relazioni con le famiglie e di cura della
documentazione del percorso formativo compiuto dall’allievo, con
l’apporto degli altri docenti.
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Il decreto prevede
per tutti tre i gradi scolastici la funzione di “coordinamento”
e di “documentazione” (pare che non si sia potuto usare il
termine “portfolio” perché parola non italiana). Nella scuola
dell’infanzia questa funzione non è strutturata, ma solo definita in
termini generali.Nella scuola primaria e secondaria le funzioni sono
invece ampiamente specificate e assegnate prioritariamente ad un docente
“in possesso di specifica formazione”. Cosa questo significhi non
è assolutamente chiaro. Non può essere questo un aspetto della
differenziazione di carriera, perché non è pensabile concepire un tale
sviluppo legato a singole classi, si creerebbero fra l’altro assurde
rigidità a livello capillare. Se si tratta invece di formazione per
sostenere la riforma, occorrerà
che questa gradualmente coinvolga tutti i docenti.
In tutti tre i
gradi scolastici si cita, ma è più una citazione ritualistica che di
sostanza, il rispetto dell’autonomia scolastica.
L’oggetto del
contendere, il punto che ha suscitato le maggiori proteste e opposizioni
è il “docente tutor” o prevalente della scuola primaria, perché
a questo insegnante è stato per legge assegnato un orario diverso dagli
altri docenti della classe.
Sulla questione
rimandiamo all’intervista a Giovanni Campana sul sito ADi. Ci
premono qui solo poche considerazioni.
Anche il dlgs
297/94 art. 128 comma 4 (abrogato) prevedeva la possibilità di avere
un docente “prevalente”, per quanto solo nei primi due anni
, con l’assicurazione della contitolarità di tutti tre i docenti
operanti sulle due classi.
Era però lasciata alla scuola la scelta organizzativa, e questo quando
ancora non c’era l’autonomia scolastica.
Il nuovo decreto
ha reintrodotto, nell’ultima stesura, la contitolarità
precedentemente abrogata, ma ha mantenuto l’obbligo delle 18 ore di
insegnamento in una sola classe per il docente tutor. Ora è evidente a
tutti che non si tratta di una scelta pedagogica, che non spetterebbe al
governo. E’ invece un problema di organico e di eliminazione di
compresenze. Se questo è il punto, e su questo il governo ha tutti i
diritti di intervenire, deve farlo alla luce del sole, senza nascondersi
dietro questioni di “tutorato”, “coordinamento”, “relazioni con le
famiglie”, “documentazione” , che non spetta a lui organizzare. D’altra
parte, ci si chiede, perché solo nella scuola primaria queste funzioni
devono essere legate ad un maggiore orario di insegnamento in classe? Il
Governo dica con quali organici e con quali tempi intende garantire su
tutto il territorio nazionale un orario scolastico che risponda alle
esigenze educative e soddisfi i bisogni delle famiglie, su questo è
giusto discutere e confrontarsi, non su falsi problemi.
Un
bambino che per ipotesi compia 6 anni il primo settembre può andare
in prima l’anno dopo a 7 anni, per contro un bambino che compia 6
anni il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento può andare in
prima a 5 anni e 4 mesi, generando quindi in prima classe la
presenza di bambini con 20 mesi di differenza ,che a quell’età fanno
una differenza grandissima.
“Nei
primi due anni della scuola elementare, per favorire l'impostazione
unitaria e pre-disciplinare dei programmi, la specifica
articolazione del modulo organizzativo di cui all'articolo 121 è, di
norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un
singolo docente in ognuna delle classi”
(dlgs
297/94 art. 128 comma 4)
“Nell'ambito
dello stesso modulo organizzativo, i docenti operano collegialmente
e sono contitolari della classe o delle classi a cui il modulo si
riferisce”
(dlgs 297/94 art.128
comma 5)
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