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Lettera aperta a Benedetto XVI Attenzione progettuale all’Africa, Concilio africano, fare passi in avanti nell’inculturazione del Vangelo, convertire la "tribù bianca": di Alex Zanotelli, da www.nigrizia.it Caro Papa, vorrei chiederti subito che quell’attenzione che Giovanni Paolo II ha avuto nei confronti dell’Africa sia anche la tua attenzione. Nessun continente sta soffrendo quanto questo. Nella Sollicitudo rei socialis, il miglior documento in campo sociale di Giovanni Paolo II, il tuo predecessore suggerisce che la chiesa potrebbe alienare parte dei propri beni per andare incontro ai bisogni degli ultimi. Io credo che le chiese, d’Occidente in particolare, dovrebbero mobilitarsi anche su questo versante per far partire una nuova valanga di solidarietà nei confronti delle chiese d’Africa: non parlo di elemosina, bensì di un’attenzione progettuale. Credo che come chiesa potremmo farcela. Questa, per me, non è una questione solo etica. È una questione teologica che tocca la nostra stessa fede: non possiamo tenere insieme nella stessa chiesa “uomini dei dolori” e altrettanti “Pilato”; (come ha scritto il teologo e tuo amico Johann Baptist Metz) perché è chiaro che siamo anche noi cristiani responsabili di tanta sofferenza umana. Se tu riuscissi ad avviare questa dinamica nella chiesa, ne trarremmo tutti un gran giovamento. Un passo di questo genere ci darebbe modo anche di cambiare una mentalità, radicata nelle società e anche nelle chiese occidentali, che ci ha indotto per lunghi secoli a disprezzare sia le culture sia le religioni tradizionali africane. Eppure oggi sappiamo che l’Africa è la nostra madre. Non solo: aggiungo che l’Africa è il polmone antropologico del mondo, una ricchezza che dobbiamo cominciare a cogliere, ad apprezzare, ad ammirare, a sostenere. Se tu, caro Papa, ci guiderai in questa direzione, sono convinto che la chiesa farà passi in avanti verso ciò che chiamiamo inculturazione del Vangelo, cioè quel processo per cui la Parola prende carne nelle diverse culture e non assume solo una coloritura culturale superficiale. A questo riguardo, bisogna dire che in questi ultimi anni ci siamo davvero bloccati, se non abbiamo fatto passi indietro. C’è bisogno di tornare a riflettere su ciò che ci hanno detto alcune grandi voci africane: penso, ad esempio, al cardinal Joseph-Albert Malula, arcivescovo di Kinshasa, o al cardinal Hyacinthe Thiandoum, arcivescovo di Dakar. Quest’ultimo, al Sinodo africano di Roma nel 1994, ha detto con grande serenità e franchezza che le chiese africane non devono elemosinare una loro liturgia perché ne hanno semplicemente diritto. Come hanno diritto a una loro teologia. Per questo, visto che il tuo predecessore ha già convocato un nuovo Sinodo per l’Africa, sarebbe bello se diventasse un Concilio africano, celebrato in Africa. Per poter davvero avere una chiesa che sia autenticamente cristiana e autenticamente africana. Mi sembrano essere queste alcune grandi traiettorie che, tra l’altro, possono rappresentare una credibile risposta all’islam. La sola, autentica risposta che possiamo dare all’islam è dimostrare che l’esperienza cristiana può profondamente incarnarsi in Africa e diventare un cristianesimo africano. Con la speranza di avere presto un Papa nero. Mi piacerebbe se tu ,caro Papa, ricordassi alla chiesa d’Occidente, alla “tribù bianca” (come ci chiamano a Korogocho) che deve essere convertita. Se la tribù bianca non si convertirà – agli ultimi, al rispetto dell’altro – non ci sarà futuro. Ecco allora che la missione diventa davvero globale. E che Gesù, che vuole che ci sia vita per tutti, sorregga te – come ha fatto con Pietro – e ti induca a prendere il largo e a gettare le reti
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