E poi ogni mattina si entra in
classe…
incuriosire, motivare, costruire competenze significative…
insegnando scienze
Rossana Nencini
Se
osserveremo attentamente i bambini……….
Mi emoziona, ancora, dopo tanti anni
di insegnamento, scoprire quanto i bambini sappiano interessarsi, mi
emoziona incontrare la loro profonda curiosità, il loro desiderio
di sapere, la loro voglia di fare……” Se osserveremo attentamente
i bambini li tratteremo in modo diverso. E capiremo da dove proviene
la nostra capacità di osservare con attenzione: sarà questa la
considerazione più profonda che ne ricaveremo. Quel che di più
interessante hanno i bambini è che sono così enormemente
interessati; quel che hanno di più meraviglioso è l’infinità
capacità di meravigliarsi.”( Tuo figlio è un genio – Le
straordinarie scoperte sulla mente infantile).
Di meravigliarsi nell’osservare
semplici esperienze di laboratorio come ad esempio le piccole
bollicine che si formano durante il riscaldamento dell’acqua, il
loro aumentare, progressivamente, per diventare grandi bolle che
scoppiano e fanno rumore, di stupirsi nel vedere che l’acqua piano
piano diminuisce,….di porsi dei perché: “ Dove sarà andata a
finire maestra?……”
Mi emoziona, ma al contempo mi fa
sentire tutta la responsabilità che la scuola e i suoi insegnanti
hanno in merito all’azione didattica e al successo scolastico dei
ragazzi.
Responsabilità che deriva
dall’attribuire valore a certe scelte didattiche piuttosto che ad
altre, riconoscendo al fare scuola quotidiano un ruolo di primo
piano nel costruire motivazione, interesse, curiosità, desiderio di
imparare, di sapere. L’interesse e la meraviglia che i bambini sanno
dimostrare in classe non nascono per caso, sono il frutto di
un’attività di ricerca didattica complessa, profonda, capillare che
non lascia niente al caso, che non improvvisa, ma coniuga,
continuamente, nelle piste di lavoro che propone agli alunni, una
profonda conoscenza dell’epistemologia disciplinare con altrettanto
profonde conoscenze nella psicologia, nella pedagogia, nella
sociologia dell’educazione. Di una ricerca didattica consapevole che
una scuola di qualità non può essere enciclopedica, ma deve saper
scegliere pochi contenuti fondanti e trattarli a fondo sapendo
valutare a quale età possono essere sviluppati e con quali modalità
devono essere proposti per essere davvero compresi.
E’ necessaria una profonda
trasformazione del “contesto scuola” per poter avviare una concreta
innovazione nelle pratiche dell’insegnamento. Si deve saper incidere
contemporaneamente sulla professionalità dei docenti e sulla
disciplina, impegnandoci in un progetto culturale che dia valore al
ruolo degli insegnanti e sappia impegnarli, all’interno della
propria scuola e di reti di scuole, collegialmente, in gruppi di
studio e ricerca sulla didattica disciplinare nel tentativo di
costruire curricoli disciplinari verticali davvero innovativi.
Curricoli disciplinari verticali
che sappiano individuare che cosa si insegna nelle varie fasce d’età
legandolo al come si insegna, che sappiano ripensare profondamente
gli approcci disciplinari ed educativi ricorrenti, che sappiano
abbandonare l’illusione di un insegnamento enciclopedico per
scegliere e concentrarsi su saperi essenziali cioè fondamentali
nella struttura della disciplina e adeguati alle potenzialità
cognitive degli alunni nelle varie fasce d’età.
Curricolo verticale in cui veramente
“ogni esperienza dovrebbe in qualche modo preparare l’individuo
alle esperienze posteriori più profonde e più ampie. E’ questo il
vero significato di crescenza, continuità, ricostruzione
dell’esperienza” (Esperienza ed educazione – John Dewey).
Curricolo verticale che non sottovaluta la variabile “tempo”
e impone lo svolgersi dell’azione didattica in un “tempo
disteso”. Solo il tempo disteso permette quel livello di
individualizzazione che si orienta a garantire a tutti un
raggiungimento significativo degli obiettivi prefissati. Solo il
tempo disteso permette di svolgere le diverse attività in una
dimensione laboratoriale che è l’unica forma didattica veramente
efficace nella scuola primaria, su di essa si basa la profondità e
la persistenza degli apprendimenti.
Un compito complesso di alta e
specifica professionalità.
