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CORSO DI AGGIORNAMENTO-RIFLESSIONE
ANNO SCOLASTICO 2011-2012
Calci, 9 settembre 2011
Scenari della complessità
e progetto educativo nella Scuola:
di Giovanni Padroni
Indice
1."Educare alla Buona Vita del Vangelo":
il bisogno di relazioni profonde
2.Una rete basata sull'Amicizia
3. La dimensione spirituale
per l'integralità della Persona
4. Il ruolo della conoscenza
5. Per "navigare" in ambienti
sempre più difficili e incerti
1. "Educare alla Buona Vita del Vangelo": il bisogno di relazioni
profonde…
Nello scenario di una società "sgretolata e instabile", dolorosamente
tracciato da Benedetto XVI durante le Giornate Mondiali della Gioventù a
Madrid, gli Orientamenti pastorali dell'Episcopato Italiano per il
decennio 2010-2020,"Educare alla Vita Buona del Vangelo", colgono ed
enfatizzano il bisogno di
relazioni profonde che abita nel cuore di ogni uomo orientandolo alla
ricerca della verità e alla testimonianza della carità.
Ne discende esplicitamente l'invito a dare spazio maggiore ad una
costruzione autenticamente antropologica nel segno di una reale
unitarietà della persona. E ciò presuppone il recupero della metafisica
che pone l'uomo come valore assoluto, irriducibile di fronte all'Essere.
Un aspetto inquietante della situazione attuale è rappresentato dal
fatto che se si perde di vista il nocciolo degli scenari educativi si
rischia di concentrarsi su elementi non essenziali che quantomeno
"distraggono" e rendono verosimilmente più difficile la soluzione dei
problemi.
Benedetto XVI, durante le Giornate della Gioventù a Madrid, ha definito
l'Università come la casa dove si cerca la verità. Ma, ovviamente, le
parole si estendono a tutto il mondo della Scuola.
Per i docenti, afferma il Papa, è importante vivere come testimoni,
mettendo insieme intelligenza e amore nel segno dell'umiltà. Insieme
all'attenzione verso gli aspetti funzionali si impongono sempre nuove
riflessioni sulla cultura nelle sue variegate accezioni, sulla maturità
etica ed umana dei giovani: perché l'educazione, radicata nell'attività
libera e responsabile dell' allievo, non si riduce alla mera
socializzazione o addestramento, investendo
il sapere e dover essere.
La formazione, "ipertestuale" è anche risultato della convergenza di
elementi tecnici ed umani. Ciò si accompagna a problemi complessi,
sempre nuovi e di non facile soluzione, che evidenziano spinte verso
ripensamenti in cui modelli e
paradigmi educativi
tradizionali rischiano di apparire obsoleti.
Abbiamo la consapevolezza di trovarci di fronte ad una vera e propria
emergenza, in un futuro che sembra perdere rilevanza perché il tempo
della gioventù si dilata a dismisura, il digitale trasforma la società,
scienza tecnica ed arte sono chiamate a indicare nuovi vocabolari.
Sono evidenti pesanti crisi di identità, non soltanto nell'adolescenza
ma anche tra le persone adulte.
L'educazione costituisce un bisogno primario della persona. E, come
osserva Aristotele nella sua Retorica, gli unici discorsi realmente
persuasivi sono quelli che riguardano la verità. Benedetto XVI insiste a
parlare di libertà e verità, questioni che, di fatto, il "pensiero
debole" ha messo al bando.
Se la libertà è pienamente valorizzata attraverso l’accoglimento della
verità e del servizio ad ogni uomo, la mancanza di verità apre la strada
alla menzogna. E, come drammaticamente testimonia Solzenicyn, la
violenza, che non vive da sola e non può esistere da sola, è
immancabilmente legata proprio alla menzogna.
Anche nella scuola siamo liberi se ed in quanto ci troviamo nella
verità, necessariamente basata sulla capacità di accettare diverse
identità, culture, etnie.
Una verità che, spesso temuta
come possibile ostacolo alle relazioni e al dialogo con gli altri, può
consentire il raggiungimento di comunicazioni fecondate e fecondatrici,
non fittizie, perciò davvero unificanti. E senza la verità anche la
giustizia manca di radici.
Il mondo della scuola deve aprirsi ad un più realistico paradigma che
costringe a relativizzare le rappresentazioni meramente intellettuali e
a rivolgerci, in chiave antropologica, alla complessa e misteriosa
profondità delle cose e delle persone.
Ognuno ha dalla nascita una dignità che nessuno può concedergli o
negargli. La causa dei diritti dell'uomo è quella dell'umanità intera.
Così, con Husserl, possiamo ritenere che il centro di gravità della
crisi non sia soltanto legato alle particolari strutture
tecnico-scientifiche o sociali. Nella visione fenomenologica husserliana
senza un fondamento antropologico la coscienza si ridurrebbe ad una
semplice struttura neurofisiologica capace di suggerire l’osservanza di
regole e procedure ma che nulla dice alla persona sui criteri di
valutazione delle azioni compiute o da compiere.
