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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

DIRITTI E DOVERI DEGLI INSEGNANTI COME LAVORATORI NELLA SCUOLA AUTONOMA

Gruppo di lavoro coordinato da Ciro Sbrana

 

Stato giuridico e diritti di contrattazione:

 

1)- In materia di assunzioni, l’accesso alla professione docente di personale a tempo indeterminato deve avvenire  mediante concorso, come stabilito dall’art. 97 della Costituzione: non possono quindi essere prefigurati spazi di iniziativa per i dirigenti scolastici.
Riteniamo infatti che sia giusto mantenere graduatorie pubbliche (di livello nazionale o regionale) per l’assunzione degli insegnanti, e che sia indispensabile garantire l’indipendenza dell’insegnante sia dalla dirigenza scolastica che dal potere governativo nazionale o regionale. Si tratta quindi di discutere e valutare le soluzioni che garantiscano questa soluzione;

2) L’area di contrattazione degli insegnanti deve essere un’ area specifica all’interno del comparto della scuola. Va di conseguenza mantenuto uno specifico livello di contrattazione attraverso le RSU nelle singole scuole autonome, che coinvolga anche gli insegnanti e non solo il personale ATA, al contrario di quanto veniva previsto dalle proposte del ministro Moratti.

 

Valutazione e sviluppo di carriera

Si tratta di costruire, anche sulla base di esperienze funzionanti in Europa, sistemi di valutazione esterna del lavoro delle unità scolastiche e della sua qualità, che tengano conto anche del giudizio, espresso a distanza di tempo, e quindi sulla base di una verifica della validità dei risultati formativi effettivamente conseguiti, degli studenti e delle loro famiglie.

Un efficiente e rodato sistema di valutazione dei risultati dovrebbe avere al centro l’ accertamento dei livelli iniziali e finali di conoscenza, capacità e competenza degli studenti: ogni altro criterio ( pagellino dei corsi di aggiornamento frequentati, dei titoli culturali aggiuntivi conseguiti, degli incarichi svolti all’interno degli organi collegiali ecc.) può essere integrativo, ma non sostitutivo della valutazione dei risultati raggiunti dall’azione di docenza.

Il sistema di valutazione dovrebbe interagire sia con le scuole che con i singoli docenti ai fini del miglioramento della qualità del lavoro.

L’attuale sistema di retribuzione degli insegnanti prevede uno sviluppo stipendiale esclusivamente fondato su criteri di anzianità, da 1250 euro circa del livello iniziale a 1750 circa del livello finale, con scarse differenziazioni per i diversi gradi di scuola. La possibilità di passare dalla carriera di insegnante alla carriera di Dirigente Scolastico riguarda , ovviamente, solo circa l’1% della categoria.

Il problema è dunque quello di introdurre meccanismi di progressione di carriera nell’ambito delle medesime funzioni svolte, sostanzialmente a parità di lavoro, e quindi sulla base di una valutazione della qualità delle prestazioni.

Un’operazione in questo senso,  per essere condivisa dalla categoria ( che è, anche politicamente, condizione di successo), dovrebbe fondarsi, sui seguenti presupposti:

1)-Una differenziazione in base alla qualità del lavoro dovrebbe basarsi su una valutazione che riguardasse la totalità degli insegnanti e individuasse una fascia di merito consistente (almeno il 20% della categoria);

2)-L’innovazione dovrebbe essere inserita nell’ambito di un rinnovo contrattuale significativo, tale cioè da avvicinare l’obiettivo dell’adeguamento del trattamento economico a livelli europei per la generalità degli insegnanti. Si dovrebbe, in questo contesto, far emergere, e valorizzare adeguatamente, tutto ciò che oggi è “sommerso” nel lavoro di un insegnante: dalla preparazione delle attività didattiche, alle attività di aggiornamento e di autoaggiornamento alle attività di programmazione e di progettazione;

3).Il criterio meritocratico potrebbe essere introdotto come accelerazione di carriera, cioè lasciando sostanzialmente intatto il meccanismo della progressione per età, corretto da tali nuovi elementi dinamici

