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Gregory Bateson: passi verso un’ecologia della mente

di Luisa Sberlati

Il pensiero di Gregory Bateson a cent’anni dalla nascita. Una vita dedicata alla ricerca della struttura che unisce uomo e ambiente. Il lavoro di uno straordinario scienziato che con i suoi studi ha provocato nuove idee e riflessioni.

"Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?". Singolare figura di scienziato, quella che si pone questo tipo di domande e decisamente ancor più singolare colui che dedica la propria vita alla ricerca delle risposte. Gregory Bateson fu questo tipo di scienziato: insofferente verso ogni forma accademica, si dedicò a mettere a soqquadro le cose piuttosto che a ordinarle. Con il suo lavoro Bateson ci obbliga a ripensare il tutto, a mettere in relazione ciò che teoricamente non è corretto relazionare, ci porta verso una nuova e diversa visione delle cose. "Tracciare le linee di una ecologia della mente è porre le basi per una scienza che ancora non esiste come corpus organico di teoria o conoscenza" scrive in apertura di Verso un’ecologia della mente, la sua opera più conosciuta e apprezzata. Ed è appunto ciò che Bateson tenta di fare per tutta una vita: mettere sul tappeto questioni fra le più apparentemente lontane, come "la simmetria bilaterale di un animale, la disposizione strutturale delle foglie in una pianta, l’amplificazione successiva della corsa agli armamenti, le pratiche del corteggiamento, la natura del gioco, la grammatica di una frase, il mistero della evoluzione biologica e la crisi in cui oggi si trovano i rapporti fra uomo e ambiente". È questo il fulcro, il cuore della ricerca di Bateson: il tentativo di scoprire, descrivere, sistematizzare la "struttura che connette". Ma procediamo con ordine. Di Gregory Bateson ricorre quest’anno il centenario della nascita. Poliedrica figura di studioso, si dedicò nel corso della vita a più discipline: biologia, antropologia, psicologia, etologia, così da fare di sé stesso l’autore di un pensiero singolarmente innovativo.

La formazione di Bateson deve molto alla figura paterna. William Bateson fu un biologo molto conosciuto, a lui si deve tra l’altro il termine "genetica". Gregory Bateson si laureò in scienze naturali e, come nelle migliori tradizioni, sulle orme di Darwin, raggiunse le Galapagos per suggellare il suo apprendistato da biologo. In seguito si dedicò all’antropologia e conobbe e sposò Margaret Mead con la quale condusse il lavoro sul campo nell’isola di Bali. Collaborò con la Langley Porter Neuropsychiatric Clinic di San Francisco per uno studio sulla comunicazione psichiatrica. Negli anni che seguirono approfondì gli studi sulla comunicazione, occupandosi in particolar modo del comportamento e della comunicazione di lontre e foche in contesti di gioco. Creò un proprio gruppo di lavoro con il quale elaborò la teoria del "doppio vincolo". Le scoperte di questo gruppo, in particolare sulla comunicazione familiare e la genesi della schizofrenia si riveleranno molto importanti e ispireranno più di una ricerca. Le sue vicissitudini lo sospinsero sino alle Haway dove si occupò del linguaggio dei delfini. Tutte queste esperienze lo portarono a maturare le sue idee e a condensarle in quel Verso un’ecologia della mente che gli porterà i primi riconoscimenti ufficiali. È dunque la sua formidabile capacità di mettere in relazione i vari campi oggetto dei suoi di studi a farne una figura così eccezionale.

Nel 1972 dunque, Bateson pubblicò il suo libro più famoso, quel Verso un’ecologia della mente che tentava di ripensare la condizione umana. Vi aveva addensato gli studi di una vita, le sue riflessioni sulla schizofrenia, sulla comunicazione animale e umana e la cibernetica. È in questo libro che lo scienziato affronta quelli che saranno i temi del suo pensiero, un tentativo di delineare quella "struttura che connette" che è alla base di tutta la sua opera. Una ricerca che Bateson tenta di sistematizzare definitivamente in Mente e natura pubblicato nel 1979, pochi mesi prima della morte. Per Bateson ogni organismo biologico ha la capacità di conoscere, di pensare e di decidere. E se l’epistemologia è il modo in cui i singoli organismi viventi e gli insiemi degli organismi viventi conoscono, pensano e decidono, allora tutto è epistemologia, tutto è processo di conoscenza. Bateson ha dedicato la propria vita alla ricerca della struttura che connette l’uomo agli altri organismi viventi e gli organismi viventi all’ambiente.