Questi i presupposti indispensabili
per poter offrire ai ragazzi di ogni ordine di scuola la
possibilità di appassionarsi, essi stessi, al sapere.
Ma entriamo davvero in classe
………….
e cerchiamo di analizzare quali
momenti caratterizzano proposte di insegnamento delle scienze di
ormai sperimentato valore didattico in grado di affascinare i
bambini, di contribuire a formare in ognuno di loro una mente
critica, l’autonomia di giudizio, il gusto della ricerca e di creare
un contesto classe dove l’insegnante può ridurre al minimo la
necessità di esercitare la propria autorità, perché è la proposta
didattica la migliore garanzia di controllo dell’attenzione e della
concentrazione degli alunni. Nella scuola
primaria lo sviluppo cognitivo degli alunni è tale che qualsiasi
proposta deve necessariamente prevedere l’osservazione diretta di
semplici esperienze su cui i ragazzi siano in grado di riflettere
elaborando previsioni e ragionamenti.
Osservare semplici
esperienze cosa significa? Indubbiamente
aver scelto i contenuti da trattare in quella determinata classe e
quindi in quella fascia di età cognitiva e affettiva, e ovviamente
aver sceto gli esperimenti attraverso cui mostrare ai bambini il
fenomeno oggetto di studio, ma significa anche avere sviluppato,
come insegnante, la consapevolezza della valenza dell’osservazione
in quanto momento didattico fondamentale per costruire conoscenze
significative. Non solo è necessario poter usufruire di ambienti
attrezzati e di strumenti necessari a svolgere concretamente le
varie esperienze, ma occorre garantire l’organizzazione dello spazio
e il tempo necessario ad osservare con l’obiettivo di consentire ai
ragazzi di acquisire, nel tempo, la capacità di interrogare
l’esperienza, cioè di osservare ponendosi dei perché e cercando
delle spiegazioni. E allora anche un semplice esperimento, come
l’ebollizione di una piccola quantità di acqua distillata, diventa
uno straordinario catalizzatore di attenzione .
I bambini seduti in cerchio attorno
al tavolo su cui si svolge l’esperienza pongono attenzione ad ogni
dettaglio, sono pronti a cogliere ogni minimo cambiamento. Mentre
osservano attentamente si scambiano opinioni e le riferiscono
all’insegnante “ Guarda maestra si sono formate delle minuscole
bollicine sul fondo del becker!!!…..Stanno cominciando a salire….Ora
stanno diventando più grandi …..Salgono…..Esce del fumo……Il loro
interesse verso l’osservazione dell’esperienza non si esaurisce
velocemente e, spesso, ne chiedono la ripetizione, per osservare
meglio quel fumo che qualcuno è riuscito a vedere a malapena,
per verificare quanto diventano grandi quelle piccole bolle che poi
scoppiano e riempiono di uno strano rumore l’aula, dove, tutti, si
sono completamente zittiti per ascoltare.
Il riferimento all’osservazione di
fenomeni concreti nella scuola primaria è essenziale, così come è
essenziale operare scelte rigorose in merito ai fenomeni da
proporre agli alunni individuando quei fenomeni che sono meno
carichi di teoria e quindi sostanzialmente connessi ad attività di
osservazione e sperimentazione da cui i ragazzi possano estrapolare
significative definizioni operative. Ritorna, quindi, la necessità
di effettuare una profonda analisi epistemologica della disciplina
per individuare all’interno di essa i livelli di complessità dei
diversi fenomeni. Ma per quanto interessante e coinvolgente
l’attività di osservazione di esperienze non può essere fine a se
stessa se l’obiettivo dell’azione didattica è quello della
costruzione di conoscenze consapevoli.
Se ci limitassimo all’osservazione
non consentiremmo ai bambini di approfondire, ampliare, e, talvolta
confutare le conoscenze legate al senso comune. Soprattutto se ci
limitassimo a riproporre semplici esperienze legate al vissuto
quotidiano, come nel caso dell’ebollizione dell’acqua, l’attività
didattica sarebbe sostanzialmente inutile. Ciò che costruisce
significato è la riflessione individuale e collettiva
sull’esperienza vissuta e osservata insieme. Occorre che ogni
bambino, nella sua individualità, possa avere la possibilità di
riflettere su quanto osservato e questo non può avvenire, da subito,
in una dimensione di discussione collettiva che, troppo spesso, da
spazio solo ai ragazzi più intraprendenti, più sicuri di sé, e
lascia nell’ombra tutti gli altri. E’ necessario che ogni alunno si
sforzi per attivare il proprio sistema di rappresentazione simbolico
e dia forma linguistica a quanto osservato, riflettendo in maniera
sistematica e acquisendo consapevolezza.