Si dovrebbero inoltre incentivare le attività di programmazione collegiale dell’attività didattica, ma ad esse dovrebbe essere restituito il ruolo di volano delle innovazioni , in particolare sul piano della relazione didattica e della metodologia, liberandole dal peso di troppi adempimenti burocratici.  Si dovrebbero inoltre mantenere differenziazioni di retribuzione corrispondenti all’accettazione di specifiche mansioni aggiuntive, non in modo definitivo ma sulla base di indicazioni annuali del Collegio dei Docenti, e soprattutto sulla base di un preciso bilancio delle esperienze fin qui effettuate. Il problema principale della scuola non è il fatto che ci sia poca attività progettuale, ma che questa attività incida ben poco sui risultati dell’azione formativa. Come le rilevazioni internazionali dimostrano, infatti, la scuola italiana continua a perdere posizioni. E’ perciò necessaria un’attenta ricognizione dell’uso delle risorse,  dai fondi del F. I. S., ai progetti esterni, ivi compresi quelli, come il P.I.A., erogati dagli Enti locali.

Al termine di questa verifica andranno eliminati eventuali sprechi, e soprattutto si dovranno concentrare con maggiore efficacia gli interventi su problematiche come il recupero, l’integrazione degli alunni stranieri, la costruzione di percorsi didattici individuali.

 

L’organico funzionale e le possibilità di differenziazione delle mansioni.

All’interno di un organico funzionale dovrà essere possibile, in modo non rigido e con un frequente cambiamento di ruoli, destinare risorse di personale a mansioni di progettazione, o di servizio alla didattica, o di ampliamento dell’offerta formativa, soprattutto sul piano del contrasto alla dispersione scolastica e della valorizzazione delle eccellenze.

In questo ambito dovrebbe essere risolto, in modo didatticamente produttivo, e non, come oggi spesso avviene, nel senso della semplice sorveglianza degli studenti, il tema delle supplenze.

 

Breve premessa

La decisione di tenere questo convegno sulla professionalità degli insegnanti come momento di lancio del forum provinciale del Partito Democratico sulla scuola è legata alla scelta, contenuta nel programma di governo dell’Unione, di privilegiare una prospettiva di riforma dal basso, che abbia come protagoniste le scuole autonome e i loro soggetti, rispetto alla costruzione di nuove proposte legislative- quadro.

Ciò rende centrale il tema dell’investimento, in termini non solo economici ma anche culturali e organizzativi, sugli insegnanti, tanto più alla vigilia di una fase in cui il turn-over determinerà in tempi molto rapidi un forte rinnovamento della categoria.

Questa scelta tematica ci sembra funzionale anche a un’esigenza, quella di riportare il tema della formazione al centro dell’attenzione politica, valorizzando e dando piena coerenza a decisioni politiche che in parte sono già state assunte, ma che non hanno avuto nel dibattito pubblico il rilievo necessario. In particolare:

a)-l’elevamento dell’obbligo al biennio della scuola media superiore, a cui deve seguire un’elaborazione forte e condivisa, sulla base di una sperimentazione, localmente già in fase di  attuazione, dell’unitarietà del biennio;

b)-la valorizzazione dell’area tecnica e professionale come parte dell’area dell’istruzione;

c)-l’attuazione, con una chiara individuazione degli obiettivi e con una coerenza riconoscibile tra obiettivi e gradualità dell’attuazione, sulla base delle risorse disponibili, di un percorso educativo da 0 a 6 anni che integri asilo nido e scuola dell’infanzia e recuperi pienamente la continuità con una scuola primaria in cui è stata ripristinata, almeno dal punto di vista normativo l’opzione del tempo pieno come modello organizzativo;

d)-le nuove norme sul recupero dei debiti nella scuola media superiore e sull’esame di stato, che rappresentano un banco di prova della capacità della scuola di tornare a essere, realmente, un fattore di costruzione di uguaglianza delle opportunità, di rilancio della mobilità sociale, di qualificazione dello sviluppo del paese a partire dalla valorizzazione della risorsa sapere.