E a ben guardare, la crisi dell'uomo appare oggi segnata dalla
dialettica tra chi nega la trascendenza e chi vi anela: tra un'ideologia
che rivendica autonomia e capacità di generare verità al di fuori della
fede ed un'esperienza che si apre alla realtà e alla ricerca fiduciosa
del mistero.
2. Una rete basata sull'Amicizia
Nella comunità scolastica genitori, docenti, alunni, dirigenti,
rivestono ruoli diversi nel segno dall'amicizia che ha una forte
vocazione sociale capace di collegarli sinergicamente: che spinge a
prendersi per mano e condursi avanti, esprimendo pensieri e volontà in
comune.
La pratica dell'amicizia coincide con l'obiettivo di una buona
educazione e un'amicizia leale verso gli uomini presuppone un'amicizia
leale anche verso Dio. E' certo che la negazione o anche solo
l'appannamento di Dio porta allo svilimento della Persona.
Nessuno, anche nella scuola, deve mai essere isolato. Il successo sarà
sempre collegato a comportamenti solidali e amichevoli, aperti alla
collaborazione non solo con il Dirigente scolastico ma con i partner ad
ogni livello, interni ed esterni, caratterizzati da sincera umiltà e
disponibilità a dar vita ad una comunità educante: capace di mettersi
costantemente in discussione, creando un sistema che valorizzi tutti gli
aspetti, da quelli spirituali a quelli materiali, soggettivi,
relazionali, umanistici, scientifici.
Una comunità segnata dall'abilità di sviluppare e portare avanti sempre
più numerose attività "intangibili" come la conoscenza, l’informazione,
la creatività.
Il confronto e la collaborazione con le istituzioni, le agenzie
educative, le realtà culturali presenti nel territorio rappresentano uno
strumento formativo importante per i genitori, gli insegnanti, per tutti
coloro che operano nel campo educativo.
Ma l'informazione, che fornisce soprattutto dati e notizie, è condizione
necessaria ma non sufficiente. Per raggiungere traguardi strategici
importanti è necessario mettere in relazione le idee dei vari
protagonisti della scuola, dar vita a sistemi di valori condivisi.
Il coinvolgimento attivo e responsabile della famiglia, primo
protagonista responsabile di un'educazione efficace, rende possibile la
missione dei docenti verso gli alunni: dunque una sfida educativa capace
di generare una comunità di cittadini amici, solidali nel perseguimento
del bene comune.
Perché, come già affermava Pio XI"l'educazione è opera sociale, non
solitaria".
E dunque si comprende l'importanza ed il significato dell'azione
formativa, assai complessa, dell'Istituto Santa Caterina rivolta agli
studenti, al territorio, alla Comunità ecclesiale, a famiglie
caratterizzate da rapide e imponenti trasformazioni.
La cosiddetta "famiglia delle regole" ha rappresentato il modello
dominante sino agli anni ’70 del Novecento. La si ritrova presente in
alcune comunità di immigrati provenienti da contesti in cui
l’emancipazione della donna, l’indebolimento del ruolo paterno e dei
valori/tradizioni non si sono ancora manifestati con forza. E sappiamo
che l'obiettivo educativo principale in questo scenario consiste
soprattutto nella trasmissione di norme, valori, regole del contesto di
appartenenza. Ma se i valori senza la verità sono ciechi, senza i valori
la verità è sprovvista delle risorse etiche che rendono possibile
indirizzare le conoscenze al bene dell’uomo.
Successivamente si è passati rapidamente da un "modello delle regole" a
un "modello degli affetti" in cui l’obiettivo educativo tipico è
polarizzato nella trasmissione di sentimenti e sostegno.
Questa delicata transizione ha fatto emergere, dal punto di vista
educativo, aspetti come la negoziazione continua, il venir meno dei
confini tra i membri, la sovrapposizione di ruoli, l'indebolimento della
figura paterna, aspettative poco chiare o contrastanti, conflitti…
Ed alla scuola si chiede sempre più spesso di svolgere una funzione
complementare e di supporto alla prassi educativa della famiglia e, in
alcuni casi, ad integrarla o addirittura a correggerla. Anche perché
l'assenza o comunque la "criminalizzazione" delle regole ha contribuito
a provocare vere emergenze etiche: situazioni in cui non si dà più
valore al dovere, in cui i "diritti", quasi senza confini, sono ormai
fini a se stessi e si sommano ad altre pericolose "dipendenze".
3. La dimensione spirituale per l'integralità della Persona
Se educare è anzitutto introdurre l'altro alla realtà totale,
accompagnare la persona perché possa conoscere e scoprire nelle cose il
segno del Mistero, ciò chiede agli educatori oltre a solide competenze
professionali, capacità di dar vita a reti collaborative solide e vive,
andare oltre ogni ideologia, essere autorevoli, sicuri, generosi.
Interessanti a questo proposito sono recenti studi in campi di ricerca,
soltanto apparentemente "lontani", che confermano il ruolo fondamentale
delle interazioni.