E acquisire consapevolezza significa
tradurre “in parole” l’esperienza vissuta, raccontarla, dandogli
consequenzialità logico-temporale ed evidenziarne i particolari
significativi. Dentro ad ogni esperienza è nascosta una “storia” con
un inizio, uno svolgersi e concludersi, una storia che ogni bambino
deve narrare con il proprio linguaggio naturale, personale, senza
schemi imposti dall’insegnante, perché possano essere narrate anche
le emozioni, positive e negative perché ci si possa appassionare a
quanto si scrive, perché si scriva volentieri. “Oggi siamo andati
in laboratorio di scienze, la maestra, appena entrati, ha preso la
piastra elettrica e un becker, con dentro acqua demineralizzata. Una
volta accesa la piastra e posizionato il becker, abbiamo dovuto
aspettare, ma dopo il giusto tempo, finalmente l’acqua si è riempita
di bollicine minuscole, però solo sul fondo. Dopo altro tempo le
bolle si sono ingrandite, dal becker usciva fumo bianco e si sentiva
un lieve rumore, sempre più forte. Aspettando ancora si è sentito
anche uno strano odore, la stanza si era riscaldata e ormai le bolle
erano tante e grandi Quando la maestra ha spento la piastra, l’acqua
era la metà di quanta ce ne aveva messa e le bolle non smettevano
perché la piastra era ancora calda,e neanche il fumo aveva smesso”
Samira, al quarto anno della scuola primaria, ha “raccontato”
così l’esperienza di ebollizione dell’acqua usando il proprio
linguaggio naturale, ma riuscendo a cogliere in modo incisivo e
consequenziale tutti i dati significativi dell’esperienza: il
tempo, le bollicine, il fumo le grandi bolle, la diminuzione
dell’acqua. Ha associato delle parole ad ogni elemento cruciale
dell’esperienza, parole che attribuiscono significato all’esperienza
stessa e da essa acquistano significato condiviso. Le parole, come
sostiene Dewey, possono isolare e conservare un significato solo
allorchè esso è stato in precedenza implicato nei nostri contatti
diretti con le cose. Non tutte le descrizioni\ narrazioni prodotte
dai ragazzi sono, ovviamente, corrette e complete come quelle di
Samira…In relazione a descrizioni o
produzioni individuali imprecise, poco chiare, sono necessarie
alcune considerazioni intorno all’età cognitiva dei bambini e allo
scopo per cui scrivono. Sarebbe assolutamente inopportuno
intervenire sulle narrazioni degli alunni con pesanti correzioni
ortogrammaticali e di contenuto, si scrive per capire , è quindi
impossibile pretendere che il linguaggio usato possa essere
strutturalmente e lessicalmente corretto come quello di chi ha già
capito. I bambini devono sentirsi liberi di scrivere senza timori
relativi alla correzione dell’insegnante, ciò che deve prevalere,
nel nostro caso, è il tentativo di mettere per scritto le proprie
idee, i propri pensieri, di costruire una propria rappresentazione
mentale di ciò che si è osservato. Operazione tutt’altro che facile
e immediata……..c’è chi lascia per lungo tempo il foglio in bianco
prima di “mettersi in gioco”, prima di “mostrare” i propri
pensieri, per timore di sbagliare, per difficoltà a trovare le
parole……ma, spesso, perché ritiene che non valga la pena esplicitare
il proprio punto di vista, considerato assolutamente inadeguato e
certamente inferiore a quello del compagno.
Non dobbiamo
dimenticare le “storie” che caratterizzano ogni alunno, storie
individuali e familiari che determinano pesantemente modi di essere,
di percepire, di comprendere…di costruire la propria autostima.
Storie che la scuola ha il dovere di considerare, storie diverse,
che devono avere un peso nella progettazione didattica, non certo
per costruire percorsi differenziati che perseguono obiettivi
diversi, ma piuttosto per riuscire a gestire e orientarsi a colmare
le differenze iniziali. Una scuola di qualità si distingue
soprattutto da come riesce ad affrontare le differenze nell’azione
didattica di ogni giorno, proprio in classe, durante l’ora di
scienze, ……… non certo nelle ore aggiuntive dedicate all’illusione
del recupero.
E’ il
fare scienze che segna una scuola più democratica.
