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"Precari oggi": supplente per un giorno o status sociale?
Questo è il problema.

di Elisa Piva

"Supplente per un giorno".

Così avrei voluto intitolare, dedicare un libro la sera del 20 dicembre 2000 al termine di una intensa, emozionante performance lavorativa.

Venti dicembre: la mia prima, fulminea esperienza di vita vissuta alla Scuola Materna o dell' Infanzia che dir si voglia.

Neodiplomata, ancora con gli echi delle lezioni all' Istituto Magistrale nei timpani e gli ingranaggi del latino nei neuroni, avevo accettato di buon grado il breve incarico.

Entusiasta intraprendevo la mia minuta missione.

Ottobre 2005, ad anno scolastico già mobilitato rieccomi qua a scrivere sul "Precariato oggi".

Scrivere, già la mia passione, documentare o denunciare?

Manifestare un disagio circa una condizione, la precarietà docente, che è divenuta sempre più pressante.

Un nodo da sciogliere dagli effetti nefasti lapalissiani, ma di cui alcuno si vuole prender carico seriamente.

Si urla tanto, indignati, poi ci si allontana dal focus arzigogolato, troppo delicato.

Attimi fuggenti ed all' impegno lucido si predilige una folla di schiamazzi, qualificati ed approvati dalla categoria, dall'intero corpo Insegnanti.

Affermazioni di disapprovazione incontrovertibili, ma poi non si ha la forza (o non si trova?) di procedere oltre, al di là della polemica.

Persone che si accontentano del tozzo di pane che, prima o poi, in fantasiosi modi, cade dal cielo "Scuola" ed haimè dimenticano la vera fame.

Anche per me, nonostante di tempo ne sia trascorso, il migrare dei giorni inarrestabile, sono ancora schiava dell' odioso cerchio delle sostituzioni.

Avvinghiata alle sue catene, ma non ho perso smalto e desiderio di comunicare, di trasmettere ciò che mi frulla in testa, mentre spiego ai miei alunni, mentre incedo in digressioni od excursus interdisciplinari.

Allargare la mente, progettare un domani migliore, non solo sulla carta.

Carta, spesso sprecata in noiosa burocrazia e poi magari insufficiente quando assume la nobile veste di integrazione, sussidio, complemento didattico.

Le famose fotocopie che attirano l'attenzione  e la curiosità dei bambini che la concepiscono come una sorta di novità, di magia altera.

Rapida occhiatina e poi: "Maestra cosa devo fare?"

Puntuale.

Da quest'ottica privilegiata descrivo un fenomeno, " la supplenza", che poco è mutato in questi anni.

La fisionomia è sempre la stessa.

La supplenza non ha ambito ad un lifting ristoratore, né per ciò che concerne i criteri di ammissione degli aspiranti né per ciò che riguarda le modalità di chiamata.

Immobilismo lancinante.

Sempre gli stessi, gravosi, ansiosi, termini: aspiranti, offerta di supplenza, chiamata, precedente, avente diritto, telegrammi, graduatorie, provvisorie, definitive, 1a, 2a, 3a fascia, aggiuntiva di Circolo o di Istituto.

Ancora: punti, doppio punteggio, metà punteggio, servizio specifico, non specifico, insegnamento senza titolo.

Immissione in ruolo: straniero senza permesso di soggiorno.

Alieno che non riesce a regolarizzarsi, prescindendo dalla buona volontà e dalla quantità degli sforzi, dei sacrifici penati, patiti e sostenuti sulla propria pelle.

Epidermide dura per le condizioni avverse, ma sempre pronta ad esfoliare e a rigenerarsi per loro: i nostri alunni, i chiassosi discenti.

La precarietà scolastica: una specie di mal di mare, oserei dire, una peculiare nausea professionale.

Non esiste vaccino in commercio, non c'è neppure alcun ritrovato tecnologico che possa alleviarla.

Patologia diffusa, più di quanto si sospetti che comporta puntuali e notevoli disagi.

Uno sciame di incertezze.

Il/la supplente: facile da captare, da riconoscere, un gioco da ragazzi.

Occhi puntati all' in giù sull'orologio o naso all' insù alla ricerca della classe, dell'etichetta identificatrice di un gruppo di lavoro, di crescita, di discussione.

Alla ricerca di un riposo, un riposo costruttivo.

Una rondinella costretta a migrare, ad esplorare lidi sconosciuti trainata dalla fiducia di un futuro migliore.

Un credente che mantiene ovunque la propria religiosa convinzione, la validità dell' Insegnare, dell'Insegnare bene.

Un monito costante, una missione mirabile.

Una vocazione che permette di continuare, di continuare a sopportare tutti i corsi ed i ricorsi della Scuola, le sue riforme insensate, le sue indicibili inefficienze.

Si pensi a quest'anno scolastico, per esempio.

Nomine sicure già effettuate sulla base della prima e della seconda fascia, permanente, per assenze del personale docente già preventivate.

La terza fascia : sapete cosa è successo?

Tutti gli appartenenti a questa categoria sono stati chiamati solo sull'avente diritto.

Attendiamo l'uscita, la pubblicazione della terza fascia revisionata con i nuovi inserimenti e con gli aspiranti cooptati da altre provincie.

Il disguido è che non esiste un termine per la pubblicazione, non si sa quando il lieto parto avverrà.

Uscirà, non si sa quando, poi sarà provvisoria, termini per eventuali ricorsi/reclami, definitiva.

L'arcinota formula dell' "avente diritto": i genitori che domandano se l' Insegnante rimarrà per l'intero anno e non si sa che faccia fare, che colore in viso assumere, come gestire la cosa con loro e con i bambini.

Si iniziano programmi, si instaura una certa relazione con i colleghi e poi magari....... si salta.

Rimesse nell' armadio.

Ogni giorno ci si reca al lavoro titubanti, pensierosi.

Mah, mah......riecheggia dentro.

Chissà.

L'assillo, poi, di contattare sindacati e segreteria per sapere, per informarsi se qualcosa si è mosso, si è precisato.

L'interlocutore?

Sempre la solita risposta, il tradizionale diniego: "No, no al momento tutto uguale!"

Monocolore.

Grigiore nel non sapere, nel non avere tregua e poter progettare l'evoluzione del gruppo " Classe".

Rilevare la situazione di partenza, analizzare punti di favore e di sfavore, le lacune presenti ed andare, andare avanti ogni giorno cercando di estrarre il buono da ogni scolaro.

Andare avanti nonostante la nebbia che regna , le acque torbide e salate di un mare molto, molto dinamico.

Spira una brezza frizzante: i bambini, i nostri bambini, solo loro sollevano l'umore.

Fantastici, speciali.

Noi Docenti siamo molto più pacati, viviamo l'atmosfera meno lievemente, consapevoli dei malanni e della piaga in cui risiediamo.

Cosa spero?

Cosa spero, mentre vi congedo?

Spero che la condizione degli " aventi diritto" venga livellata al più presto per il bene, il bene di tutti.

Occorre salvaguardare il "Bene comune", quello dell'intera comunità scolastica.

Battersi e spendersi per esso, in modo temerario.

Credo che la professione "Docente", abbia ed includa degli alti profili morali che vengono messi in gioco, in discussione ad ogni lezione.

Io Penso così, Voi?

Non so, amerei saperlo.

 

Grazie e arrivederci a presto!

Elisa.

29 settembre 2005


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