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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Psicologia dell’educazione

L’INSEGNANTE COME REGISTA DI CLIMI EDUCATIVI.
DALL’ASIMMETRIA DI POTERE AL RICONOSCIMENTO RECIPROCO

Lucia Valle

 

Alcuni interrogativi preliminari…

  Nella tradizione, l’insegnante di successo era quello che

sapeva “farsi valere nella classe”: che cosa c’è di

sbagliato in questo?

  Posto che la soggezione verso l’insegnante debba essere

superata, in quale altro modo è possibile ottenere

attenzione, impegno e rispetto negli alunni?

 

…. Con qualche prospettiva di risposta:

1. Clima come espressione della cultura organizzativa

scuola

2. Clima della classe come risultato di una costruzione

dotata di significati.

3. Clima manipolatorio e competitivo.

4. Clima integrativo e di riconoscimento reciproco.

5. Riduzione di asimmetria e nuovo ruolo del docente.

____________________________________________

 

1. Il clima è espressione della cultura organizzativa della scuola.

 

Il termine clima costituisce una variante della nozione

di “atmosfera” (autoritaria, democratica, laissez faire)

introdotta dalle ricerche di Kurt Lewin per identificare

gli effetti dei diversi stili di leadership nei confronti delle

condotte di soggetti che lavorano in gruppo.

Il concetto è stato poi impiegato anche in ricerche

svolte da Rutter in ambito scolastico per identificare le

qualità - in generale abbastanza stabili e considerabili

come una specie di “ethos” - che ogni scuola possiede

e che contribuiscono a determinare effetti sulla qualità

dei risultati scolastici.

Il clima è costituito da un sistema di valori condivisi

che diventano un punto di riferimento per la vita

quotidiana della scuola; un esempio può essere

l’importanza assegnata, nelle diverse scuole, all’uso di

premi e punizioni. Se una determinata pratica entra a

far parte della cultura di una scuola (ad esempio, il

divieto di giocare a pallone nel cortile durante

l’intervallo oppure la tradizione di premiare con una

apposita cerimonia pubblica di fine anno i risultati delle

gare sportive svolte dagli alunni), gli interventi degli

insegnanti non saranno casuali ed estemporanei, ma

seguiranno un criterio generale di coerenza.

Il clima di una scuola (e di una classe) varia anche in

relazione alla sensazione di efficacia degli insegnanti e

alle aspettative che essi hanno rispetto alle potenzialità

degli studenti; le variazioni rispetto a queste due

dimensioni incidono radicalmente sulla motivazione sia

degli studenti che degli insegnanti, come una sorta di

“effetto Pigmalione” allargato.

In ricerche svolte con uno medesimo strumento

standardizzato su studenti appartenenti a quattro

nazioni e provenienti da 823 classi di scuola media

superiore, emerge che i risultati migliori nel successo

scolastico si trovano sistematicamente nelle classi

percepite dai loro membri come fortemente coese al

loro interno, dove gli obiettivi del lavoro comune sono

chiari a tutti e dove ci sono pochi contrasti

interpersonali.

Non mancano anche lavori di ricerca qualitativi svolti

fra gli anni ’60 e ’80, centrati maggiormente sulle

dinamiche psicosociali che influiscono sul clima della

classe.

In anni recenti, è stata condotta nel nostro Paese una

estesa indagine su scuole medie e superiori di quattro

città del Veneto e Trentino-Alto Adige, per valutare gli

effetti prodotti dalla creazione di climi di classe centrati

sulla responsabilità individuale e di gruppo e

sull’attenzione alla valorizzazione delle identità

personali e di gruppo.

Come conseguenza diretta degli interventi sistematici in

tali direzioni gli studenti coinvolti, in confronto a quelli

di scuole prese come gruppo di controllo, hanno dato

valutazioni globalmente positive sul modo di vivere

sperimentato in classe; anche i risultati scolastici a fine

anno sono stati complessivamente più che

soddisfacenti. Il miglioramento del clima affettivo e

relazionale delle classi sperimentali è risultato infatti

correlato positivamente con un miglioramento delle

prestazioni scolastiche (comprensione di parole, di

testi, prove di matematica). Questa ricerca ha

evidenziato anche che il livello di integrazione-coesione

interna fra compagni di classe aumenta con il

progredire della scolarità; ma la particolarità di questa

coesione è data dal fatto che si costruisce una sorta di

solidarietà difensiva contro l’istituzione scolastica la

quale, a mano a mano che gli studenti passano dai suoi

gradi inferiori a quelli superiori, viene vissuta con un

disagio e con una conflittualità sempre maggiore.

Infatti in questi successivi passaggi, la ricerca ha

riscontrato che si riducono i livelli di soddisfazione

complessiva per la vita scolastica così come l’adesione

alle regole e ai valori.