Il linguaggio
improprio e confuso che caratterizza gli scritti di un numero
consistente di alunni all’inizio del percorso di “questo”
insegnamento delle scienze, è l’unico linguaggio che consente loro
di capire, o meglio di iniziare a cercare di dare forma, sulla base
delle proprie strutture cognitive, ai fenomeni che si sta
osservando; ha, quindi, un grande valore per lo sviluppo successivo
delle capacità logico linguistiche e per il potenziamento del
pensiero riflessivo, indispensabile per l’acquisizione di
significative competenze scientifiche. Osservazione profonda e
riflessione capaci di creare, nel tempo, un atteggiamento
individuale verso l’apprendimento che si contrappone fortemente ai
modelli oggi proposti dai mezzi di comunicazione di massa e
riafferma il valore del soffermarsi a pensare, a ragionare, a
prevedere cosa succederà in quel piccolo mondo che sto
interrogando…che riafferma il valore dello sforzo individuale per
rispondere agli interrogativi nati spontaneamente dall’osservazione
o posti dall’insegnante: “piccole sfide” sempre misurate dalla
capacità progettuale dei docenti: non troppo difficili perché
sarebbe scoraggiante, né troppo facili perché non si imparerebbe
gran che e non si sarebbe sufficientemente stimolati.
E’ il fare scienze che educa
al pensiero autonomo e alla riflessione critica
Dopo che ogni bambino
ha elaborato la propria descrizione del fenomeno osservato, diventa
importante il confronto, la discussione collettiva, mirata ad
analizzare, modificare, correggere, arricchire, completare le
produzioni individuali. Cinque o sei bambini, a turno, leggono ai
compagni i propri scritti e su di essi si sviluppa la discussione,
in un clima di cooperazione che mira al raggiungimento di più
obiettivi: da un lato lo sviluppo della concettualizzazione del
fenomeno osservato ( in questo caso l’ebollizione dell’acqua),
dall’altro l’acquisizione della capacità di cooperare cioè il
rapportarsi con gli altri, rispettando i diritti e le opinioni
altrui, sviluppando la capacità di lavorare insieme per la
soluzione di problemi e comprendendo l’importanza dello scambio
verbale per l’interpretazione dei fatti .
Nel testo
“Discutendo si impara” di Pontecorvo, Ajello, Zucchermaglio , si
riportano citazioni tratte dal testo di Cousinet: “Un metodo di
lavoro libero per gruppi” La Nuova Italia
“Ciascuno porta
anche le proprie parole, parole differenti( che qualche volta
indicano la stessa cosa) e siccome ciascuno comprende il significato
del linguaggio che ascolta, le parole che designano spiegazioni si
urtano, si oppongono, e siccome ciascun fanciullo si preoccupa di
far trionfare il proprio punto di vista e di convincere
l’oppositore, …….bisogna osservare più da vicino riprendere la
propria analisi, verificarla, o incorporarvi le spiegazioni di altri
che diventeranno…..elementi di cui egli potrà nutrirsi” e
ancora……“il fanciullo………..impara a proporre le sue interpretazioni
invece di imporle, impara a esprimersi con precisione e in maniera
analitica, a desiderare e a sforzarsi di essere compreso dai suoi
interlocutori, ad ascoltare e comprendere le loro interpretazioni.
Impara a vivere socialmente, cioè ad arricchire il suo pensiero con
l’apporto del pensiero altrui”.
E’ interessante anche sottolineare i
risultati ottenuti dall’insieme delle ricerche condotte da
Pontecorvo e Zucchermaglio; da queste ricerche, infatti è emerso che
durante la discussione in classe si verifica una particolare
situazione di interazione sociale che comporta processi linguistici
e socio cognitivi particolarmente rilevanti ai fini
dell’acquisizione di nuove strategie e conoscenze più complesse. Da
sottolineare, inoltre come queste ricerche abbiano verificato che la
discussione non si realizza naturalmente a scuola, ma è il risultato
di un’attività di progettazione capillare dell’azione didattica che
inserisce nel contesto scolastico condizioni volte a garantire lo
svolgersi di una discussione efficace. “Tali condizioni
specifiche sono:
a)
Un’esperienza comune preliminare alla discussione…….
b)
Un discorso che rielabora l’esperienza compiuta e che si
struttura come situazione di problem solving collettivo, in cui sia
possibile negoziare significati, condividere e confrontare
differenti soluzioni o interpretazioni di uno stesso materiale (ad
esempio un testo scritto) o di una stessa esperienza (ad esempio,
un’osservazione o un’esperimento scientifico).
