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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Educatori o vigilantes? *

La condanna del preside del Liceo scientifico Majorana di Rho, per omessa vigilanza sugli alunni che fumavano spinelli nei bagni della scuola, ha suscitato, come ha scritto il Corriere della Sera, una “levata di scudi” fra docenti e dirigenti colleghi del  preside Bagnini. L’espressione giornalistica rappresenta efficacemente lo stato d’animo di professionisti della scuola, che si sentono aggrediti da una sentenza che sentono come ingiusta e pericolosa per tutta la scuola.

Don Mazzi ha ricordato che la scuola non può affrontare tutti i problemi della società e Pietropolli Charmet che certi interventi puramente repressivi e non responsabilizzanti rischiano di ottenere l’effetto contrario a quello voluto..Fin qui si può anche essere d’accordo. Non credo però che il problema sia solo meritevole della condanna pedagogica e sociale della condanna giudiziaria, e che ciò che è venuto alla luce in quel liceo debba lasciarci tranquilli, in considerazione del fatto che il fenomeno è molto diffuso e che dirigenti e docenti fanno già quello che possono per combattere la droga con metodi educativi.

Avendo avuto qualche responsabilità pubblica in tema di educazione alla salute e di prevenzione delle tossicodipendenze, so che non esiste una soluzione miracolosa del problema, e che sono sbagliate tanto la medicalizzazione emarginante quanto la punizione criminalizzante: ma a me pare che neppure certi tipi di psicologizzazione  e di pedagogizzazione, volte a comprendere e a generalizzare, siano da soli adeguati a risolvere il problema della droga a scuola.

Le lezioni di due “don” che ci hanno saputo fare

Il rischio è quello di rimuovere questo problema, per mettersi la coscienza in pace con la ricerca di un capro espiatorio, magari fra i presidi, i docenti, i poliziotti, i magistrati.

Una legge dello stato tuttora in vigore (dpr 297/94, art 326) affida al Ministero della PI, oggi MIUR,

il compito di “promuovere e coordinare attività di educazione alla salute e di informazione sui danni  derivanti dall’alcoolismo, dal tabagismo, dall’uso di sostanze  stupefacenti o psicotrope e dalle patologie correlate”. Per questo compito è prevista la costituzione di un apposito comitato tecnico-scientifico” a livello ministeriale e di altri comitati a livello provinciale: che non mi risulta però siano stati più costituiti, dopo gli anni ’90, nei quali si sviluppò con un certo diffuso impegno il Progetto Giovani 93/2000. E’ solo un cenno, per dire che l’attenzione istituzionale, sociale e politica al problema è quanto meno discontinua. I comitati non fanno miracoli e la prevenzione non è facile farla: ma lasciar perdere e distrarsi è come alzare le mani o lavarsele.

Aggiungo che il rapporto che si vive con le leggi e con gli obiettivi che queste esplicitamente perseguono, almeno secondo le intenzioni di chi le ha scritte e firmate è, anche nella scuola, come in gran parte del Paese, piuttosto precario. L’educazione scolastica, quando c’è e quando funziona, è benefica come il rimboschimento; quando non c’è o non funziona, non impedisce frane e smottamenti, nel nostro caso la fumeria nella scuola, che qualcuno deve pur contrastare in qualche modo. O religione o bastone, scriveva a Francesco Crispi don Bosco, che di prevenzione pare si intendesse: e che di bastone, aggiungiamo, non faceva personalmente uso, offrendo al potere pubblico il suo impegno a “prevenirne” l’uso.

Ma c’è un’altra citazione che s’impone a proposito dei rapporti fra docenti e giudici: è la famosa pagina della difesa del ruolo di educatore disobbediente alla legge, fatta da don Milani nella sua lettera ai giudici, nel 1965, in occasione del processo che lo riguardava.