Lo stesso cervello umano, con circa centomila miliardi di connessioni,
reagisce significativamente alle percezioni dei sentimenti dell'altro,
espresse con la complessa gamma dei sensi e dei comportamenti.
Possiamo pensare al cervello come ad un "muscolo" da allenare e tutte le
materie scolastiche sono certamente utili per aumentarne la plasticità e
l'efficienza: ogni stimolo è in grado di determinarne cambiamenti. Così
Arthur Jacobs, neuropsicologo, ed il poeta Raoul Schrott ci fanno
autorevolmente sapere che il linguaggio poetico agisce sui neuroni e le
sinapsi, influenzando la percezione della realtà che ci circonda. Ciò
avviene anche per le materie scientifiche, dalla matematica alla fisica,
che non appartengono meramente agli specialisti ma alla cultura "tout
court".
E verso una costruzione autenticamente sistemica ed antropologica va la
sperimentazione dell'Istituto Paritario Arcivescovile "Santa Caterina",
Scuola espressione del Progetto educativo dell'Arcidiocesi di Pisa,
volta a collegare ed integrare l'insegnamento della religione, mai mera
comunicazione di contenuti, con le altre materie per dare loro un
polmone capace di dilatarne ed arricchirne contenuti e significati.
Un'iniziativa che è tanto più importante se consideriamo la ricorrente
tentazione dell’umanità di sbriciolare l'uomo per poi sceglierne
feticisticamente un frammento e ingigantirlo fino a farlo diventare
"ideologicamente" il tutto: un risultato mostruoso che mortifica
l’umanità, fa sparire l’armonia e la bellezza, eliminando dimensioni di
rilevante significato.
Questo grave rischio è presente nelle visioni che riducono l’uomo ora a
materia, ora a corpo, a lavoro, a ragione, a tecnica…o anche soltanto a
spirito. Perché nella persona, forse più della mancanza di un organo, è
pericoloso averne esageratamente sviluppato una parte.
Sempre più spesso vediamo,
metaforicamente, individui che non sono nient'altro se non un grande
occhio o una grande bocca o un grande ventre o qualcos'altro di abnorme
che si regge su un esile peduncolo.
E' dunque rilevante che, in maniera chiara e trasparente, a fondamento
del Progetto educativo dell'Istituto Santa Caterina non sia la mera
trasmissione di contenuti ma anzitutto Cristo, a cui si legano, sempre
operando una sintesi tra cultura, fede e vita, la centralità e
irripetibilità della persona nella sua integralità, la promozione della
cultura e della società, la testimonianza del Vangelo, gli sforzi per
far crescere la comunità ecclesiale, l'integrazione feconda
genitori-alunni.
E proprio il connubio tra fede e ragione caratterizza il cristianesimo
nei confronti delle altre religioni.
Un cristianesimo protagonista di una rivoluzione capace di trasformare
l'idea di "individuo" in quella più complessa e completa di "persona"
rafforzando la regola della responsabilità verso l'ordinamento giuridico
e, sul piano etico-religioso, verso Dio. Se non si presume la
responsabilità ogni norma perde, infatti, il suo destinatario.
Così come nell'insegnamento Paolino è importante reinterpretare
rielaborare, rifondere…
In Paolo, che sbalza radicalmente a tutto tondo un cristianesimo sulla
persona di Cristo, forse più che in ogni altro appare la "creatività"
nel coniugare il fondamentale dato evangelico con le concrete situazioni
culturali dei diversi ambienti umani ed ecclesiali: nel costante
riferimento al mistero eucaristico nel quale Cristo dona continuamente
il Suo Corpo e fa di noi il Suo Corpo.
E, citando Paolo, Benedetto XVI
invita a fuggire l'idolatria, capace di insidiare verosimilmente anche
il terreno educativo: perché insistiamo a crearci idoli a ripetizione,
spesso veicolati e amplificati dai cattivi maestri, fuori e dentro la
scuola.
E proprio la scristianizzazione è verosimilmente alla base di tanti
moderni malesseri che non risparmiano il mondo della scuola. Se Dio
muore anche l'uomo muore. Chi teorizza l'effimero è egli stesso
effimero.
La nostra civiltà ci ha molto aiutati e ci aiuta ancora a trovare i
mezzi per quei fini che abbiamo. Per contro ci aiuta sempre meno ad
individuare i fini. E' una civiltà che ha banalizzato se stessa. Una
società, come sottolinea Gianfranco Morra, nella quale la storia, lo
spazio, il tempo, i valori hanno subito un processo di frammentazione e
di de-costruzione, in cui il pensiero è divenuto "debole" e la morale
"provvisoria": una società nichilista e fondata sul vuoto, che non vive
ma sopravvive, che non crea ma enciclopedizza, che preferisce consumare
piuttosto che produrre.
E' concreto il pericolo di una socializzazione non coerente addirittura
divaricata rispetto all'orientamento fondamentale al bene delle persone,
spingendo l'uomo a diventare mero strumento del sistema delle cose,
oggetto di un processo che porta alla spersonalizzazione,
all'indebolimento delle relazioni interpersonali che diventano sempre
più strumentali.
