Collaborazione Scuola-Famiglia: "alleanza educativa" o rischio di
ingerenza?
aspettative reciproche e difficoltà degli insegnanti
Abstract
Scuola e famiglia, due grandi sistemi, entrambi influenti
sull’educazione dei bambini, hanno dovuto rivedere i loro rapporti,
rispetto al passato, per andare incontro alle trasformazioni sociali di
questi ultimi decenni che hanno visto cambiare queste stesse
istituzioni, il mondo del lavoro, ecc..
Anche le richieste di collaborazione della recente riforma scolastica
italiana, tese a favorire lo sviluppo degli apprendimenti e della
personalità degli alunni, si possono inserire in questa necessità di
modificare i rapporti tra i due sistemi.
Questa situazione può essere osservata da un’ottica
sistemico-relazionale e secondo i principi della psicologia
emotocognitiva (Baranello, M. 2004) che studia i processi di
organizzazione di un sistema che agisce in funzione del proprio sviluppo
e mantenimento.
Da quest’ottica si vede l’interazione tra due sistemi molto complessi
e influenti nella crescita del bambino, che cercano di entrare in
contatto, con tutte le difficoltà che tale relazione potenzialmente
porta con sé, considerando che la scuola e la famiglia si basano su
obiettivi educativi differenti. Un sistema, secondo la psicologia
emotocognitiva, (o organismo) può essere un singolo individuo, una
coppia, una famiglia, un’istituzione, ecc.
Ogni sistema, come la scuola, la famiglia, tenta di essere armonico,
pertanto, se incontra delle difficoltà a mantenere il proprio stato di
equilibrio prova a ripristinarlo e se non ci dovesse riuscire cercherà
una soluzione che gli permetterà di mantenere le regole sulle quali si
era strutturato prima della variazione.
Se i tentativi del sistema saranno vani dovrà cercare delle soluzioni
per trasformarsi e integrarsi con altri sistemi che non può
completamente ignorare.
In tal senso, scuola e famiglia, pur partendo da regole e finalità
educative un pò diverse avrebbero bisogno di integrarsi, di entrare in
contatto in forma serena e collaborativa per poter essere utili allo
sviluppo della personalità degli alunni.
Entrambi hanno le loro regole, i loro obiettivi educativi, i loro
bisogni e desideri sull’evoluzione del bambino-discente che rendono
difficile la loro integrazione.
L’atteggiamento a volte intrusivo di alcune famiglie verso il lavoro
degli insegnanti porta questi ultimi a percepire come una riduzione del
loro campo d’azione.
Le intrusioni nel lavoro degli insegnanti possono evidenziare una certa
sfiducia nella scuola
da parte della famiglia e la sua difficoltà di cambiare e provare ad
integrarsi ad essa. Quando uno dei due microsistemi, rappresentati da un
dato team docente e una data famiglia, non trovano un accordo per
iniziare un lavoro di collaborazione, i motivi possono essere tanti,
tutti spesso riconducibili alle resistenze dell’uno o dell’altro
microsistema ad aprirsi ad una eventuale modifica delle proprie regole
strutturali.
Introduzione
La riforma della scuola, entrata in vigore in Italia nel 2003 ha portato
in primo piano il ruolo delle famiglie nell’iter scolastico dei propri
figli, prevedendo all’art.1 una cooperazione tra scuola e famiglia e un
coinvolgimento nella definizione del portfolio e dei piani
personalizzati. Il tipo di integrazione delineata dalla riforma fra
l’ambiente scolastico e quello familiare non si rivela poi sempre serena
poiché i soggetti coinvolti sono molteplici.
La famiglia continua a mutare il suo aspetto con una costante
trasformazione di ruoli, valori, dinamiche. Trasformazione che è
possibile notare anche attraverso i modelli presentati dai media che
ogni giorno appaiono sui teleschermi.
Nel corso del tempo la famiglia ha subito una lenta evoluzione. Si è
sviluppata in forme patriarcali, matriarcali, estese o ristrette, chiuse
o aperte, ad alta o bassa mobilità sociale integrandosi velocemente con
gli effetti della rivoluzione industriale, le nuove forme di
comunicazione e presenza virtuale.
La riforma della scuola ha avuto l’effetto di inserirsi nel processo
di cambiamento storico della famiglia, modificando le dinamiche di
interazione fra i luoghi dedicati alla formazione e la famiglia,
proponendo nuove tipologie di integrazione tra questi due universi e
cercando di aprire un ruolo più centrale alla stessa all’interno
dell’iter scolastico.
La legge 53, approvata nel 2003, evidenzia uno spostamento dell’asse
culturale: da scuola che offriva la stessa formazione a tutti a scuola
che modella la sua offerta sul singolo. La riforma sta richiedendo una
formazione continua degli insegnanti all’interno di corsi universitari e
dei genitori affinché possano accrescere le loro competenze sulle
modalità di approccio alla vita scolastica.
