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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

LA SCIENZA NEGATA

Eleonora Aquilini, Carlo Fiorentini

 

   La scienza negata costituisce una denuncia della situazione drammatica di declino della ricerca scientifica in Italia. La situazione dell’Italia è sempre stata molto precaria, ma negli ultimi decenni la situazione è ulteriormente peggiorata. L’Italia risulta infatti oggi agli ultimi posti tra i paesi industrializzati per numero di ricercatori in rapporto al numero dei lavoratori. Tutto ciò ha ovviamente rilevanti implicazioni con lo sviluppo economico. Secondo stime recenti “siamo infatti caduti dal 26° al 46° posto per la competitività, e dal 31° al 50° per il livello tecnologico”. Nella prima parte del libro vengono sinteticamente ripercorse alcune vicende esemplari in senso negativo delle scelte politiche sulla ricerca effettuate in Italia negli ultimi decenni, quali i casi Marotta ed Ippolito.

   La seconda parte del libro è invece dedicata ad una analisi delle valutazioni negative espresse sulla scienza da alcuni intellettuali od opinionisti, nella convinzione che le immagini della scienza svolgano un ruolo significativo nello sviluppo o nel regresso delle nazioni. L’arco temporale preso in considerazione è quello di un secolo, per evidenziare i significativi punti di contatto tra pensatori anche molto lontani dal punto di vista politico o religioso. Tra gli autori citati si va dal filosofo Husserl all’ambientalista Rifkin, da Isabelle Stengers ad Edgar Morin, da Adriano Tilgher a Benedetto Croce, da Theodor Adorno a Aldo Gargani, da Severino a Don Giussani, da Feyerabend a Delouze, ed infine da Umberto Galimberti a Federico Di Trocchio.

Per avere un’idea delle argomentazioni sviluppate, ci limitiamo a prendere in considerazione alcune citazioni che si riferiscono a Rifkin, Stengers e Morin.

“Rifkin dedica allora un gruppo di 17 pagine per illustrare ciò che egli definisce il <<paradigma meccanicistico>>… Il progetto è stato elaborato, nella fase iniziale, da tre architetti: Bacone, Cartesio e Newton… E poi venne Newton. Il quale completò e perfezionò l’opera di intossicazione mediante una globale matematizzazione dei fenomeni, che sfociava inesorabilmente in <<una visione del mondo fatta per le macchine, non per le persone>>: Separando e poi eliminando tutta la vita (che è qualitativa) dal mondo fisico (che è quantitativo) di cui comunque la vita stessa fa parte, gli architetti del paradigma meccanicistico rimasero con un universo freddo, inerte, interamente fatto di materia non vivente. Da un mondo di pura materia al mondo del puro materialismo il passo è breve… Seguendo Rifkin il paradigma meccanicista trionfa con l’intervento sulla scena di Charles Darwin, il quale agirà sulla biologia così come Newton aveva agito sulla fisica.

   Isabelle Stangers fornisce una visione completamente diversa dell’impresa galileiana da quella ormai universalmente accettata: Galilei aveva torto e la ragione l’avevano i suoi avversari; Galilei avrebbe infatti effettuato un’operazione politica, da una parte mettendo in scena eventi artificiosi, come i piani inclinati, e dall’altra effettuando un vero e proprio linciaggio intellettuale nei confronti dei suoi avversari. Si tratterebbe di un imbroglio premeditato; Il Galilei della Stengers mette in scena il piano inclinato e poi si ritira dietro le quinte, lasciando che <<il moto testimoni in sua vece>>: E’ il moto stesso, messo in scena dal dispositivo, che farà tacere gli altri autori, che vorrebbero interpretarlo in altro modo. Il dispositivo gioca dunque su un doppio registro: esso “fa parlare”il fenomeno per “far tacere” i rivali. Diventa insostenibile, a questo punto l’opinione secondo cui la legge galileiana del moto è confortata dalla sperimentazione. La legge <<non è legata all’osservazione, ma riguarda un ordine di fatto creato, un artefatto di laboratorio>>.

   Anche in Morin, che dà per scontata la crisi della scienza, riemerge un gruppo di argomenti caratteristici della razionalità vista come follia o intossicazione o potere, e sull’imperiosa urgenza di cambiare il mondo e l’uomo, salvandoli da Newton e dai suoi simili: Bisogna cambiare il mondo. L’universo ereditato da Keplero, Galileo, Copernico, Newton , Laplace era un universo freddo, gelato, di sfere celesti, di movimenti perpetui, d’ordine impeccabile, di misura, d’equilibrio… Come non aver capito che l’ordine puro è la peggior follia che esista, quella dell’astrazione, e la peggior morte che esista, quella che non ha mai conosciuto la vita?[1]

   Non possiamo che essere d’accordo con Bellone nel criticare queste ricostruzioni ed interpretazioni farsesche dell’impresa scientifica, quelle citate precedentemente e le altre da lui prese in considerazione. Non ci convince, tuttavia, l’implicito atteggiamento assolutorio nei confronti del mondo della ricerca scientifica per quanto riguarda il livello culturale dell’Italia: la responsabilità è soltanto degli altri, i denigratori della scienza, nella prima metà del Novecento l’idealismo crociano e gentiliano, poi la folta schiera di intellettuali precedentemente citati e tanti altri.