E nei rapporti tra gli uomini entra il rapporto con il Mistero, che
parla attraverso altri uomini. Un rapporto talvolta drammatico e nello
stesso tempo esaltante.
Nella scuola cattolica il docente, distinto per retta dottrina e probità
di vita, con la sua professionalità è sempre un fondamentale attore
della qualità educativa con un profilo estremamente ricco e complesso.
Anzitutto è "maestro" con un patrimonio da trasmettere e comunicare: non
soltanto quantitativo e "puntiforme" quanto anche esteso alla sua
capacità di interagire con gli altri docenti. Ciò nell'ambito di comuni
progettualità, pur nella specificità delle singole materie, in grado di
far crescere gli allievi inserendoli nel solco di una tradizione e di un
sistema che li precede e li supera.
Il mondo materiale è portatore di significati che superano la mera
materialità. Ogni realtà suscita nella persona stati d'animo differenti
influenzando la sua spiritualità. Ogni stimolo parla un proprio
linguaggio anche spirituale che possiamo e dobbiamo sempre accogliere
con attenzione e rispetto.
Il concetto di persona non può
essere compreso senza far riferimento al fine o alla natura essenziale
dell'uomo stesso. Tutti i doveri reciproci sono riconducibili a quello
di percepire ogni uomo come persona, ciò che presuppone un diritto
incondizionato che non dipende da presupposti empirici. Poiché la
persona è l'uomo e non una qualità dell'uomo.
Ragionare in termini di progetto educativo significa anzitutto
riflettere e lavorare sui significati complessi che l'attività ha per
noi e per tutti coloro con cui interagiamo: dagli studenti alle famiglie
alle Istituzioni. Anche gli interventi nel campo dell'orientamento hanno
senso se concordati con i docenti ai quali spetta, insieme alle
famiglie, la regia e la sintesi educativa.
Sulla traccia di Jaques Maritain, il Cardinale Scola ha recentemente
sottolineato come la cosa più importante nell'educazione non sia un
"affare" di educazione, e ancora meno di insegnamento.
L’esperienza, una volta
sgombrato il campo da ogni riduzione psicologico-soggettivistica del
termine, è il cardine della proposta educativa.
L’esperienza integrale può garantire il processo educativo perché
garantisce lo sviluppo di tutte le dimensioni di un individuo fino alla
loro realizzazione e, contemporaneamente, l’affermazione di tutte le
possibilità di connessione attiva di quelle dimensioni con tutta la
realtà.
Una simile impostazione, ad un tempo teoretica e pratica, mette subito
in campo la natura inter-personale del processo.
La totalità dell’esperienza, nel rispetto della natura del reale, non è
garantita solo dal fatto che il discente sia chiamato al paragone con
una proposta vivente e personale della tradizione, sempre innovativa,
per il tramite di una figura autorevole: è necessario che si impegni
personalmente con tale proposta.
Ed è importante capire che in questo passaggio non è semplicemente in
gioco un metodo educativo più adeguato o più consono con le legittime
aspirazioni di “autonomia” dei giovani.
Infine una freccia contro un'eccessiva" cultura del risultato" che non
può essere esclusiva misura delle cose. Lo è invece l'Uomo,
nell'alternanza di successi e sconfitte.
La globalizzazione, con la quale anche la scuola deve fare i conti,
forse richiede anzitutto una "smitizzazione": non è astrattamente buona
o cattiva, è in fondo uno strumento, ancorché molto potente. Ed ogni
strumento, nelle mani di persone responsabili, può essere utilizzato
correttamente e risultare utile, così come nelle mani di individui meno
preparati, o privi di senso etico, estremamente pericoloso.
Ci serviamo di Internet e delle tecnologie offerte dalla rete… mai ne
abbiamo avuto di così potenti. Ma il vero problema è imparare a farne un
uso corretto e con grande responsabilità.
Tutti cercano una bussola per navigare nelle situazioni confuse che la
quotidianità produce senza soste. Filosofi e scienziati hanno costruito
un'apposita architettura di pensiero per definire questa caratteristica
della nostra società e l'hanno chiamata teoria della complessità che non
può essere affrontata e risolta se non in chiave culturale.
Cultura, anche nella scuola, significa tra l'altro capacità di esaminare
un'idea da varie angolature, formulare generalizzazioni al di là di
pregiudizi o convincimenti meramente personali, agire con costante
umiltà intellettuale, facendo cadere barriere ed incomprensioni, sempre
nemiche delle scienze ma
anche del buon senso.
E l'umiltà, come ha proclamato il Papa a Madrid, è virtù indispensabile
perché ci protegge dalla vanità che chiude l'accesso alla verità.
4. Il ruolo della conoscenza
Ci stiamo muovendo verso un'"epoca della conoscenza" che richiederà
verosimilmente nuovi metodi per comprendere e governare ogni
organizzazione.