Nei confronti di questi ultimi la formazione viene richiesta per non
correre il rischio di richieste individualistiche e poco rispettose dei
reali bisogni del bambino, sia sulla scuola nel suo complesso perché
possa davvero arricchire la sua offerta formativa.
Entrando nello specifico del rapporto famiglia-scuola, si suppone possa
esserci ancora un po' di diffidenza da parte degli insegnanti nei
confronti dei genitori che possono apparire a volte come intrusi, vista
la richiesta della riforma di ampliare la loro partecipazione all’iter
scolastico dei propri figli.
La scuola e gli insegnanti hanno un ruolo essenziale nella formazione
delle future generazioni: si creano pertanto inevitabili aspettative
della famiglia nei confronti della scuola e viceversa degli insegnanti
nei confronti di alunni e famiglie.
Molto spesso le due ottiche sono molto differenti e genitori e
insegnanti non riescono a trovare forme di “alleanza educativa”.
Collaborazione Scuola-Famiglia: "alleanza educativa" o rischio di
ingerenze?
Nell’incontro tra i due sistemi educativi, proposti al bambino,
rispettivamente rappresentati dalla scuola e dalla famiglia, diventa
possibile delineare le reciproche aspettative.
L’ insegnante può conoscere meglio gli alunni soprattutto se ha la
possibilità di confrontarsi con i loro genitori. Gli alunni non possono
essere educati a settori ma in modo globale, così da poter crescere
come persone capaci di compiere delle scelte in un mondo che si apre ai
loro occhi con una vastissima gamma di proposte e di possibilità.
Quindi tra insegnanti e genitori deve potersi sviluppare un vero patto
che consenta ad entrambi di conoscere i percorsi a scuola e a casa dei
ragazzi, tanto da poter costruire insieme il loro futuro.
In tal senso dovrebbe avvenire un’integrazione tra i due sistemi in
questione.
Al momento dell’instaurarsi del rapporto tra i genitori degli alunni e i
loro insegnanti si iniziano a delineare delle aspettative reciproche.
Il genitore che iscrive il figlio a scuola compie intanto un gesto di
grande valore simbolico, quello di affidare, consegnare ad altri, il
proprio figlio per la prima volta.
Questa consegna ad altri avviene cominciando dall’iscrizione del proprio
figlio alla Scuola dell’infanzia. Mentre negli anni ’50 e ’60
l’affidamento alle strutture scolastiche era legato ad un “bisogno”
della famiglia(soprattutto nel caso dei bambini di tre anni e nelle
strutture comunali) e l’asilo era appunto un rifugio, il posto della
cura,ecc.., la cultura diffusa sul ruolo della scuola si è poi andata
trasformando già negli anni ’70 con una scuola d’infanzia, soprattutto
nell’ultimo anno, alla quale veniva affidato il compito di favorire la
socializzazione del bambino e la sua preparazione alla scuola
elementare.
Cosa si aspetta il genitore dalla scuola? Lo percepisce come un luogo
altro da sé in cui il figlio può avviarsi ad una crescita legata alla
socializzazione?
Si suppone che il genitore sia implicitamente consapevole del fatto che
suo figlio, nell’ambito scolastico riceverà varie influenze che gli
saranno indispensabili per crescere, si arricchirà nel confronto con gli
altri, adulti e pari.
Insomma, si suppone che il genitore riconosca suo figlio non come clone
di sé stesso ma come altro da sé. Attualmente, le famiglie attribuiscono
alla scuola un mandato più complesso della semplice richiesta di una
istruzione adeguata e di preparazione al mondo del lavoro per i propri
figli. Un’attesa di questo tipo rischia di andare delusa perché la
scuola non è sempre in grado di corrispondere positivamente ad essa.
Succede allora che la comunicazione scuola-famiglia risulti spesso
bloccata e sulla difensiva reciproca.
Accade invece che i genitori esprimano soddisfazione nei rapporti con la
scuola quando hanno la percezione di compiere insieme agli operatori
scolastici un percorso il cui senso è condiviso, quando si riescono ad
esplicitare le attese e le paure reciproche, quando si riesce a
collaborare, sfruttando le proprie competenze, per arrivare ad un
obiettivo comune.
Le attese degli insegnanti verso la partecipazione dei genitori alla
vita scolastica possono essere varie. L’insegnante ha intanto
l’aspettativa di essere accettato, soprattutto per i suoi metodi di
insegnamento.
Si attende di poter essere, un punto di riferimento costante per le
famiglie e di poter gestire i rapporti con queste in modo sereno e con
un buon livello di definizione e accettazione degli obiettivi comuni che
portano entrambi ad orientare il percorso educativo dello studente.
Quando i due sistemi non riescono a collaborare subentrano dei
problemi che portano ad alcune forme di stress il personale docente.