“La scuola, scrisse, è diversa dall’aula del tribunale. Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede fra il passato e il futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi su un filo di rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità (e in questo somiglia alla vostra funzione), dall’altro la volontà di leggi migliori, cioè di senso politico (e in questo si differenzia dalla vostra funzione). La tragedia del vostro mestiere di giudici è che sapete di dover giudicare con leggi che ancora non sono tutte giuste (….)  Ecco perché, in un certo senso, la scuola è fuori dal vostro ordinamento giuridico. (….) E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso. Anche il maestro è dunque in qualche modo fuori del vostro ordinamento e pure al suo servizio. Se lo condannate attenterete al progresso legislativo”. (L’obbedienza non è più una virtù, LEF, Firenze, sd, pp.36-37)

Don Milani si riferiva all’obiezione di coscienza e alla sua lotta per il rispetto integrale dell’art. 11 della Costituzione, in difesa della pace.

Indovinare le “cose belle” che ”i ragazzi vedranno chiare domani”

C’è solo da chiedersi se un maestro illuminato e profetico possa “indovinare negli occhi dei ragazzi” una eventuale legge antiproibizionista e permissiva a proposito del fumo a scuola, come una delle “cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso”. Oso credere che chi la pensasse così sarebbe assai confuso, più dei ragazzi intossicati dal fumo.

La domanda che mi pongo allora è questa: nel dibattito aperto, c’è qualcuno che dica forte che a scuola non si deve fumare, né tabacco né altro? E che sappia resistere e mettere a repentaglio la sua popolarità, per rispetto della legge, dei valori che questa difende, della propria dignità di cittadino e della salute dei ragazzi? Non avrà, costui, tutte le ragioni e non otterrà sempre i risultati voluti. Basta soltanto che gli scudi non siano levati solo contro i magistrati, né solo contro i presidi, ma anche contro gli spacciatori e coloro che ne utilizzano i servigi, credendo magari di fare cosa lecita o tollerata.

Certo non basta schierarsi con i valori e con i diritti umani, di cui una legge specifica fa carico alle autorità scolastiche, per ottenerne il rispetto. Qualcuno nota che il docente dev’essere un educatore, non un vigilantes. Giusto. Ma che cosa vuol dire educatore? E’ uno che dialoga solo e non prende posizione? E’ uno che finge di non vedere o che non vuole vedere, che non ritiene giusto mai “sorvegliare e punire”? La storia dell’educazione è anche storia di confusioni e di abusi di autorità e di potere, ma anche la volontà di separare totalmente la repressione dall’educazione presenta difficoltà e rischi. E’ noto che lo Statuto delle studentesse e degli studenti fra le molte cose buone che prevede ha affermato, con una venatura di anglismo, che “nessuna infrazione disciplinare connessa al comportamento può influire sulla valutazione del profitto” (dpr 24.6.1998, n.249, art.4,3); mentre la legge 53/2003 ha introdotto la “valutazione, periodica e annuale, degli apprendimenti e dei comportamenti degli allievi” . Il problema resta dunque aperto e andrà affrontato con equilibrio e con buon senso.

Oggi anche nella prassi dei ministeri e dei poteri repressivi vien crescendo la cultura della prevenzione e della convinzione. Un rapporto leale e corretto tra educatori,  forze dell’ordine e magistratura deve partire da una condivisione delle finalità razionali della legge e dalla ricerca di una sinergia che non sia uno scaricabarile. Una lettura comune del citato Statuto, fatta insieme da docenti, ragazzi, genitori, psicologi, forze dell’ordine potrebbe essere un contenitore giusto anche per esplorare il problema dei comportamenti “fumosi”, colti nelle motivazioni, negli atteggiamenti, nelle dinamiche, nei risultati attesi e in quelli ottenuti da parte dei diversi soggetti interessati.

Vigilare e contestare, con fantasia

Ho visto in certe scuole ottimi CIC, centri di informazione e consulenza, voluti dal dpr 309/1993, che nella CM 11.10.1995 n.325 sono stati definiti anche “centri di innovazione creativa”.A pochi metri di distanza c’erano bagni luridi, pieni di scritte oscene su ogni parete. Non pensavamo ad una creatività di questo tipo.

Ci sono anche scuole ordinate, pulite, con cartelloni che informano e divertono. Per esempio l’Istituto superiore “Capirola” di Leno, provincia di Brescia. Il che non è frutto del caso. Se in terra ci sono cinque carte, una sesta non si nota. La prima invece la vedono tutti. Se la si tollera, per non scontentare qualcuno, si rischia di lasciare che i comportamenti tollerati diventino costume, quasi un diritto acquisito, e la scuola un immondezzaio, come quasi tutti i luoghi pubblici di questo nostro magnifico e incivile paese.