   Noi riteniamo che una responsabilità non marginale ce l’abbia il mondo della ricerca, che generalmente non si è posto il problema di come la conoscenza scientifica possa diventare cultura per tutti, di come la scienza possa contribuire insieme alla cultura umanistica alla formazione di tutti cittadini. Per molti studenti la scienza studiata a scuola consiste spesso in un insieme di astruserie e di tecnicismi specialistici incomprensibili, di paginate di passaggi matematici senza significato, che corrispondono perfettamente alla descrizione della scienza fornita dai suoi critici.

   Ma cultura scientifica che cosa significa, ed in particolare cultura scientifica del cittadino non specialista?  Una riflessione secolare (fra i tanti J. Dewey) ha evidenziato la profonda differenza che esiste tra cultura, da una parte, ed erudizione e specialismo, dall'altra. Finché si penserà che lo specialismo, - cioè, l'informazione nozionistica sulle teorie scientifiche del Novecento - adattato, ridotto, banalizzato, come generalmente avviene nella scuola secondaria di primo e secondo grado, possa produrre cultura nello studente, non ci si può stupire del livello della cultura scientifica del cittadino. Finché le conoscenze scientifiche verranno trasmesse in modo assiomatico, definitorio, dimostrativo, cioè, come verità assolute, senza vita, perfettamente razionali- come fanno generalmente i manuali - e finché le teorie scientifiche non verranno all'opposto presentate come conclusione di un processo che prende le mosse da problemi, da ipotesi, da tentativi di conferma, ecc., non ci si può stupire della credibilità che hanno su molte persone le considerazioni di Rifkin, Stangers, Morin e degli altri critici radicali della scienza moderna.

   Non ci si può stupire cioè, come è stato evidenziato da innumerevoli ricerche, che la maggior parte degli studenti alla fine della scuola secondaria superiore - e quindi la maggior parte dei cittadini -continuino ad avere conoscenze, atteggiamenti e metodologie sostanzialmente di tipo prescientifico, che fanno riferimento alle concezioni di senso comune e che prescindono totalmente dalle nozioni scientifiche memorizzate a scuola e quasi, ovviamente, subito dimenticate.

   La ricerca scientifica produce in modo sempre più accelerato nuove conoscenze e nuove teorie sempre più concettualmente raffinate e formalmente elaborate. Ed anche in Italia è molto diffusa la consuetudine di aggiornare i manuali e l'insegnamento con conoscenze dichiarative attinenti a queste conoscenze più recenti; si va dal big bang ai buchi neri, dalle manipolazioni genetiche a molte problematiche ambientali. In alcuni casi, le motivazioni sociali e culturali che guidano queste scelte non possono che essere condivise dal punto di vista teorico, ma ciò non è sufficiente per includere questi argomenti nel curricolo se i risultati formativi che si ottengono sono poi in contraddizione con quelle motivazioni. Scelte di questo tipo vengono effettuate spesso anche nella scuola di base.

   Arons, in uno dei migliori libri di didattica della scienze pubblicati negli ultimi cinquant'anni, si chiede, riferendosi addirittura ai corsi universitari, quale significato formativo possano avere: 1) lezioni dove si parla di fisica delle alte energie con l'incomprensibile gergo fatto di quark, gluoni, stranezza, ecc., con studenti che non hanno ancora una comprensione adeguata di concetti, quali accelerazione, massa, forza, energia; 2) lezioni di astronomia dove si tratta di nucleosintesi stellare, pulsar, quasar e buchi neri con studenti che non sono in grado di spiegare perché crediamo che la Terra ed i pianeti ruotino interno al sole; 3) lezioni su DNA, biologia molecolare e struttura dei geni con studenti che non sanno come le diverse sostanze vengono definite e riconosciute, che ad esempio non hanno alcuna idea di che cosa si intenda, dal punto di vista operativo, con le parole "ossigeno", "azoto", "carbonio".

      Queste lezioni "sono inutili nel migliore dei casi, e nel peggiore dei casi dannose, dal momento che non c'è abbastanza tempo per affrontare le domande del tipo << Come facciamo a sapere….?  Perché crediamo che….? Non è possibile che un flusso di parole incomprensibili possa creare una cultura scientifica; semplicemente esso aggrava il problema che stiamo tentando di risolvere"[2].

   In conclusione pensiamo anche noi, come afferma Bellone, citando Paolo Rossi, che le immagini della scienza prevalenti svolgano un ruolo significativo nel progresso o nel regresso di una nazione, ma pensiamo che una responsabilità non marginale sia del mondo della scienza che generalmente  continua a non porsi il problema della costruzione di un’immagine significativa della scienza, a partire innanzitutto dalla scuola.

 

  


 

[1] E. Bellone, La scienza negata. Il caso italiano, Torino, Codice Edizioni, pp. VII, 36-38, 44-45, 46-47.

[2] A. B. Arons, Guida all’insegnamento della fisica, Bologna, Zanichelli, pp 371, 372.

 

 


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