 

1)-La professionalità docente come insieme di competenze

                   Una scuola rinnovata, infatti, ha bisogno di una nuova professionalità docente, che dovrà sostanziarsi di diverse competenze, di tipo culturale e psico-pedagogico, tecnico-professionale, metodologico e didattico, relazionale, di riflessione sulle esperienze e sui risultati.

                   In contrasto, quindi con posizioni che sottolineano in modo unilaterale ed esclusivo l’importanza delle competenze disciplinari, e con tendenze che al contrario rischiano di ridurre progressivamente la funzione dell’insegnante ai suoi aspetti burocratici, noi intendiamo riaffermare l’importanza della  programmazione didattica e del suo carattere collegiale, condizione essenziale, fra l’altro, per il  successivo momento della verifica e della valutazione.

Diventa quindi centrale, accanto alla competenza disciplinare, la capacità osservativa, che consente una approfondita conoscenza del ragazzo e della sua individualità al fine di garantire la flessibilità della “programmazione didattica”.

Ed è centrale anche la capacità di relazione con gli allievi, le famiglie, i colleghi, l’ambiente esterno

 

2)-La formazione iniziale degli insegnanti

Nel quadro di orientamenti positivi che si sono affermati negli ultimi anni, in direzione della costruzione di un percorso che leghi organicamente formazione culturale, specializzazione professionale, reclutamento e tirocinio degli insegnanti,  in modo da evitare il continuo ripetersi di immissioni ope legis e di situazioni di precariato che hanno caratterizzato gli ultimi quarant’anni, è irrinunciabile che la formazione iniziale dei docenti avvenga attraverso un percorso specifico, rigoroso e omogeneo sul territorio nazionale, e fondato su una collaborazione istituzionale e almeno paritaria fra scuola e università.

Da una commissione mista Scuola-Università che ha lavorato nel corso dell’estate è emersa (a firma Bastico –Modica) una proposta in base alla quale la formazione, attraverso istituzioni tipo SSIS va rivolta a personale già selezionato attraverso pubblico concorso immediatamente successivo alla formazione universitaria di carattere disciplinare, in numero pari o poco superiore alle necessità previste nello sviluppo programmato della scuola Questo personale così selezionato avrebbe una ‘promessa’ di lavoro, tanto che la successiva fase di formazione potrebbe essere sostenuta da un sistema di borse di studio o assegni di formazione. In un primo momento, dopo la formazione, questo personale potrebbe accedere a contratti a tempo determinato, per esempio per due anni, periodo in cui svolgerebbe funzioni di insegnamento nei posti temporaneamente vacanti (supplenze) e in percorsi didattici abbastanza organici da consentire un’effettiva valutazione. Quindi, con una successiva valutazione di idoneità, accederebbe al ruolo.

Un altro orientamento presso il ministero tende invece a lasciare all’Università il compito della formazione, riservando successivamente all’apparato della Scuola il reclutamento e le varie forme di verifica dell’avvenuta professionalizzazione del personale.

La proposta Bastico- Modica offre un percorso più motivante per i giovani laureati, in quanto chi ha vinto un concorso ha una garanzia di lavoro e facilitazioni economiche anche nel periodo della formazione, che quindi sarà svolta in modo meglio finalizzato alla futura carriera; inoltre rende possibile la soluzione, per noi ottimale, di un impegno comune delle due istituzioni formative fondamentali del nostro sistema di istruzione. Scuola e università, che troppo spesso si rimandano le responsabilità dei difetti della preparazione dei nostri giovani,  dovrebbero essere capaci di lavorare insieme per un fine comune, organizzando una forma rinnovata delle SSIS con le caratteristiche sopra esaminate.

 

3)-L’investimento nella scuola e l’adeguamento del trattamento economico dei docenti ai parametri europei

Le obiezioni che da sempre vengono sollevate, da destra e anche da una certa cultura sedicente riformista contro l’idea di un adeguamento del trattamento economico degli insegnanti al livello medio dei paesi OCSE sono palesemente prive di fondamento.