L'interdisciplinarietà, non pura giustapposizione di saperi ma autentica
sinergia, necessita di una chiarificazione del significato specifico di
"scienza" e di "autonomia", esprime una richiesta di unitarietà di
fronte all'eccessiva frammentazione e parcellizzazione dei saperi, resi
possibili dalla progressiva suddivisione del lavoro, delle competenze,
delle aree di studio. Si
tratta, per certi aspetti, di un movimento inverso rispetto a quello
innestato nell’epoca moderna con la nascita delle scienze sperimentali,
quando il problema era proprio quello di salvaguardare l’autonomia delle
singole discipline.
La complessità è stata studiata in molti contesti, dalla chimica alla
fisica, dalla filosofia all’economia. Abbiamo alle spalle sistemi
"semplici" "razionali" "lineari" "prevedibili", e oggi ci troviamo
immersi in realtà di segno opposto, che richiedono dunque paradigmi
interpretativi diversi.
Nella scuola come nella vita la risorsa principale è rappresentata dalla
conoscenza che richiede ogni giorno e per tutta la vita uno sforzo di
continua ricerca, impegno e fatica.
Proprio un premio Nobel per l’economia, Robert Lucas, nel suo “On the
Mechanics of Economic Development”afferma che una delle più importanti
determinanti dello sviluppo economico consiste in quello spontaneo e non
organizzato trasferimento di conoscenza che si verifica all’interno dei
sistemi socio-economici e culturali.
Oltre ad un brillante titolo di studio, importante sarà lo sviluppo
continuo della conoscenza che inizia sempre più precocemente, nei banchi
della scuola.
Si dovrà continuamente "imparare ad imparare" perché in una società
complessa c’è anche l’obsolescenza delle conoscenze. Ciò che si è
studiato necessariamente decade, quindi si deve ricrearlo di nuovo, con
rinnovata passione, sentimento che non deve divenire idolatria ma,
ordinato da una libera volontà può imprimere energia e slancio
all'azione di ogni persona.
Perciò è importante che ogni alunno, il più presto possibile, tracci un
proprio "piano" in cui lo studio sia coerente con ogni altro progetto e
vissuto oltre che con impegno anche con entusiasmo e passione: un'unità
di vita che, oltre gli orizzonti personali influenza le relazioni
sociali .
Tutti, non soltanto i docenti, ai giovani devono dare molto e chiedere
molto. E ciò nel segno della responsabilità.
In questo quadro complesso c’è un'altra esigenza: quella di fare appello
ad una "nuova sensibilità", considerando approcci che non fanno parte
dei tradizionali bagagli scientifici e tecnologici, come la "business
ethics".
Dunque anzitutto vedere i problemi non nella gerarchia tradizionale ma
tenendo conto di altri aspetti, forse non evidenti oggi ma sicuramente
importanti domani e comunque in un quadro sistemico.
Torna alla memoria una frase attribuita a Roosvelt, molto attuale anche
nella scuola: "Noi non possiamo garantire un futuro per i nostri giovani
ma possiamo preparare i nostri giovani per il loro futuro".
La complessità ci obbliga a generare sistemi in cui tutte le parti
funzionano, e non solo alcune: così se la docenza di una materia è
carente si avrà un effetto negativo molto più ampio.
Le realtà complesse, e la scuola ricade sicuramente in questo modello,
sono contemporaneamente potenti e fragili e richiedono modalità di
attenzione, comprensione e gestione diverse rispetto al passato.
Dobbiamo avere il coraggio e la sapienza di pensare che, con la
complessità, emerga anzitutto il bisogno di un coerente sistema di
valori collegati e condivisi.
Elemento costitutivo della vita di ogni comunità e di ogni società
veramente umana è l’idea di ethos: un ethos che si fa operativo
attraverso una formazione della sensibilità e del carattere e che
diventa un modo di percepire.
Nel nostro tempo, ma anche in ogni altra epoca della storia, l’uomo si è
smarrito da quando ha smesso di chiedersi chi è, appannando la propria
identità.
Togliere all'uomo la libertà di coscienza è togliergli tutto. Da ciò
scaturisce il rifiuto all'intolleranza dello Stato sull'uomo, come pure
dell'uomo sull'uomo.
Niente divide il mondo in modo
così chiaro e netto come la concezione della persona: dalla filosofia
all'arte, dalla politica all'economia, dalla storia alla sociologia.
Occorre un confronto critico tra scienziati e filosofi sul terreno della
logica epistemica per procedere verso una comune consapevolezza degli
strumenti dialettici a disposizione della cultura attuale in ordine alla
ricostruzione e allo sviluppo dell'unità delle scienze e dell'unità del
sapere (sapere teorico e sapere pratico, sapere profano e sapere
religioso, sapere metafisico e fenomenico).
Perché la scienza non solo è fatta dall'uomo, ma è fatta per l'uomo, per
la sua mente ma anche per la sua anima.