Come si sa, in tutti gli ambiti lavorativi ci possono essere situazioni
stressanti, di burn out. Anche la categoria degli insegnanti può essere
soggetta a situazioni di stress che rendono pesante e difficile la
continuazione serena dell’esperienza lavorativa, in quei contesti dove
sono difficili i rapporti con l’utenza.
Nei contesti in cui, per qualche motivo viene a mancare la
collaborazione dei genitori, gli insegnanti trovano maggiore difficoltà
a superare i possibili disagi (gestione della classe, difficoltà di
apprendimento,ecc..).
Nel mondo della scuola esistono numerose fonti di stress, difficili
da gestire. Alunni, genitori, programmi,ecc.. esercitano tutti una
propria pressione sull’insegnante, che la fronteggerà secondo il proprio
stile e le proprie risorse personali.
Il lavoro dell’insegnante, viene spesso sottovalutato da chi non lavora
nella scuola. Può essere invece molto stressante, per le competenze
professionali, psicologiche e organizzative che implica.
Il fenomeno del disagio degli insegnanti ha assunto una massa critica
tale da avere il diritto di ricevere una nuova adeguata attenzione.
I cambiamenti che in questi ultimi anni hanno caratterizzato
l’organizzazione scolastica nel nostro Paese hanno reso l’insegnante più
vulnerabile.
Questa categoria, può aver bisogno di un momento di riflessione e di un
percorso di crescita che le consenta di acquisire strategie d
prevenzione e di gestione attiva dello stress. A riguardo stanno
fiorendo vari corsi per sviluppare nell’insegnante un percorso di
autoconsapevolezza e di autocontrollo che può permettere al singolo
docente di apprendere a gestire in modo efficace le situazioni più
difficili nell’ambito della propria attività professionale.
In questi corsi, il primo momento è di autovalutazione, al quale segue,
in sintesi, l’apprendimento di specifiche procedure per il superamento
di emozioni negative, il miglioramento dell’autostima, la conduzione
efficace della classe, il miglioramento del proprio stile di
comunicazione.
Conclusione
Eventuali disaccordi tra i due microsistemi (team docente – famiglia)
determinano piccole questioni irrisolte. Le incomprensioni sul piano
educativo, quando ci sono, possono essere legate alla pretesa di
entrambe le parti di essere nel giusto a tutti i costi, pena il dover
ammettere di aver commesso qualche errore.
In sostanza, ognuno dei due sistemi sembra voler lottare per non
modificarsi. Lo psicopedagogista di quella data scuola, lavorerà con
loro attraverso la riflessione e il ripensamento su atteggiamenti e
comportamenti spesso consolidati e cronicizzati.
Potrebbe progettare di riportare l’ordine nei rispettivi ruoli,
facendoli ridefinire insieme per poi stabilire fino a che punto possono
essere ammessi i suggerimenti rivolti ai docenti e in che modo.
Entrambi i microsistemi dovrebbero essere aiutati a cercare strategie
anche per favorire il proseguimento tranquillo della vita di classe.
Potrebbero essere cercate anche opportune soluzioni all’esterno della
scuola per lavorare con le difficoltà dei due microsistemi.
Ad esempio attraverso la frequenza di corsi in cui i genitori possano
apprendere modalità di approccio non intrusivi al mondo della scuola e
gli insegnanti possano rielaborare i propri vissuti stressanti per
affrontarli diversamente.
Non sempre si incontra la disponibilità delle famiglie a farsi aiutare,
ad aprirsi ad una visione meno negativa della scuola, a lavorare sulle
proprie resistenze, ma occorre l’aiuto della famiglia quando l’alunno ha
delle difficoltà (apprendimento, relazionali,ecc..), se si vuole pensare
di risolverle, anche per questo si punta a favorire la collaborazione
tra i due microsistemi.
Nei casi in cui il disaccordo non consente la collaborazione, le due
parti potrebbero seguire insieme un percorso mediativo finalizzato ad
evitare loro la creazione di meccanismi di strumentalizzazione e
colpevolizzazione perché non ci siano né vincitori, né vinti ma
protagonisti alla pari che superano le controversie attraverso il
dialogo e il confronto, l’osservazione e la valutazione delle emozioni.
riferimento bibliografico per citare
questa fonte:
Scorpiniti, M.
(2006)
Collaborazione scuola-famiglia:
"alleanza educativa" o rischio di ingerenza?
Aspettative reciproche e difficoltà.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 19 gennaio 2007.
Bibliografia di Riferimento
Baranello, M. (2004) Principi
base della psicologia emotocognitiva. SRM Psicologia Rivista
(www.psyreview.org). Roma, 09 maggio 2004.
Lamanna, F. (2003) Il burn-out in
sanità: sindrome da stress o malattia professionale? SRM
Psicologia Rivista (www.psyreview.org). Roma, 11 settembre 2003.
Meloni, E. (2005) Enzo Meloni sul
rapporto scuola-famiglia. (www.indire.it)
Nava, A. (2005) Quando cambia la
scuola. (www.indire.it)
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