Il ministro Fioroni ha  confutato efficacemente l’ argomento relativo al rapporto docenti-studenti più alto in Italia che negli altri paesi ricordando la particolare struttura del territorio italiano, e soprattutto  gli 80.000 insegnanti di sostegno, a testimonianza del fatto che il  nostro Paese è  all’avanguardia nell’integrazione degli alunni diversamente abili, inseriti in classi comuni e non speciali, come avviene nel resto d’Europa. Comunque,se esistono sprechi ed inefficienze è compito del governo porvi rimedio, senza assumerli  surrettiziamente come  argomenti per negare la piena valorizzazione della professionalità docente.

Per quanto riguarda l’orario di lavoro, il Quaderno bianco, firmato congiuntamente dai  ministri Padoa Schioppa e Fioroni, mostra esplicitamente che la differenza delle ore di insegnamento tra l’Italia e la media OCSE – differenza definita “leggera” dal rapporto OECD, “Education at a glance” – non è tale da giustificare il fatto che gli insegnanti italiani guadagnino 8-9000 euro l’anno meno della media europea.

Il programma elettorale dell’Unione affermava in modo impegnativo “Lo stato di forte disagio in cui versa il mondo della Scuola deriva anche dal disconoscimento e dalla sottovalutazione della funzione e dell’autorevolezza sociale degli insegnanti …Bisogna riconquistare  la fiducia degli insegnanti , riconsegnare loro le risorse e un ruolo centrale per la realizzazione dell’innovazione. Occorre attivare politiche per valorizzare il loro lavoro, il loro ruolo, la loro formazione scientifica nelle loro diverse declinazioni disciplinari, la loro funzione di intellettuali e di protagonisti di scelte chiave per la qualità del futuro del Paese”.

Se si vuole dare coerenza a queste affermazioni bisogna interpretarle come l’impegno da parte del  governo di centro-sinistra a compiere uno sforzo finanziario straordinario per cominciare ad avvicinare gli stipendi dei docenti italiani alle medie europee. E per fare questo occorre una decisione politica, perché è un problema che può essere avviato a soluzione attraverso due o forse tre leggi finanziarie.

 

4)-La valutazione del sistema scuola e la carriera degli insegnanti

A partire dagli anni ottanta, la maggior parte dei paesi economicamente avanzati – ma non l’Italia -  si è dotata di un sistema nazionale di valutazione basato sulla misurazione degli esiti della scuola, ad esempio in termini di competenze degli studenti e dei molteplici fattori che  concorrono a tali risultati. Un sistema nazionale di valutazione  è assolutamente indispensabile per monitorare l’efficacia dei sistemi educativi, come è riconosciuto anche dal Quaderno bianco. Nel quaderno si dice che “la maggioranza degli insegnanti avverte chiaramente la necessità della valutazione”, ma la percentuale di tale maggioranza in realtà supera di poco il 50%, a dimostrazione del ritardo culturale di una parte consistente del corpo insegnante.

Come lo stesso Quaderno bianco suggerisce, la correlazione tra valutazione dell’azione educativa e l’incentivazione dei docenti non può essere automatica – non lo è in Francia o in Germania, ad esempio, dove l’esistenza di sistemi di valutazione nazionali non si riflette sui criteri di determinazione della carriera dei docenti.

L’attuale sistema di retribuzione degli insegnanti prevede uno sviluppo stipendiale esclusivamente fondato su criteri di anzianità, con scarse differenziazioni per i diversi gradi di scuola.

Il problema è dunque quello di introdurre meccanismi di progressione di carriera nell’ambito delle medesime funzioni svolte, sostanzialmente a parità di lavoro, e quindi sulla base di una valutazione della qualità delle prestazioni.

Un’operazione in questo senso,  per essere condivisa dalla categoria ( che è, anche politicamente, condizione di successo), dovrebbe fondarsi, sui seguenti presupposti:

1)-basarsi su una valutazione che riguardasse la totalità degli insegnanti e individuasse una fascia di merito consistente (almeno il 20% della categoria);

2)-essere inserita nell’ambito di un rinnovo contrattuale significativo, tale cioè da avvicinare l’obiettivo dell’adeguamento del trattamento economico a livelli europei per la generalità degli insegnanti. Si dovrebbe, in questo contesto, far emergere, e valorizzare adeguatamente, tutto ciò che oggi è “sommerso” nel lavoro di un insegnante: dalla preparazione delle attività didattiche, alle attività di aggiornamento e di autoaggiornamento alle attività di programmazione e di progettazione;

3).Il criterio meritocratico potrebbe essere introdotto come accelerazione di carriera, cioè lasciando sostanzialmente intatto il meccanismo della progressione per età, corretto da tali nuovi elementi dinamici.