Dobbiamo lavorare instancabilmente per perfezionare quell'importante
aspetto della cultura rappresentato dallo strumento del servizio, creare
rapporti tra i popoli sulla base di un’autentica “cultura del dare”,
senza mai perdere di vista
l'obiettivo della comprensione. Se sapremo aprirci e stabilire rapporti
di pace e di servizio con ogni persona agiremo concretamente per dar
vita ad un mondo più giusto, quindi più umano.
L'etica è la capacità di conoscere il bene e la volontà di seguirlo.
Ricordiamo, parafrasando Aristotele, che l'uomo è un animale etico.
Infatti, ogni azione e giudizio presuppongono una scelta ed una scelta
basata su valori presuppone l'etica.
Non v'è dubbio che le scienze debbano seguire leggi e metodologie loro
proprie; tuttavia per essere veramente tali ed autenticamente al
servizio dell'uomo non potranno mai prescindere dagli imperativi etici,
che presiedono al dinamismo della natura e della vita stessa.
Lungi dall'essere in contrasto con la normativa intrinseca alle singole
discipline, il rispetto della normativa etica servirà a darsi un preciso
codice di comportamento, varrà a garantire alle discipline stesse
quell'indeclinabile finalizzazione umana che i loro cultori – maestri,
scienziati, tecnici, ricercatori, imprenditori si prefiggono nelle loro
attività.
Comportarsi tenendo conto di principi etici significa porre il
fondamento su valori presenti nella nostra coscienza e condivisi,
accettandone la responsabilità .
E’ necessario mostrare ai
giovani, con le parole ma più ancora con l'azione concreta, il rapporto
tra valore delle"cose" e valore della vita, tra valore della ricchezza e
ricchezza dei sentimenti, testimoniare che è possibile vivere cultura e
professionalità nell'autentico servizio all’uomo, che l'amicizia è un
valore autentico, che è necessario agire costantemente per una migliore
comprensione tra i popoli, per la pace e la giustizia.
La scuola deve aiutare i giovani a lavorare instancabilmente, con
entusiasmo, per perfezionare quell'importante valore che è il servizio:
l'entusiasmo suscita energia e fa sì che ciascun membro di un gruppo si
prodighi in maniera superiore alle proprie abitudini.
E’ facile sottoscrivere l’affermazione di George Bernard Shaw quando
afferma che la vera gioia nella vita si raggiunge proprio quando si è al
servizio di uno scopo che noi stessi riconosciamo come superiore.
Citiamo spesso un'immagine tanto poetica quanto efficace di Antoine de
Saint Exupery, che continua ad essere attuale: "Se volete costruire una
nave non radunate uomini per avere il legname, distribuire i compiti e
organizzare il lavoro, ma infondete loro la brama degli spazi aperti e
del mare infinito." Perché il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il
lavoro.
In questi momenti difficili, in cui le persone si sentono smarrite ed
incerte, il compito della scuola nei confronti delle nuove generazioni è
anzitutto far conoscere, mediante comportamenti soggettivi, sentimenti
di correttezza, lealtà, altruismo, abnegazione, ideali senza i quali i
giovani possono facilmente trasformare le loro energie in tensioni
negative. Coltivare questi principi significa facilitare il loro
ingresso nella vita professionale e lavorativa ma anche prepararli a
trasformare il mondo così come loro desiderano che sia.
Come afferma Alberoni, non basta la scienza e non basta la ragione.
L'intelligenza senza moralità è cieca, pronta a mettersi al servizio di
tutti i demoni e a giustificare ogni folle scelta. Perché ci sia morale
occorre anche uno slancio interiore, un'emozione, una passione che ci
porti oltre noi stessi.
E l'uomo scopre che il desiderio del bene altrui, della felicità degli
altri, è la fonte più generosa della propria felicità. Tutti gli attori
della vita scolastica, dai docenti ai genitori, possono aiutare i
giovani a scoprirlo ed a farne la bussola del loro percorso di studio,
dei loro rapporti personali, della loro professione, della vita.
C’è una frase, sempre forte ed emblematica, di Victor Frankl, psicologo
che ha perso moglie e figli nel dramma dell’Olocausto: "Coloro che
riuscivano a sopravvivere più a lungo alla terribile esperienza del
lager, non erano i soggetti più forti fisicamente, bensì coloro che
avevano un più solido motivo d’amore per sopravvivere!".
Deve perciò essere potenziata un’efficace e continua azione a favore
della cultura che, interpretata come strumento di scelta libera e
consapevole, diviene veicolo efficace per orientare l’insieme dei
bisogni, delle aspettative, dei valori dell’uomo, all’interno di un
quadro etico capace tra l’altro di favorire un migliore equilibrio del
problematico rapporto con l’ambiente.
La conoscenza è connessa con l’apprendimento che, come scriveva Mario
Luzi, non ha mai fine: un apprendimento che può avvenire solo in un
contesto relazionale sulla base di un'imprescindibile concezione
integrale della persona.
L'articolazione pluridimensionale e universale della conoscenza deve
essere costantemente attenta ad ostacolare il distacco e la
contrapposizione tra momenti diversi del "sapere", di necessità
armonicamente uniti.
