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Provo a pensare al Natale con la mentalità di
un ebreo e con quella di un musulmano. Per loro dev'essere uno scandalo
blasfemo la decisione di JHWH o di ALLAH, di farsi uomo, venendo in
mezzo alla sofferenza, alla miseria, al conflitto. Come fa Dio a
convivere con questo mondo e con questa umanità non solo dall'esterno di
una infinita beatitudine, ma dall'interno di un corpo che suda e trema,
e in mezzo a una comunità che ama ed odia, che consola e uccide, che
patisce per la lebbra e si circonda di lusso? Come fa ad essere
contemporaneamente di là e di qua, a chiamare padre suo l'Onnipotente e
a dirci che è anche nostro padre, stando però in mezzo alla miseria e
alle contraddizioni? Standoci, per di più, senza rassegnazione, e anzi
lottando con la parola e con la preghiera, una volta anche con la
frusta, a rischio di non farsi ascoltare né dagli uomini né dal Padre;
ma anche senza "rompere Se si riesce a non scandalizzarsi, a non respingere come blasfema o come fiabesca la vicenda del Natale, allora ne possiamo cogliere tutta la forza. Diceva Tagore che ogni bambino che viene sulla terra ci porta la notizia che Dio non è ancora stanco degli uomini. Ogni Natale ci dice qualcosa di più: che Dio non solo lascia che ci moltiplichiamo in questa arancia azzurra e verde, per alcuni un paradiso e per altri una valle di lacrime; non solo ci lascia crescere per conto nostro, ma lotta con noi, accetta con noi di marcire come il chicco di frumento, per portare buon frutto. Non capisco il perché di questa singolare agricoltura divina. Nell'Antico Testamento Isaia fa dire a Dio che come la pioggia scende dal cielo e vi risale non senza aver fecondato la terra, così la Sua Parola che viene dall'Alto non vi risale senza aver prodotto quello che Lui desidera. In sostanza i nostri poveri sogni ci servono per tirare avanti, ma sono destinati a venire smentiti, in una buona percentuale."All'apparir del vero, dice Leopardi della illusione, tu misera svanisti". Il Natale cristiano ci dice che c'è un vero più profondo, che cresce al di sotto della sconfitta: un vero che si regge su un sogno di Dio. Cari sognati, vi mando i migliori auguri per il nuovo anno. La guerra, anche se per malaugurata umana insipienza dovesse di nuovo scoppiare (poi è scoppiata, ndr 05), anche nei termini televisivamente rilevanti, oltre che nelle cantine del mondo, non è l'ultima parola della storia. Il sogno di Dio non può finire ad Auschwitz o sotto un bombardamento.
* messaggio inviato alla mailing list comprensivi - Edscuola, 25/12/ 2005
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