Un ulteriore riscontro empirico in questa ricerca ci

proviene dalle analisi sulle differenze di genere e sull’

estrazione socioeconomica: le ragazze in generale si

sentono più integrate dei maschi; aderiscono

maggiormente alle regole della classe e dimostrano

maggiore sensibilità (timori e incertezze) verso il

successo scolastico; gli studenti di provenienza

socioeconomica più elevata – siano essi maschi o

femmine - risultano più integrati, e con migliori

prestazioni scolastiche dei loro compagni meno

abbienti.

 

2. Il clima della classe è il risultato di una

costruzione dotata di significati.

Gli studi e le ricerche ora citati ci dimostrano che il

clima educativo costituisce il contesto entro il quale si

manifestano le condotte individuali, ma questo contesto

è esso stesso un prodotto culturale e quindi mai

completamente “esterno”. Analogamente alla

comunicazione, anche il clima va costruito e dotato di

significati condivisi: esso è una componente

fondamentale nella vita dell’istituzione scolastica e del

gruppo classe perché produce effetti, anche se non

riconosciuti, anche se non consapevoli.

Sta alla responsabilità e alla competenza delle figure

professionali che operano all’interno del microsistema

scolastico, dirigenti e docenti, far in modo che tale

costruzione sia orientata verso una direzione

cooperativa. In particolare l’insegnante, in quanto

figura di riferimento primario per lo studente, ha

l’onere di predisporre situazioni educative in cui sia

possibile il riconoscimento reciproco. Si tratta di un

corollario dell’azione educativa che, per quanto

essenziale, non viene tenuto presente in modo

sistematico ma più spesso lasciato alla casualità dei

rapporti interpersonali positivi (la fortuna di avere un

“prof aperto al dialogo”), mentre viene esercitata molto

più frequentemente l’asimmetria di potere gerarchico

tra docente e allievi. Sembra infatti molto più agevole

per gli insegnanti evitare coinvolgimenti personali

troppo impegnativi e privilegiare un ruolo ben definito

di leader indiscusso nella classe (one-up) mentre agli

allievi viene riservata una posizione istituzionalmente

subordinata (one-down).

Si potrebbe paragonare l’asimmetria del rapporto

scolastico docente-allievi alla situazione

psicoterapeutica oppure a quella dell’interrogatorio in

tribunale: paradossalmente l’interazione scolastica

potrebbe essere addirittura la più asimmetrica di tutte

perché in tribunale il giudice non conosce le risposte

che gli darà l’imputato alle sue domande mentre invece

l’insegnante conosce alla perfezione e in anticipo le

risposte che gli dovranno essere date alle domande che

pone.

Occorre inoltre riconoscere che, sotto il profilo

culturale, l’asimmetria è per definizione presente nel

contesto scolastico anche per il fatto che il docente

viene istituzionalmente riconosciuto come un “esperto”

al quale è stato attribuito il compito di trasmettere il

sapere a “non esperti. Tale realtà favorisce la

percezione della figura dell’insegnante come dotato di

autorevolezza, ma non legittima in alcun modo anche

l’estensione dell’asimmetria verso relazioni di potere di

tipo manipolatorio e competitivo8, che aumentano la

passività dei partecipanti e non ne mobilitano le risorse

personali.

 

3. Clima manipolatorio e competitivo

Quando nel contesto classe il docente fa prevalere

comportamenti di natura competitiva tra gli alunni, la

relazione educativa inevitabilmente si carica (e si

inquina) di percezioni ostili, diffidenti, che instaurano a

loro volta un clima oppositivo e competitivo, non

certamente favorevole allo sviluppo di apprendimenti e

condotte cooperative. Un clima scolastico di tale

natura è solitamente accompagnto dalla tendenza al

controllo e alla manipolazione mentale da parte

dell’insegnante: egli esercita un potere manipolatorio

quando mantiene una direttività cognitiva rigida sugli

alunni, soprattutto se esercitata surrettizziamente e

sotto forma di emanazione di istruzioni di tipo

algoritmico per ogni situazione di apprendimento: che

cosa fare, quando, come, con quali mezzi.

In tali situazioni, la manipolazione del pensiero consiste

nel fatto che gli allievi, senza che se ne rendano conto,

non sono lasciati liberi di mettere alla prova le loro

personali capacità di ragionamento e di problemsolving,

né di sbagliare: vige infatti tacitamente un

clima di massimo conformismo intellettuale tutto

piegato sull’accettazione passiva del modo di pensare e

di ragionare del docente.

La nozione di clima competitivo e manipolatorio è una

potente chiave di lettura che dà conto delle ragioni per

cui l’insegnante non tollera la modificabilità dei

rapporti, pone come valori dominanti l’obbedienza e la

dipendenza, concepisce l’errore cognitivo dei suoi

alunni come una trasgressione dell’ortodossia e quindi

come una colpa. In questo clima scolastico, egli impone

l’autorità a tutela del suo prestigio personale,

manifesta frustrazione e rabbia di fronte a risultati

negativi perché li percepisce come una forma di

“devianza”dal suo potere di controllo sulle menti delle

persone cosicché i voti negativi costituiscono una sorta

di “punizione” per l’insubordinazione perpetrata a

danno dell’immagine del loro docente.