La verità come tale è dialogante. E il dialogo, interdisciplinare e
rigoroso grazie ad un continuo affinamento delle metodologie di ricerca
integrate dall'entusiasmo e dalla passione, si completa alla luce di un
" sistema" permeato di solida
cultura: capace di riportare a sintesi la tradizionale
contrapposizione tra discorso scientifico-tecnico e cultura umanistica,
suturando lo strappo prodotto dalla dialettica della modernità. Dunque,
come nel pensiero di Sciacca, un nuovo umanesimo capace di collegare e
far collaborare saperi eterogenei ma organizzati secondo un fondamento
filosofico capace di dare senso e spessore alla stessa pedagogia.
Se anche nella scuola la conoscenza era tradizionalmente esprimibile
attraverso un paradigma ad albero, richiamante un pensiero "verticale",
oggi appare più realistica una rappresentazione a rete in cui, più della
base e del centro, sono importanti i nodi e le interconnessioni: un
modello stabile di transazioni cooperative tra diversi soggetti, capace
di far nascere un nuovo attore collettivo.
I valori possono sicuramente favorire l'affermazione di una Società
aperta alla cultura vera, restituendo a molti la dignità di
persone in grado di esprimersi autonomamente mediante strumenti critici
basati sulla conoscenza e sul sapere piuttosto che sull'uso acritico di
macchine "prodigiose ", che mai saranno più intelligenti dell'uomo.
E’ necessario che la cultura sia capace di spaziare oltre il proprio
campo allargando la sua sfera di azione.
Dunque il nostro tempo, ed in particolare quello dei giovani e della
scuola di oggi, è tempo di incertezze, di aridità, talvolta di
ribellione, ma anche di nostalgia e di speranza. Molti valori sembrano
scomparire; ma spesso è solo un’eclissi.
Un grande compito attende gli uomini e le donne di domani: ristabilire i
legami allentati e talvolta spezzati tra i valori culturali del nostro
tempo ed il loro fondamento etico permanente.
Si tratta di esigenze particolarmente significative in un periodo della
storia nel quale la responsabilità, non di rado categoria oscillante,
manifesta il bisogno di un urgente recupero della sua concezione
unitaria più alta e matura: poiché continuano a rimanere attuali le
lucide espressioni, di Vittorio Mathieu, sull’irresponsabilità
illimitata che pervade molte nostre strutture.
5. Per "navigare" in ambienti sempre più difficili e incerti
La scuola deve essere culla del sapere critico, elaborato con metodo
aperto al confronto e alla verifica costante, che non nasconde le
contraddizioni, piuttosto cerca le vie di un loro logico superamento. E
solo nel contesto di una visione etica ancorata ai valori umani per
l'uomo e la società la Scienza può trovare la sua dignità.
Ma è anche importante che l'insegnante si impegni sempre con grande
passione nella propria materia, fuggendo la tentazione di non dar valore
a ciò che non è immediatamente spendibile ma che arricchisce
interiormente e offre soluzioni di metodo per affrontare i problemi.
Nella società postmoderna non ci sono soluzioni "ottime" né strategie
garantite per costruire la propria identità. Incertezza, fluidità dei
rapporti, perdita dei punti di riferimento rendono difficile la
formulazione di risposte educative efficaci ed efficienti, comunque
lontane da scorciatoie e facili soluzioni preconfezionate.
La scuola può e deve offrire strumenti per “navigare” in mari
perigliosi, sconosciuti, che richiedono informazioni corrette e
decisioni tempestive.
Con le parole del Cardinale Scola, l’educazione esige una testimonianza
adulta. E l’adulto è educatore a due condizioni: anzitutto che lui, in
prima persona, si lasci educare, la seconda condizione è una perenne
educabilità.
Una delle esperienze più significative che possiamo vivere è quella di
sentirci utili per una persona, offrendogli un servizio: una delle
acquisizioni più fondamentali e determinanti che il bambino e il ragazzo
possono fare, anche nella scuola.
E tra i primi valori che si devono riconoscere c'è quello dell'altro
come persona, pari in dignità ma complementare in qualità. I due
principi dell'identità e della relazionalità regolano una gran parte del
comportamento umano.
Anche ogni attività didattica deve sempre svolgersi alla luce di
un'imprescindibile corrispondenza corpo-mente-anima. Non può essere
pensato alcun evento psico-somatico che non sia in qualche modo anche
connesso con l'anima ed il processo spirituale.
L'apprendimento, piuttosto che meccanica assimilazione di risultati già
elaborati, deve configurarsi come forma di partecipazione attiva e
responsabile.
Oltre alla capacità d'utilizzare
concetti astratti sono richiesti al discente abilità di interagire con
gli altri, capacità di comprendere ed adattarsi al cambiamento con
tempestività ed efficacia.
E non è di piccolo momento la considerazione che oggi la società
riconosce proprio alla scuola un'esplicita funzione di innovazione.