Nemico di ogni rigido dualismo, si era sempre più convinto della centralità della relazione. Liquida Cartesio perché le sue asserzioni hanno "semplicemente mandato in frantumi l’universo in cui viviamo". Per Bateson l’io non è separato dagli altri e dal contesto, tutto è interconnesso, interdipendente. L’uomo è parte del tutto, ne è una componente fondamentale, un tassello dell’universo biologico. E, come ogni parte di un sistema epistemologico e cibernetico, è in grado di influenzare tutto, ma non è in grado di controllare tutto. Assieme ad una serie di studiosi come Norbert Wiener, John von Neumann, Claude Shannon, Warren McCulloch ed altri da vita alle "Macy Conferences" e alla teoria cibernetica che tenta di spiegare il comportamento e la dinamica dei sistemi biologici complessi. Bateson è stato definito soprattutto un "suscitatore di idee", ma fu anche l’autore di alcune scoperte concrete come la teoria del "doppio vincolo" che ha permesso di guardare in un altro modo al problema della schizofrenia. Nonostante questo non ebbe molta fortuna in ambito scientifico e accademico. Probabilmente il problema fu l’avere riposto nella mente e non nell’organismo il soggetto dell’evoluzione biologica. E la dissoluzione della teoria cibernetica alla quale aveva dedicato tanti sforzi fece sì che la maggior parte della sua opera andasse dimenticata o venisse tacciata di genericità.

Nell’ultima parte della sua vita, quando ormai era gravemente malato, scrisse, assieme a Mary Catherine, la figlia, Dove gli angeli esitano. L’unità della natura da lui asserita apriva il campo ad una serie di riflessioni che costituivano il territorio per antonomasia della religione. "Il suo pensiero", scrisse la figlia, "era comprensibile forse solo con il genere di metafore a cui ci ha abituato la religione". Ateo di formazione, Bateson si rese conto che si stava avventurando in un terreno pericoloso, nel quale era facile venire fraintesi. Ovvio che lo scienziato vi si avvicini con cautela, d’altro canto il suo lavoro l’aveva condotto a porsi interrogativi di fronte ai quali avvertiva di dovere mettere in campo una saggezza e un coraggio di tipo diverso da quello seguito sino a quel momento. Era ad una svolta sostanziale del proprio percorso di uomo e scienziato.

Peccato che la figura di Bateson non abbia ricevuto il giusto riconoscimento in ambito accademico, peccato che la sua ricerca si sia interrotta. In un presente in cui si saccheggiano le risorse del pianeta con una sconsideratezza allarmante, in cui non si è più in grado di comprendere che ogni azione ha conseguenze altrettanto gravi e soprattutto non prevedibili, in cui nessuno è più responsabile delle proprie azioni, in cui il concetto stesso di responsabilità è stato svuotato deliberatamente e sistematicamente del suo significato più vero, in cui si intraprendono guerre scellerate motivate unicamente da interessi economici, ripensare a noi come legati al tutto forse può essere un punto dal quale ripartire per questo occidente esangue e ormai a fine corsa. A dirla con Bateson l’uomo più stupido è quello economico: "è ottuso perché i suoi processi mentali sono tutti quantitativi e le sue preferenze sono transitive. Il modo migliore per comprendere l’evoluzione è di considerare i problemi di comunicazione che nascono dal contatto fra culture diverse". E se si considera che stiamo vivendo l’apoteosi dell’uomo economico non si può fare a meno di riportare un passo tratto da Mente e natura augurandoci che non ci faccia solo sorridere: "… il desiderio che se stiamo tutti marciando imperterriti verso il mare come tanti lemming, vi sia almeno uno che prenda appunti e dica: ‘Io ve l’avevo detto’".


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