 

4. Clima integrativo e di riconoscimento reciproco

In che cosa consiste invece il clima integrativo di

riconoscimento reciproco all’interno di un gruppo

classe? E come si differenzia dal clima manipolatorio o

competitivo?

L’educatore esercita la propria autorevolezza in virtù

del riconoscimento che gli allievi fanno della sua

competenza e quindi a tutela della sua mission

formativa. D’altra parte, il riconoscimento non è

unidirezionale ma ha i connotati della reciprocità

quando l’insegnante:

  afferma la presenza dell’altro (di tutti e di ciascun

alunno) nella propria esperienza come elemento che

la rende significativa per entrambi;

  conferma, a sua volta, la propria disponibilità ad

essere presente nella trama vitale dell’allievo non

per imporne un determinato significato ma per

guidarlo a riconoscere e a rendere esplicito a se

stesso il proprio progetto di formazione all’interno

del suo progetto di vita.

Ciò si realizza concretamente attraverso la messa in

opera nella classe di strumenti cognitivi, operativi ed

emozionali che permettano di costruire, ricostruire,

progettare, significare e ri-significare ogni esperienza di

apprendimento e di vita; si realizza accogliendo

nell’azione didattica esperienze di dialogo e di lavoro

che favoriscano nello studente (in tutti ed in ciascuno)

la pluridimensionalità del metodo di conoscenza come,

ad esempio, l’esplorazione di Sé e della realtà, lo

sviluppo della curiosità, l’inquiry, il confronto, il conflitto

sociocognitivo, lo scambio comunicativo.

Tutte queste componenti costituiscono la trama, di

volta in volta diversa, della rete conversazionale che

si realizza in classe come effetto della massima

dinamicità dei rapporti e degli scambi; esse operano

costantemente anche se in forma più o meno manifesta

e con intensità diverse; compito specifico

dell’insegnante è quello di riconoscerle e coordinarle

non tanto, o non soltanto, a fini della coesione sociale

del gruppo ma anche per la costruzione delle

conoscenze e per lo sviluppo culturale dei discenti.

La sua azione di “regìa” non può quindi limitarsi

all’accettazione di queste situazioni – e al loro governo

– solo quando esse si presentano spontaneamente:

occorre invece che sappia promuoverle e progettarle in

modo diversificato per permettere agli allievi di

esercitare, “mettere alla prova”, sviluppare competenze

sociocognitive e relazionali specifiche, in rapporto ai

diversi obiettivi di apprendimento proposti. Occorre

considerare tuttavia che una tale progettazione può

avere buone probabilità di successo soltanto se è

intenzionalmente correlata con il perseguimento di un

altro importante obiettivo formativo: lo sviluppo della

motivazione ad apprendere.

 

5. Riduzione di asimmetria e nuovo ruolo del

docente

Questa gamma di possibili strutturazioni porta, come

conseguenza logica, a configurare in modo diverso le

relazioni interpersonali, poiché viene a ridimensionarsi

la forza asimmetrica nella relazione insegnamentoapprendimento.

Di fronte alle nuove strategie di

apprendimento per ricerca, per gruppi cooperativi, per

situazioni problema; di fronte alla pluralità e alla

differenziazione dei processi formativi, la stessa

dinamica di apprendimento nel processo di formazione

si diversifica e porta a riposizionare anche il ruolo degli

attori del processo. Infatti, i processi di

autoapprendimento cooperativo si relazionano e si

alternano in modo flessibile con processi di

eteroapprendimento, nei quali diventa più determinante

l’apporto specifico dell’insegnante come “fonte di

conoscenza”. In questo gioco di diversificazione - mai

casuale ma, al contrario, attentamente pianificato -

diventano quindi più evidenti e riconoscibili anche i ruoli

tutoriali, cooperativi, facilitanti, mediativi esercitati

dall’insegnante: E, reciprocamente, diventano sempre

più evidenti e

rilevanti i ruoli di ricerca, di processo, di

sperimentazione, di applicazione e di riformulazione

esercitati dagli alunni; e non va infine dimenticato il

valore apprenditivo del contesto, in quanto precipitato

situazionale, sociale, organizzativo e di co-costruzione

dell'apprendimento stesso.

Il concetto di co-costruzione è, in questo caso,

paragonabile alla messa in scena di un’opera teatrale,

in cui l’insegnante diventa il regista pienamente

corresponsabile dell’andamento delle prove e, nel

contempo, co-artefice del suo successo nella serata

della “prima ufficiale”: ma il successo è reso possibile

nella misura in cui ha saputo guadagnarsi il pieno

coinvolgimento degli attori protagonisti della

rappresentazione, vale a dire dei suoi studenti.

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SSIS/UNIVE-Psicologia dell’educazione – mod. 07 -VALLE

 

 


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