5)-Gli insegnanti come lavoratori

In materia di assunzioni, l’accesso alla professione docente di personale a tempo indeterminato deve avvenire  mediante concorso, come stabilito dall’art. 97 della Costituzione. Riteniamo che sia indispensabile garantire l’indipendenza dell’insegnante sia dalla dirigenza scolastica che dal potere governativo nazionale o regionale. Si tratta quindi di discutere e valutare le soluzioni che garantiscano questa soluzione;

L’area di contrattazione degli insegnanti deve essere un’ area specifica all’interno del comparto della scuola. Va di conseguenza mantenuto uno specifico livello di contrattazione attraverso le RSU nelle singole scuole autonome, che coinvolga anche gli insegnanti e non solo il personale ATA, al contrario di quanto veniva previsto dalle proposte del ministro Moratti.

All’interno di un organico funzionale dovrà essere possibile, in modo non rigido e con un frequente cambiamento di ruoli, destinare risorse di personale a mansioni di progettazione, o di servizio alla didattica, o di ampliamento dell’offerta formativa, soprattutto sul piano del contrasto alla dispersione scolastica e della valorizzazione delle eccellenze.

6)-Gli insegnanti nell’ambito della scuola dell’autonomia

Nel quadro di un necessario adeguamento degli organi di governo della scuola alle norme sull’autonomia, che deve riuscire a conciliare il principio della partecipazione democratica e quello dell’efficienza delle decisioni e affermare il potere e la responsabilità dei dirigenti scolastici prevedendo un adeguato sistema di contrappesi e di bilanciamenti, per quanto riguarda il collegio dei docenti sono necessarie regole di funzionamento (dai poteri di convocazione alla possibilità di suddividersi per aree e commissioni), che ne valorizzino le capacità di progettazione e di programmazione didattica; parallelamente dovrà essere valorizzato il ruolo di contrattazione a livello decentrato delle RSU.

Il nucleo di valutazione del funzionamento dell'istituto è l’unico organismo veramente nuovo previsto dalle proposte di legge attualmente in discussione. La proposta di legge del centrosinistra definisce così i suoi compiti: “valutazione dell'efficienza e dell'efficacia del servizio, che opera anche tenendo conto delle finalità fissate dall'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione in ordine alla qualità complessiva dell'offerta formativa. Il nucleo di valutazione, su indicazione del consiglio della scuola, si collega a rete con i nuclei di altri istituti. Il nucleo di valutazione è composto dal Garante dell'utenza di cui all'articolo 4, comma 4 nonché da un docente e da un soggetto esterno all'istituzione scolastica, nominato dal consiglio della scuola”.

7)-L’esperienza pisana dei servizi all’autonomia

Nei documenti del convegno è inserito un bilancio dellesperienza pisana (dalla costruzione dellOsservatorio scolastico provinciale alla vicenda dei centri di supporto allautonomia tra il 1998 e il 2001 alla costituzione di un tavolo permanente di concertazione tra autonomie scolastiche e autonomie locali coordinato dallAmministrazione Provinciale e articolato nelle varie aree della provincia, che ha dato buona prova di sé nelle fasi in cui si è dovuto discutere della programmazione territoriale e del dimensionamento delle unità scolastiche. Questa esperienza contiene a nostro avviso molti elementi che meritano di essere generalizzati. In particolare ci sembra rilevante la scelta di aggredire i punti di criticità con la costituzione di servizi di supporto, che sono invece per loro natura perequativi perché ad essi si rivolgono maggiormente le scuole che hanno difficoltà a risolvere da sole i problemi , rispetto al finanziamento dei progetti che invece danno più risorse alle scuole che ne hanno già di più dal punto di vista professionale e delle capacità progettuali, senza che spesso ciò contribuisca necessariamente a migliorare il problema che si vuole risolvere.


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