Alcol, fumo e droga non creano disordine per terra e sui muri, ma nella testa e nel cuore dei ragazzi: e i danni si vedono  anche sulle strade del sabato notte, oltre che ai raggi X.  Da educatori non possiamo pretendere di vincere, ma neppure dobbiamo darci per vinti. Spesso dobbiamo combattere contro pressioni ambientali e indifferenze che infiacchiscono l’animo. Talvolta dai mass media viene qualche buona idea, che va presa al volo: è quello che facciamo dando spazio, nel box accanto, ad un’iniziativa eccellente del Corriere della Sera, che dà una mano alla scuola. Non lasciamo cadere questa mano.

I diritti e i doveri non stanno tutti e solo nelle leggi, nel bene come nel male: ma è difficile salvaguardarli se ci abituiamo a ritenere che le leggi siano noiosi accessori, di cui si può fare a meno, fintanto che non si siano tutti convinti del loro valore. Il prestigio dei diritti e la loro osservanza dipende anche da quello che sappiamo fare per testimoniarne i valori che le leggi intendono difendere e che molti dimostrano di non capire, o di non voler capire.

Luciano Corradini,
presidente nazionale dell’UCIIM


Idee in fumo: addio alle sigarette. La fantasia dei ragazzi per smettere

Non serve ricordare che l'aria fumosa di un bar è cinquanta volte più cancerogena di quella che si respira nel traffico. Bisogna trovare un modo diverso. Ma poiché noi adulti, quel modo, non lo troveremo mai, che lo trovino loro, i ragazzi. «Idee in fumo» è nato così. Dopo aver visto le facce dei liceali milanesi durante l'incontro con i medici dell'Istituto dei Tumori, nel maggio scorso, abbiamo deciso che si doveva inventare qualcosa. Per esempio una sfida tra le scuole (medie e superiori) per trovare una campagna anti-fumo diretta ai coetanei. Anzi, quattro campagne: televisiva, radiofonica, stampa e Internet. Scopo: evitare l'iniziazione (ovvero, non cominciare a fumare); aiutare gli altri a smettere; capire i pericoli del fumo passivo.
Così, ci siamo messi in moto. L'Istituto dei Tumori di Milano, il
Corriere della Sera. Le scuole interessate scaricano il bando del concorso da www.ideeinfumo.it . Se credono, possono chiedere consulenze scientifiche all'Osservatorio sul Tabacco dell'Istituto dei Tumori: è pronto un cd con tutte le informazioni necessarie. Le scuole spediranno i loro lavori entro il 31 dicembre. Una giuria ne sceglierà 24 (divisi tra stampa, Tv, radio e Internet), che verranno messi in rete su Corriere.it e gli altri siti interessati, per essere votati dal pubblico. Gran finale il 31 maggio 2005 ( World No Tobacco Day ), nella Sala Montanelli del Corriere della Sera, in diretta video su Internet: premiazione degli otto vincitori (due per categoria, uno per le medie inferiori e l'altro per le superiori). Dimenticavo: Pubblicità Progresso è interessata a utilizzare i lavori vincitori per una campagna nazionale contro il fumo.
Dettagli, spiegazioni e istruzioni su www.ideeinfumo.it (c'è anche un bel giochino: «Vuoi sapere quanto risparmieresti smettendo di fumare?»). Agli adulti che fumano, invece, non dico niente. Mi limito a citare una frase di Roberto Boffi, pneumologo, uno dei papà di questa iniziativa: «Lavorare sul fumo significa agire sulla causa del 30 per cento di tutti i tumori che noi trattiamo. Smettere di fumare è il colpo più potente che oggi possiamo dare al cancro». Chiaro, o non ancora?
Bene, questo è tutto. Forza, ragazzi: sarà una battaglia interessante tra fumo e fantasia. Vediamo chi vince.

www.corriere.it/severgnini   5.10.04

Beppe Severgnini

 

*Editoriale pubblicato sulla rivista dell’Uciim “ La scuola e l’uomo” N° 10  - ottobre 2004


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