La fisionomia peculiare del docente di scuola cattolica è caratterizzata
dalla grande responsabilità di essere professionista dell’istruzione e
dell’educazione, educatore cristiano, mediatore di uno specifico
progetto educativo nel segno dell'unitarietà della persona, impegnato in
un cammino di crescita e maturazione spirituale: un'educazione che è
profondamente segnata dalla comunicazione, processo di interiorizzazione
reciproca. Così anche il figlio può insegnare ai genitori e l'alunno
all'insegnante, dando vita ad una reciprocità educativa ricca ed
arricchente.
Protagonisti di grandi cambiamenti saranno in primo luogo i giovani che
oggi occupano i banchi di scuola.
E giovinezza vuol dire anzitutto
assenza si preconcetti e sclerotizzazioni ideologiche, capacità di avere
speranza e tensione verso disinteressati traguardi; disponibilità a
pensare e ad operare "in grande"; cogliere in ogni situazione o
avvenimento la possibilità di cercare, operare e procedere oltre ogni
confine.
Vuol dire, altresì, orientamento al servizio, alla solidarietà, al
desiderio di integrazione. E tutto ciò rappresenta una sfida anche per
tutti i protagonisti dell'educazione, all'interno e all'esterno
dell'edificio scolastico.
Per raccogliere questa sfida e soddisfare questo obbligo dobbiamo
sentire la responsabilità di far riguadagnare alla Società la sua più
profonda identità fondata sul diritto naturale della persona e
un'autentica cultura della solidarietà.
La solidarietà non è una nuova "tecnica" ma piuttosto una "filosofia"
che consente di agire, in un'ottica svincolata dal contingente, per
l'ottenimento di positivi risultati anche percorrendo strade
apparentemente lontane e divergenti.
Nell’epoca della globalizzazione anche i sistemi educativi non possono
prescindere dalla gratuità, che dissemina e alimenta la solidarietà e la
responsabilità per la giustizia e il bene comune nei suoi vari soggetti
e attori.
Ed è consolante ricordare Simone Weil che definisce la compassione come
il più puro dei sentimenti.
Nonostante le molte difficoltà, tuttavia, la Società odierna ha energie
un tempo inimmaginabili per la crescita di ognuno: possiamo perciò
tendere con la nostra volontà, le nostre azioni, i nostri entusiasmi
verso valori autentici, testimoniando il primato dello spirito in ogni
uomo, in una civiltà veramente degna di passare alla Storia .
Allora uno dei compiti che spetta ad ogni studente è di mostrarsi
appassionato a qualche cosa. Al proprio studio, in primo luogo. Ma anche
avere un hobby può essere importante. Non di rado proprio da una “
passione” praticata con serietà scaturisce un'innovativa occasione di
lavoro.
E' una sfida culturale più che tecnologica che presuppone il dominio di
visione globali e di dettagli, spostando l'attenzione delle singole
organizzazioni ai networks.
Formare e motivare con continuità i giovani, metterli al centro della
scuola, significa trasformarli in attori responsabili: una scuola
comunità di persone nella quale tutti imparano e si educano
reciprocamente.
Come affermava un Maestro della filosofia, Francesco Barone, molte delle
attuali ricerche non permettono più una netta distinzione tra la scienza
" pura", di per sé buona, e le sue applicazioni tecnologiche, valutabili
come buone o cattive a seconda dei fini per cui vengono utilizzate.
E stato giustamente osservato che mentre nel passato le scienze si
concentravano sulla descrizione, oggi invece si tenda a " modificare".
Da qui, dunque, l'esigenza che le scelte morali non intervengano solo
nel momento dell'applicazione tecnologica delle conoscenze scientifiche,
ma siano presenti sin dall'inizio come una delle condizioni della
ricerca.
E si tratta delle scelte morali
non solo degli scienziati, ma di tutti coloro, "laici" e "chierici", su
cui la ricerca può interferire, ossia di tutti i cittadini o, meglio, di
tutti gli esseri umani, di là dalle distinzioni nazionali.
L'ideale del servizio può aiutare ogni persona, non importa il suo
livello gerarchico nella scuola, a dare senso alle proprie attività,
umane e professionali, nel non facile ma entusiasmante sforzo di
coniugare gli aspetti materiali ed economici con quelli etici e
spirituali, esercitare una professione in termini d'autentico servizio:
perché mediante lo studio ed il lavoro l'uomo non solo trasforma la
natura adattandola alle proprie necessità ma anche realizza se stesso ed
anzi, in un certo senso, diventa più uomo.
Anche nella scuola il fattore critico per la creazione del valore e
dell'eccellenza si conferma costituito dalle persone: nel segno dell'
amore, dono che non conosce misure, e della libertà, richiamanti valori
universali da cui nascono le odierne democrazie.
Risuonano profetiche le parole
di Parmenide, ricordate con forte dolcezza da Benedetto XVI quasi a
sintesi delle Giornate della Gioventù di Madrid: "Cerca la verità mentre
sei giovane, perché se non lo farai, poi ti scapperà dalle mani". |
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