c)
Un cambiamento delle usuali regole di partecipazione al
discorso scolastico, i turni del discorso non devono essere
controllati dall’insegnante; le usuali domande dell’insegnante sono
in parte sostituite da riprese o rispecchiamenti degli interventi
degli allievi, da richieste di spiegazione e da interventi che
sottolineano un’eventuale discordanza di posizioni (Discutendo si
impara – Pontecorvo, Aiello, Zucchermaglio)
E’ fare scienze che educa alla convivenza
democratica
In questo contesto di
discussione che valorizza il lavoro di tutti integrandolo e
completandolo si ha modo di esplicitare e capire gli errori, di
comprendere le modalità con cui arricchire i propri elaborati, di
modificare il proprio iniziale processo di concettualizzazione o di
renderlo più solido e completo. Concordiamo, quindi, pienamente
nell’attribuire alla discussione collettiva fra pari grande
importanza sia sul piano cognitivo che motivazionale oltre che
linguistico, ma riteniamo che debba essere seguita da un altro
momento di riflessione individuale che dia ad ogni bambino la
possibilità di ritornare, alla luce della discussione appena svolta,
sulla produzione individuale scritta precedentemente, per
integrarla, modificarla, riscriverla a seguito di quanto è emerso
nel confronto collettivo. Trattasi di un momento di affinamento
della concettualizzazione che ci appare sempre più importante per
tutti gli alunni, ma, in particolare, per coloro che, più degli
altri, hanno difficoltà a costruire una propria rappresentazione dei
fenomeni e ad esprimerla in una forma linguistica accettabile.
E’ una richiesta che
stimola a rileggere con attenzione il lavoro individuale e a
richiamare il dibattito verificatosi nel corso della discussione,
per scegliere al suo interno quegli elementi che possano rendere più
significativa la propria verbalizzazione scritta. Si tratta di un
lavoro complesso di cui l’insegnante deve essere pienamente
consapevole, per richiederlo quando ritiene davvero opportuno
garantendo ai bambini il tempo necessario per orientarsi al meglio
in questa attività. Un’altra consapevolezza che l’insegnante deve
avere è legata alla complessità che sta dietro ad ogni significativa
concettualizzazione dei fenomeni, anche dietro ad un fenomeno, in
genere considerato banale come l’ebollizione dell’acqua.
I bambini finora hanno
osservato un’esperienza di ebollizione dell’acqua, ma conoscono la
parola ebollizione? Riconoscono il fenomeno dell’ebollizione? In
genere è necessario dare loro la possibilità di distinguere il
fenomeno dell’ebollizione dal riscaldamento dell’acqua per
consentire di “isolare” l’ebollizione e le sue caratteristiche
peculiari. A seguito della nuova esperienza e dell’osservazione
della stessa, i bambini saranno di nuovo coinvolti in una produzione
scritta individuale che non richiederà loro una descrizione
dettagliata del riscaldamento, ma, piuttosto, la messa in evidenza
delle differenze rilevate fra le due esperienze (ebollizione e
riscaldamento). Solo a questo punto del percorso didattico i ragazzi
saranno in grado di elaborare una definizione di ebollizione
dell’acqua. L’iter della proposta didattica è completamente
ribaltato rispetto a quello prevalente anche nella scuola primaria:
non si parte dalla definizione del fenomeno, magari imparata a
memoria, per poi procedere alla sua spiegazione mediante esperimenti
dimostrativi che i bambini difficilmente comprendono, la definizione
operativa arriva alla fine del percorso ed è costruita dagli alunni
che ne hanno piena consapevolezza.
Costruire passo, passo le proprie conoscenze
scientifiche partendo da fenomeni accessibili legati a conoscenze
strettamente connesse ad aspetti operativi, da fiducia agli alunni
nella loro comprensione di quanto trattato e li stimola ad
approfondire e a ricercare nuovi saperi.
Le definizioni che i
bambini sono in grado di costruire sono le:
“L’ebollizione è un fenomeno in cui l’acqua
fa piccole bollicine, sempre più grandi, fumo bianco, il contenitore
si appanna, l’acqua diminuisce e si agita.
L’ebollizione non
avviene se l’acqua non si scalda abbastanza – Gaia
Su queste produzioni, già sufficientemente
chiare e complete, potrà poi intervenire l’insegnante che “rimetterà
a pulito” le produzioni dei bambini dando loro forma linguistica
adeguata e riportandole su copia fotostatica che ognuno inserirà nel
quaderno individuale.
Il quaderno individuale, strumento
fondamentale e prezioso in questa proposta di insegnamento delle
scienze; documenta nei dettagli tutto il lavoro svolto, individuale
e collettivo, un diario di bordo sia per l’insegnante che per
l’alunno.
L’alunno vi si riferisce per rivedere,
ripensare, studiare quanto costruito in classe e perché no, anche
prepararsi ad esporlo ai compagni e all’insegnante.
Per l’insegnante è un documento da leggere
sistematicamente per meglio “ascoltare” le parole individuali dei
ragazzi e dare loro un peso nel proseguimento di ogni attività
cercando così di piegare, sempre, la proposta didattica rivolta a
tutti, alle esigenze dei singoli, nella convinzione che sia questo
il modo migliore per individualizzare l’insegnamento.
Un’impostazione metodologica operativa,
quindi, che si articola in fasi ben precise:
partire dal fenomeno, osservare,
verbalizzare, discutere affinare la concettualizzazione, fasi che
rappresentano un modello pedagogico-metodologico significativo non
un dogma da appilcare in modo acritico e decontestualizzato, ma un
modello flessibile da adattate alle esigenze del percorso didattico
in sé e del contesto della classe a cui il percorso viene proposto.
Ancora sull’essere insegnante………
Una proposta didattica di
insegnamento delle scienze quella che abbiamo appena tentato di
descrivere, che reclama insegnanti appassionati e competenti che
possiedono cioè specifiche competenze professionali e le sanno
tradurre in una significativa capacità progettuale dove la
disciplina sa incontrare la psicologia dei ragazzi. Un insegnante
che sa svolgere bene il proprio ruolo di programmatore, di
costruttore di itinerari teorici e pratici, didattici e formativi e
che sa coniugare queste competenze con un elevato impegno e un
forte senso di responsabilità. Un insegnante in grado di partecipare
attivamente al processo di insegnamento apprendimento che si svolge
fra docente e alunno e si concretizza nello stargli vicino,
collaborare con lui, ascoltarlo, ma anche proporgli degli obiettivi
e dei compiti precisi, investire su di lui e sul suo futuro
proponendogli percorsi didattici, formativi, motivanti che sappiano
sviluppare il naturale desiderio di apprendere e garantire loro un
personale successo scolastico. Il che non significa un successo
uguale a quello dei compagni, ma comunque la possibilità di
costruirsi, nella scuola, le competenze necessarie a garantirgli
diritto di cittadinanza. Se è necessario nelle proposte di
insegnamento saper coniugare la disciplina con le esigenze affettive
e cognitive dei ragazzi , ci appare altrettanto necessario che
l’insegnante sappia associare, nel proprio mestiere, le
caratteristiche umane di comprensione e disponibilità ad una
concreta capacità di costruzione di percorsi didattici all’interno
dei quali ogni alunno possa sperimentale un concreto successo
personale. E’ la verifica dei concreti progressi nell’apprendimento
la migliore strada per costruirsi nel tempo quell’autostima
personale che conduce, anche i bambini in difficoltà, ad esprimersi,
riempiendo il “foglio bianco” di parole che raccontano storie,
pensieri, idee, ragionamenti, rappresentazioni del mondo che li
circonda.
Il problema della mancata formazione
specifica degli insegnanti investe tutt’ora le scuole di ogni ordine
e grado ed è ampiamente correlato con la disaffezione che i ragazzi
dimostrano verso la scuola. A questo proposito appaiono
particolarmente incisive le parole di Arons che in Guida
all’insegnamento della fisica sottolinea: “In effetti ci si
dovrebbe prendere cura di questo problema nelle scuole, ma ciò non è
stato fatto, né sarà fatto nel prossimo futuro, perché gli
insegnanti con l’eccezione di una esigua minoranza non hanno
sviluppato le necessarie conoscenze e capacità. Deve essere messo
chiaramente in risalto che ciò non è una colpa degli insegnanti. La
condizione dei futuri insegnanti fu ignorata in maniera cieca quando
essi erano all’università, ed essi non furono aiutati a sviluppare
le capacità…..di cui hanno bisogno nelle loro aule. La maggior parte
degli insegnanti in attività sono persone dotate di buona volontà,
ma essi non possono sviluppare da soli le capacità di ragionamento
necessarie. Devono essere aiutati e questo aiuto deve provenire
dall’ambito universitario, sia come preparazione preliminare sia
come aggiornamento successivo……………….e il risultato inevitabile è che
continuamente si laureano insegnanti che fin dal primo istante hanno
bisogno di corsi di recupero.”